Il prezzo del petrolio dipende sempre di più da Cina e Arabia Saudita? Perché le due nazioni sono diventate cruciali per orientare le quotazioni del greggio.
Il prezzo del petrolio oscilla, ma resta piuttosto stabile mentre i riflettori sono sempre più accesi su Cina e Arabia Saudita.
Sono questi, infatti, i Paesi osservati speciali nel settore energetico vista la loro importante influenza su domanda e offerta di greggio. E, quindi, sulla capacità di guidare le quotazioni verso crolli o rally.
Al momento in cui si scrive, il WTI viaggia sui 71 dollari al barile e i futures sul Brent sui 75,95 dollari al barile. Il prezzo del petrolio, in sostanza, è rimasto invariato questa settimana poiché le preoccupazioni sulla domanda sono tornate in primo piano (con i dati cinesi), spegnendo i guadagni guidati dall’impegno unilaterale dell’Arabia Saudita a tagliare la produzione.
Perché Cina e Arabia Saudita sono cruciali per il prezzo del petrolio
Sono diverse le dinamiche che stanno muovendo le quotazioni di greggio in questi giorni.
Analizzando i recenti movimenti, da notare che entrambi i benchmark hanno perso circa $1 giovedì, dopo essere rimbalzati da un crollo di oltre $3 in seguito all’indiscrezione, smentita, che Stati Uniti erano vicini a un accordo nucleare che avrebbe potuto riportare i barili iraniani sul mercato.
In realtà, protagoniste indiscusse del settore oil al momento sono Cina e Arabia Saudita.
I prezzi del petrolio erano aumentati all’inizio della settimana, sostenuti dall’impegno dell’Arabia Saudita nel fine settimana a tagliare la sua produzione, ma hanno ridotto i guadagni grazie all’aumento delle scorte di carburante statunitensi e, soprattutto, ai deboli dati sulle esportazioni cinesi.
Le aspettative di un’offerta più ridotta e di una domanda più elevata mentre gli Stati Uniti entrano nella stagione delle vacanze estive, quando più persone guidano, sono state controbilanciate dalle preoccupazioni per una lenta ripresa della domanda di carburante in Cina.
“L’economia mondiale sta rallentando - e ci sono molti segnali di ciò, in particolare in Cina, dove le notizie economiche sono sempre più allarmanti”, ha affermato Stephen Brennock, analista di PVM Oil Associates Ltd.
Il consumo di petrolio nella più grande economia asiatica è rimasto fermo mentre i trasformatori hanno chiuso gli impianti per la manutenzione primaverile. I dati rilasciati venerdì hanno mostrato che l’inflazione cinese è stata vicina allo zero a maggio, fornendo nuove prove del fatto che la seconda economia più grande del mondo si stava raffreddando ulteriormente.
Il benchmark petrolifero statunitense è sceso di circa il 14% dal picco di metà aprile sui segnali che la ripresa della Cina è in fase di stallo e gli Stati Uniti dovranno continuare ad aumentare i tassi di interesse per frenare l’inflazione. Anche le esportazioni russe di greggio sono state più resilienti del previsto, aumentando l’offerta.
Il greggio, sempre più in balia delle decisioni del Regno saudita e dei dati macro cinesi, resta fortemente dipendente anche ad altri fattori.
Sebbene la ripresa economica cinese sia stata più lenta del previsto, l’India, il terzo consumatore mondiale di petrolio, è riuscita invece a sostenere lo slancio economico. La forte attività della fabbrica ha contribuito ad aumentare il consumo di carburante indiano a maggio, portando le vendite di diesel a un livello record.
Alcuni analisti, inoltre, prevedono un aumento dei prezzi del petrolio se la Federal Reserve statunitense salterà un aumento dei tassi di interesse nella prossima riunione del 13-14 giugno. Questo perché una pausa potrebbe allontanare i venti di recessione e dare più slancio alla domanda.
© RIPRODUZIONE RISERVATA