La Legge di Bilancio del Governo Meloni segue lo schema imposto a Bruxelles per essere in regola con il Patto di Stabilità. Ma a quale prezzo? Lo ha spiegato Marcotti.
Si parla ancora di Legge di Bilancio in Italia e, inevitabilmente, del rapporto tra i conti pubblici nazionali e le regole imposte da Bruxelles.
Proprio il ritorno al Patto di Stabilità, che vincola i 27 Stati membri Ue, ha influenzato inevitabilmente le scelte del Governo Meloni. L’esperto di finanza Giancarlo Marcotti in un suo intervento su Money.it ha così sintetizzato cosa è davvero accaduto in Italia con la scrittura della manovra:
“...con il ritorno, il rientro del Patto di Stabilità, la manovra doveva essere così, non poteva fare di più Giorgetti....poteva comunicarla in una maniera diversa, la Meloni glielo ha spiegato come doveva essere comunicata, cioè che noi riduciamo le tasse...quando in realtà non è vero...è una manovra che non mi ha stupito”.
In sostanza, una volta diventati consapevoli del ritorno al controllo del rapporto deficit/Pil e debito/Pil da parte dell’Unione europea il risultato è stato una Legge di Bilancio restrittiva e, seppure senza nuove tasse, forse verranno aumentate quelle vecchie. Marcotti ha infatti spiegato:
“noi abbiamo una pressione fiscale alta ma non possiamo diminuirla, quindi non possiamo ridurre le tasse, al di là dei proclami naturalmente...Poi non riusciamo a spendere di più, anche in questo caso mancavano ancora 3 miliardi e mezzo, ce li facciamo prestare dalle banche perché di fatto non è un’ulteriore tassa nei confronti delle banche, è un prestito che chiediamo...”
In sintesi, è l’Ue a dettare la logica da seguire nella scrittura della manovra. In un Paese, come il nostro, dove i conti non tornano e gli introiti fiscali sono necessari per sostenere la spesa, l’indicazione di Bruxelles, secondo il ragionamento di Marcotti, non può che essere: non si possono abbassare le tasse.
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