Prezzo petrolio in aumento. Il motivo è in Medio Oriente

Violetta Silvestri

29 Luglio 2024 - 08:52

Prezzo del petrolio in primo piano con rinnovate preoccupazioni su una guerra allargata in Medio Oriente. Le tensioni in aumento, con il potenziale coinvolgimento dell’Iran, spingono il greggio.

Prezzo petrolio in aumento. Il motivo è in Medio Oriente

Prezzo del petrolio sale all’inizio della settimana, spinto da rinnovate tensioni in Medio Oriente.

Il greggio WTI scambia oltre i 77 dollari al barile, con un aumento dello 0,57% e i futures sul Brent a più di 80 dollari al barile (+0,61%) mentre si scrive e poco prima dell’apertura delle negoziazioni in Europa.

L’oro nero è tornato sotto i riflettori con gli sviluppi preoccupanti della guerra in Medio Oriente verificati nel fine settimana. Il clima si è surriscaldato e si teme un’escalation in tutta la regione, con il potenziale coinvolgimento anche dell’Iran.

Nel dettaglio, un attacco missilistico sulle alture del Golan occupate da Israele, che Israele e gli Stati Uniti hanno attribuito al gruppo armato libanese Hezbollah, hanno esacerbato i toni del conflitto nella giornata d sabato.

Il prezzo del petrolio rimane modestamente più alto quest’anno, aiutato dalla politica dei tagli alla produzione intrapresa dall’OPEC+ e dalle aspettative che la Federal Reserve si stia avvicinando a costi di prestito più bassi.

I membri chiave dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati si incontreranno online giovedì prossimo, con il mercato diviso sulla possibilità che il gruppo modifichi i livelli di produzione. Intanto, i riflettori sono tutti puntati sul Medio Oriente. Il prezzo del petrolio può balzare con sviluppi inattesi nell regione in guerra.

Effetto guerra in Medio Oriente sul petrolio? Il prezzo sale

La scorsa settimana, il Brent ha perso l’1,8%, mentre il WTI è sceso del 3,7% a causa del calo della domanda cinese e delle speranze di un accordo di cessate il fuoco a Gaza.

La settimana è invece iniziata con un altro sentiment. Domenica, il gabinetto di sicurezza israeliano ha autorizzato il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu a decidere “modalità e tempistica” della risposta all’attacco missilistico di sabato sulle alture del Golan, in cui sono morti 12 adolescenti e bambini.

Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ha negato la responsabilità dell’attacco, il più mortale in Israele o nei territori annessi da quando l’assalto del gruppo militante palestinese Hamas del 7 ottobre ha scatenato la guerra a Gaza. Quel conflitto si è esteso su diversi fronti e rischia di trasformarsi in un conflitto regionale più ampio.

Israele ha promesso rappresaglie contro Hezbollah in Libano e domenica i jet israeliani hanno colpito obiettivi nel Libano meridionale. L’accusa di Tel Aviv è anche agli iraniani, additati per il sostegno al gruppo libanese e per aver fornito il razzo dell’attacco di sabato.

Il ministero degli Esteri iraniano ha messo in guardia Israele da quella che ha definito una nuova avventura in Libano. Dalla Siria sono giunte dichiarazioni secondo le quali Israele è “pienamente responsabile di questa pericolosa escalation nella regione”. In sintesi, il clima è peggiorato e il rischio è una pericolosa escalation.

Il coinvolgimento dell’Iran in un guerra allargata potrebbe avere ripercussioni sul petrolio erogato.

Toshitaka Tazawa, analista di Fujitomi Securities, ha commentato su Reuters: “Le preoccupazioni per l’escalation delle tensioni in Medio Oriente hanno spinto a nuovi acquisti, ma i guadagni sono stati limitati dalle persistenti preoccupazioni relative all’indebolimento della domanda in Cina.”

Vivek Dhar, analista della Commonwealth Bank of Australia di Melbourne ha sottolineato che in questo momento i timori per la domanda probabilmente lasceranno il posto ai crescenti rischi geopolitici in Medio Oriente all’inizio di questa settimana.

Da segnalare, infine, che per quanto riguarda la domanda, i dati pubblicati all’inizio di questo mese, che mostrano che le importazioni totali di olio combustibile della Cina sono diminuite dell’11% nella prima metà del 2024, hanno suscitato preoccupazione circa le prospettive più ampie della domanda nel gigante asiatico, il più grande importatore di greggio al mondo.

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