Al Forum energetico di Mosca, il presidente russo garantisce forniture via Nord Stream 2 e invita l’Ue a riflettere. E se Parigi e Bruxelles ora vacillano, il 16 ottobre la Cina potrebbe sparigliare
Da oggi a Mosca è in corso il Forum dell’Energia. Un appuntamento da cerchiare in rosso, stante la situazione mondiale. Eppure, i media italiani paiono incapaci di direzionare le loro antenne verso latitudini orientali che non siano quelle di Kiev. Se non per limitare le cronache al no di Mosca a forniture verso Paesi che adottino il price cap. In compenso, in Francia il simposio russo interessa. Molto. E nell’interezza dei suoi contenuti.
Non a caso, France24 ha mandato in diretta il discorso inaugurale di Vladimir Putin.
"La #Russie est prête à assurer ses approvisionnements, la balle est dans le camp de l'Europe", a lancé le président russe 🇷🇺, Vladimir Poutine lors du forum de l'énergie à Moscou.
🔴 Suivez en #DIRECT le discours de Vladimir #Poutine sur https://t.co/lMWBbcPG5d pic.twitter.com/bja4gnpcVt
— FRANCE 24 Français (@France24_fr) October 12, 2022
E ha fatto bene. Perché al netto della retorica e dei toni da Guerra Fredda 2.0, il presidente russo ha detto che il suo Paese è pronto a ottemperare a tutti i suoi obblighi contrattuali di fornitura verso l’Europa da subito e attraverso Nord Stream 2, un corridoio assolutamente sicuro. Di fatto, l’inquilino del Cremlino ha lanciato la palla nel campo dell’Ue, dicendo che ogni decisione al riguardo spetta unicamente a Bruxelles.
Difficile che sia ricevibile. I toni verso Mosca sono da scontro frontale, la Commissione ha appena varato l’ottavo pacchetto di sanzioni e, soprattutto, dopo il flop del vertice informale a Praga, ci si attende che il 20 ottobre finalmente nasca una qualche raffazzonata versione proprio del price cap. O forse no? Qualche dubbio e qualche legittimo sospetto su scricchiolii sempre più netti nell’impostazione atlantista dell’Europa, in effetti, appaiono legittimi.
A partire proprio dalla Francia. E in questo caso non a causa di media troppo zelanti nel compiere il loro lavoro, bensì da parte del ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, il quale ha lanciato un attacco senza precedenti agli Stati Uniti, rei di sfruttare la guerra in Ucraina per vendere il loro gas ai Paesi alleati a un prezzo quadruplo rispetto a quello pagato dalle loro aziende. Tradotto, dumping. Tradotto ulteriormente, adesso basta.
E parliamo di un Paese dove una stazione di servizio su tre è a corto di carburanti, tanto che il governo minaccia l’interruzione con la forza di scioperi e blocchi delle raffinerie e la CGT, per tutta risposta, invita alla mobilitazione generale dei lavoratori. Perché con 26 centrali nucleari su 56 ferme per manutenzione, ora la situazione si fa seria. E anche quel 9% di elettricità che l’Italia importa da EdF appare decisamente a rischio. Insomma, al netto della retorica filo-ucraina di Emmanuel Macron, un attacco frontale di questo tipo verso Washington da parte di un ministro pesante come Le Maire non è passato inosservato. Molto probabilmente, nemmeno a Mosca. La quale pare aver colto la palla al balzo.
European natural gas prices fluctuate as fears that Russia’s escalating war in Ukraine could hit supplies counter steadily building stockpiles https://t.co/aeOtNialyT
— Bloomberg (@business) October 12, 2022
E non solo. Perché dopo lo strappo tedesco sul fondo di tutela contro il caro-bollette e il minuetto di conferme e smentite sulle emissioni comuni di debito per finanziare uno SURE energetico, ecco che questa immagine
sembra imporsi come certificazione della nudità del Re europeo, lo stesso che fino all’altro giorno millantava soluzioni alternative alla dipendenza dall’energia russa. Si tratta del discorso introduttivo tenuto dal capo della diplomazia europea, Josep Borrell, alla Conferenza annuale degli ambasciatori, tenutasi a Bruxelles il 10 ottobre scorso. I concetti appaiono tanto sconcertanti quanto, finalmente, sinceri: l’Europa deve la sua prosperità all’energia a basso costo dalla Russia e alla sicurezza militare e di intelligence degli Usa.
Tradotto, l’Europa è dipendente in tutto e per tutto da soggetti esterni. E oggi come non mai in lotta tra loro. Che fare, quindi? Josep Borrell non pare in grado di fornire una risposta. Se non attraverso roboanti periodi di prosa incentrata su astrattezze di vario genere e romantica ispirazione al bene comune e agli ideali di Ventotene. Il problema è che la Germania ha già strappato. E la Francia ha aperto un contenzioso politico con gli Stati Uniti che non pare destinato a chiudersi alla chetichella, poiché accusare un alleato di speculare sulla guerra per i propri interessi è concetto che presuppone contromosse.
Nel mezzo, Vladimir Putin che decide di lanciare un ramoscello d’ulivo tanto paradossale, quanto strategico proprio all’Europa che lo sanziona. E da un simposio ufficiale come il Forum energetico di Mosca. presenti tutti i rappresentanti dell’Opec. In testa quell’Arabia Saudita cui Joe Biden ha minacciato un alto prezzo da pagare per la scelta di operare fronte comune con la Russia e tagliare la produzione di petrolio.
President Joe Biden said there would be “consequences” for Saudi Arabia over the decision by OPEC+ to slash production, a move the administration says will benefit Russia by propping up oil prices https://t.co/GFlvrhtsOc
— Bloomberg (@business) October 12, 2022
Qualcosa sta cambiando negli assetti globali stravolti da inflazione, energia e guerra? La porta socchiusa lasciata dallo stesso presidente Usa a un incontro con Vladimir Putin a latere del G20 sembra deporre a favore di questa ipotesi. Ma alcuni analisti ritengono che queste mosse di avvicinamento, questo annusarsi fra grandi players sia propedeutico e faccia riferimento ad altro: il 16 ottobre, inaugurando il congresso del PCC, Xi Jinping potrebbe porre sul tavolo la proposta di mediazione cinese. A cui nessuno potrebbe opporsi, Se non una sempre più sedotta e abbandonata Kiev.
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