Il petrolio in focus nelle analisi degli investitori: la questione dell’accordo nucleare con l’Iran si sta riaffacciando nell’attualità e questo potrebbe cambiare le dinamiche dei prezzi del greggio.
Il petrolio sale di più in oltre una settimana durante una sessione comunque volatile, con gli investitori che continuano a valutare i colloqui sull’accordo nucleare Usa-Iran e il potenziale impatto sulla domanda da un rallentamento economico.
Alle ore 8.20 circa, la quotazione Brent prezza 96,71 dollari al barile, in aumento dello 0,06% e i futures sul WTI scambiano a 90,75, oscillando tra lievi rialzi e cali frazionali.
Il greggio ha avuto una forte spinta al rialzo nel 2022, aumentando vertiginosamente nei primi mesi dell’anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, per poi affondare da giugno, quando le preoccupazioni per il rallentamento globale si sono intensificate.
Ora, il fattore Iran - con la possibilità di un accordo che potrebbe liberare il greggio del Paese - torna a pesare sulle aspettative sul prezzo del petrolio.
Quanto pesa il fattore Iran sul prezzo del petrolio
Gli ultimi progressi nei negoziati per rilanciare l’accordo nucleare iraniano del 2015 aprirebbe la strada per aumentare le sue esportazioni di greggio in un mercato ristretto, facendo così da leva per un calo dei prezzi.
L’Unione Europea ha presentato un testo finale per rilanciare l’accordo nucleare iraniano del 2015, in attesa dell’approvazione di Washington e Teheran. Un alto funzionario dell’Ue ha affermato che una decisione finale sulla proposta è prevista entro “pochissime settimane”, secondo una ricostruzione di Reuters.
“Lo spettro di un accordo nucleare Usa-Iran continua ad aleggiare sul mercato”, hanno affermato in una nota gli analisti di ANZ Research.
“Sebbene i dettagli sulla tempistica della ripresa delle esportazioni petrolifere iraniane rimangano incerti anche se l’accordo verrà ripreso, c’è sicuramente spazio per l’Iran per aumentare le esportazioni di petrolio in tempi relativamente brevi”, ha dichiarato in una nota l’analista della Commonwealth Bank Vivek Dhar.
L’Iran potrebbe incrementare le sue esportazioni di petrolio di 1 milione-1,5 milioni di barili al giorno, o fino all’1,5% dell’offerta globale, in sei mesi. “Una ripresa dell’accordo nucleare del 2015 vedrà probabilmente i prezzi del petrolio scendere drasticamente, dato che i mercati probabilmente non credono che un’intesa sarà raggiunta”, ha detto Dhar.
In generale, il mercato petrolifero è rimasto recentemente sotto pressione a causa dei timori di recessione globale, con i prezzi del Brent che hanno subito il più grande calo settimanale la scorsa settimana.
Sul fronte della domanda, secondo i dati doganali cinesi, la Cina, il più grande importatore mondiale di greggio, ha portato 8,79 milioni di barili al giorno di greggio a luglio, il 9,5% in meno rispetto all’anno precedente, ma in aumento rispetto ai volumi di importazione di giugno.
In questo contesto, Goldman Sachs ha tagliato le sue previsioni sui prezzi a breve termine. La banca in precedenza prevedeva $140 per il Brent nel terzo trimestre, ma ora vede $110. Ha detto che rimane rialzista, tuttavia, poiché le scorte continuano a diminuire e i prezzi non hanno ancora raggiunto un livello in cui la domanda viene distrutta.
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