Cosa sta per accadere al prezzo del petrolio, pressato da guerre e incertezza sulla crescita economica? Il focus è tutto sul Mar Rosso e su una potenziale escalation che può limitare l’offerta.
Il prezzo del petrolio oscilla influenzato dalle dinamiche incerte della guerra in Medio Oriente e dall’escalation di tensione nel Mar Rosso.
Le quotazioni Brent e WTI sono in flessione a metà mattinata, ma la seduta di lunedì 5 febbraio è iniziata all’insegna di rialzi dei furtures in ripresa dai forti cali della scorsa settimana, dopo che Washington si è impegnata a lanciare ulteriori attacchi contro i gruppi sostenuti dall’Iran in Medio Oriente e dopo che i droni ucraini hanno colpito la più grande raffineria della Russia meridionale.
Dove si dirigerà nelle prossime settimane il greggio? L’oro nero è destinato ad aumentare a causa dei forti venti di guerra che minacciano l’offerta? E quali previsioni sulla domanda? Le risposte in alcune analisi sui fattori chiave da monitorare per capire cosa sta per accadere al prezzo del petrolio.
Petrolio, il prezzo salirà? Cosa può succedere
I bombardamenti guidati dagli Usa nel fine settimana hanno segnato il più grande attacco contro gli Houthi dall’operazione iniziale dell’11 gennaio, come parte di uno sforzo per porre fine alle gravi ritorsioni alle navi commerciali nel Mar Rosso.
Nonostante l’avvertimento di ulteriori attacchi, alti funzionari statunitensi hanno affermato che il Paese non sarà trascinato in un conflitto regionale prolungato. Questo è un segnale di cauto ottimismo, ma la situazione resta molto precaria e il prezzo del petrolio è balzato a inizio seduta. Un dollaro più forte, inoltre, sta anche rendendo il greggio più costoso per molti investitori.
Entrambi i parametri di riferimento hanno chiuso in ribasso di circa il 7% la scorsa settimana, dopo che i dati sull’occupazione negli Stati Uniti, più forti del previsto, hanno suggerito che i tagli dei tassi di interesse potrebbero essere più lontani del previsto (frenando la domanda). Inoltre, notizie su progressi nei negoziati per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas hanno confortato su una potenziale evoluzione positiva della guerra. Tuttavia, il greggio scambia nell’incertezza con il rischio di uno shock dell’offerta causato da motivi geopolitici sempre dietro l’angolo.
“Dato che gli Usa evitano di attaccare direttamente l’Iran, riteniamo che i colloqui di cessate il fuoco tra Israele e Hamas avranno l’effetto più dominante, riducendo così le tensioni in Medio Oriente”, ha affermato in una nota l’analista delle materie prime della Commonwealth Bank Vivek Dhar.
“I mercati petroliferi probabilmente risponderanno continuando a scontare i rischi di interruzione dell’offerta in Medio Oriente”, ha aggiunto, sostenendo che ciò probabilmente manterrebbe i futures del Brent al di sotto degli 80 dollari al barile.
La questione mediorientale, con il conflitto esteso nel Mar Rosso che sta in parte deviando anche le petroliere pressando i prezzi, resta al centro dell’attenzione per capire dove si dirigerà il greggio. Tuttavia, anche Russia, crescita in Cina, produzione di petrolio Usa, politica OPEC e previsioni di economia globale possono influenzare il prezzo dell’oro nero.
Non solo guerra, quali fattori possono scuotere il greggio?
Tra le notizie da monitorare per analizzare i prezzi del petrolio c’è anche l’annuncio di venerdì 2 febbraio del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di aver rilevato delle illegalità nelle sanzioni iraniane al petrolio e di aver eseguito dei sequestri legati a una rete di traffico di greggio che, a suo dire, finanzia il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane.
Si è quindi proceduto al sequestro di 520.000 barili di petrolio iraniano sanzionato a bordo della petroliera Abyss, che era stata ancorata nel Mar Giallo in rotta verso la Cina.
Il bilancio dell’Iran mira a vendere petrolio a 1,35 milioni di barili al giorno per l’anno a partire da marzo 2024, circa l’1,3% della fornitura globale di 103,5 milioni di barili al giorno prevista dall’Agenzia internazionale per l’energia.
In Russia, due droni ucraini hanno colpito sabato la più grande raffineria di petrolio nel sud del Paese, ha detto a Reuters una fonte a Kiev, l’ultimo di una serie di attacchi a lungo raggio contro impianti petroliferi russi che hanno ridotto le esportazioni russe di nafta.
È probabile che una notevole quantità di capacità di raffinazione sia offline dopo un incendio nello stabilimento Lukoil PJSC a Volgograd in Russia durante il fine settimana, attribuito a un drone abbattuto dall’Ucraina. Lunedì i futures diesel sono balzati dell’1,8%, il massimo in una settimana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA