Prezzo del petrolio in aumento, cosa aspettarsi adesso? Perché il rialzo durerà poco secondo gli analisti.
Il prezzo del petrolio torna a salire di oltre l’1% nelle contrattazioni di giovedì 12 settembre.
Le quotazioni Brent e WTI sono spinte soprattutto dalle preoccupazioni relative all’impatto dell’uragano Francine sulla produzione negli Stati Uniti, il più grande produttore di greggio al mondo, anche se i timori di una domanda inferiore hanno limitato i guadagni.
Alle ore 10.30 circa, i futures sul greggio Brent per novembre salgono dell’1,37% a 71,56 dollari al barile e i contratti sul WTI avanzano dell’1,35% a oltre 68 dollari al barile. Entrambe le quotazioni sono aumentate di oltre il 2% nella sessione precedente. Le piattaforme offshore nel Golfo del Messico degli Stati Uniti sono state infatti chiuse e le operazioni di raffinazione sulla costa interrotte dall’impatto dell’uragano Francine sulla Louisiana meridionale.
Tuttavia, poiché la tempesta si sta dissipando dopo aver toccato terra, l’attenzione del mercato petrolifero si è nuovamente rivolta alla debole domanda. Proprio questo fattore, secondo gli analisti, fermerà il rialzo dei prezzi del petrolio.
Perchè il prezzo del petrolio - ora in rialzo - scenderà
“Nonostante le preoccupazioni relative all’impatto dell’uragano Francine sull’offerta, la tendenza a medio termine rimane ribassista per il greggio WTI, sostenuta dalla debole domanda dalla Cina e dai timori di crescita negli Stati Uniti”: questa la considerazione di Kelvin Wong, analista di mercato senior presso OANDA, che ricalca il sentiment della maggioranza degli strateghi.
La regione colpita dal fenomeno meteorologico rappresenta circa il 15% della produzione petrolifera degli Stati Uniti e qualsiasi interruzione della produzione potrebbe ridurre le forniture nel breve termine. Tuttavia, nulla cambierà nel medio-lungo periodo, arco temporale nel quale il prezzo del petrolio è visto senza rally di rilievo.
Il motivo è uno solo: la crescita economica incerta, correlata a consumi fragili. All’inizio della settimana, l’OPEC ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita della domanda globale di petrolio per quest’anno e ha tagliato le sue aspettative per il 2025, segnando la seconda revisione al ribasso consecutiva.
Nel frattempo, l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha comunicato che il consumo mondiale è aumentato di 800.000 barili al giorno nella prima metà dell’anno, appena un terzo dell’espansione nello stesso periodo del 2023. È il tasso più basso da quando la domanda di petrolio è crollata durante la pandemia del 2020.
“La crescita economica cinese sta rallentando e la penetrazione delle auto elettriche nel sistema di trasporto sta procedendo a un ritmo molto sostenuto”, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’agenzia, in un’intervista da Parigi.
Le prospettive sono ancora più deboli per il prossimo anno, quando si registrerà un surplus ogni trimestre, anche se l’OPEC+, guidata da Arabia Saudita e Russia, abbandonasse i piani di ripristinare gradualmente le forniture interrotte.
I dati hanno anche mostrato che la domanda di benzina negli Stati Uniti, il più grande consumatore di petrolio al mondo, è scesa al minimo da maggio. Anche il consumo di carburante distillato e le raffinerie sono diminuite.
In questo contesto, i prezzi del petrolio sono visti in calo. Interessante notare la produzione non-OPEC+ aumenterà di 1,5 milioni di barili al giorno quest’anno e il prossimo, superando la crescita della domanda mondiale di petrolio di oltre il 50%, secondo l’AIE. I guadagni saranno guidati da Stati Uniti, Brasile, Canada e Guyana. Una perdita di peso del cartello nella fornitura di greggio potrebbe avere anche ripercussioni geopolitiche, con i rapporti Usa-Araabia Saudita già tesi sotto i riflettori.
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