Quanto vale il comparto fieristico in Italia? Intervista a Carlo Costa di Italian Exhibition Group

Antonella Coppotelli

29 Luglio 2024 - 10:00

Il comparto fieristico in Italia sta conoscendo una nuova primavera. Dallo choc della pandemia si è ripreso molto bene, generando un notevole indotto. Ne abbiamo parlato con Carlo Costa, Chief Corporate Officer di IEG.

Il comparto fieristico italiano rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia nazionale, contribuendo significativamente al PIL e favorendo l’internazionalizzazione delle imprese. Secondo uno studio di AEFI (Associazione Esposizioni e Fiere Italiane), il settore fieristico in Italia genera un indotto economico di circa 60 miliardi di euro all’anno, coinvolgendo più di 200.000 espositori e attirando oltre 20 milioni di visitatori, di cui un terzo proveniente dall’estero.

Questo settore non solo crea occupazione diretta ma contribuisce a creare indotto nelle città che ospitano grazie ai trasporti, alla ricettività e ristorazione. Un comparto che durante la pandemia è stato duramente colpito con gravi ripercussioni su tutta la filiera ma che da un paio di anni a questa parte si è ripreso enormemente, andando a superare i numeri del 2019 e, soprattutto, registrando un Net Promoter Score positivo, a differenza del 2019.

Ne abbiamo parlato con Carlo Costa, Chief Corporate Officer di Italian Exhibition Group (IEG) durante l’ultima puntata di Brand & Leader, confermando quanto sia strategico tale settore e quanto il momento della pandemia e, di conseguenza della privazione della socialità e momenti di aggregazione, abbia provocato l’effetto contrario andando a corroborare la voglia di community e di confronto che solo un evento può dare.

D: Come si è ripreso l’andamento economico del comparto fieristico dal blackout del 2020?

R: Ciò che è successo al settore dell’exhibition industry ha quasi dell’incredibile. Eravamo arrivati nel 2019 ai massimi storici per quanto riguarda il valore e l’estensione dell’attività fieristica a livello internazionale. Poi di colpo è sparito tutto. Tutto fermo. Tanto che diversi opinionisti avevano preannunciato la fine di questa, di questa attività che sarebbe stata sostituita da altre tecnologie, da altri modi di incontrarsi e di fare business.

Invece non è andata così. L’industria fieristica mondiale è in piena salute e sta mostrando trend di crescita, attestati anche dai dati raccolti dall’Associazione Internazionale dell’exhibition industry UFI che nel suo nel suo The Global View del mercato ha stimato una crescita per il 2024 ancora del 15% dei ricavi e anche una crescita più importante per l’investimento delle aziende in risorse umane.

Vi invito a riflettere su questi dati. Nel 2019, dicevamo, eravamo ai massimi storici della nostra attività, eppure i nostri enti non erano contenti di venire in fiera, né gli espositori né visitatori perché il Net Promoter Score dei principali prodotti fieristici dove queste indagini venivano svolte era negativo. Poi è successo che siamo stati privati dello strumento fiera, dei convegni, dei congressi per quasi due anni e forse ne abbiamo capito l’importanza.

A partire dal 2022 l’impresa fieristica è ripresa con trend di crescita molto sostenuti e Net Promoter Score è diventato improvvisamente positivo. È evidente che le community hanno bisogno di incontrarsi, hanno bisogno di confrontarsi de visu e più complessi sono i temi trattati, più c’è bisogno di un confronto di persona.

Noi in IEG in questo l’abbiamo compreso e negli anni in cui abbiamo dovuto rallentare la nostra attività, abbiamo lavorato sul futuro e sulle nostre comunità. Da qui il nostro piano industriale che ha come payoff Community Catalyst e questo ci ha consentito già nel 2023, in anticipo rispetto ad alcuni competitor, di superare l’ottima performance del 2019.

Abbiamo lavorato sulle comunità e sul rendere l’esperienza fieristica più agevole, più piacevole, in modo da contribuire in modo significativo alla percezione più positiva del tempo e del denaro investito nei nostri prodotti da parte dei nostri clienti.

D: Qual è l’indotto portato a Rimini e Vicenza da IEG?

R: Italian Exhibition Group è molto attenta all’impatto della sua attività sui territori in cui opera: Vicenza, Rimini, ma anche Arezzo, Milano, Torino, Roma, Napoli e tutti i paesi stranieri. Credo che IEG sia una case history per impatto sul territorio. In particolare a Rimini, la prima fiera risale al 1968, poi nel 2001 c’è stato il nuovo quartiere progressivamente ampliato, poi il nuovo Palacongressi e questo ha cambiato radicalmente l’economia della città. Certo, c’è il tema della destagionalizzazione che è importante, sii lavora tutto l’anno a Rimini, ma non è solo questo.

È l’aver portato fiere di livello internazionale, congressi di elevata qualità ad aver inciso sull’intera crescita qualitativa e culturale della ricettività dei territori in cui operiamo. A Rimini, ma anche a Vicenza che ha un pubblico selezionatissimo e per la maggior parte internazionale e quindi non solo destagionalizzazione ma vera crescita culturale dei territori.

Poi certo non abbiamo insegnato noi a Rimini cosa sia l’accoglienza perché è una terra che ha creato la sua fortuna su questo ma abbiamo dato il nostro contributo e anche oggi che stiamo investendo all’estero lo facciamo sempre con un occhio che guarda alle nostre manifestazioni in Italia, perché lo scopo dei nostri investimenti spesso è trasformare i nostri marchi più importanti in brand globali, in modo che siano sempre più attrattivi anche sul nostro territorio.

Del resto questa azienda sta investendo tantissimo sui territori. Ricordo che a Vicenza abbiamo già iniziato a demolire la parte più vecchia del quartiere fieristico e nel giro di due anni sarà pronto un nuovo padiglione biplanare modernissimo, all’altezza della qualità dei prodotti fieristici che ospitiamo in quella città. A Rimini sono iniziati i lavori per alcuni padiglioni temporanei che ci permetteranno di gestire questi due anni in attesa che dal 2027 sia presente il nuovo grande padiglione circolare, la Cupola, che oltre a essere utilissimo per l’attività fieristica sarà di una bellezza veramente unica.

D: Quali sono i prossimi obiettivi e progetti di IEG per quanto attiene al suo ruolo?

R: Il piano industriale che il nostro Consiglio di Amministrazione ha approvato ed è stato delineato dall’Amministratore Delegato Peraboni, chiaramente ci assegnano degli obiettivi molto sfidanti. Questa azienda vuole raggiungere oltre 300 milioni di fatturato consolidato nel 2028. Non ci sono solo obiettivi di tipo finanziario. Oltre ai numeri, sono state anche definite le strategie e le vie per raggiungere questi obiettivi che puntano a un forte sviluppo in Italia, quindi sui nostri prodotti core, attraverso investimenti in contenuti, in innovazione, in digitalizzazione e infrastrutturali.

Le nostre grandi fiere si devono poter svolgere in contenitori che siano da un punto di vista estetico e funzionale all’altezza della qualità dei nostri visitatori, dei nostri espositori, da cui abbiamo oltre 170 milioni di investimenti previsti a piano per lo sviluppo dei nostri prodotti.

Poi abbiamo uno sviluppo estero secondo due direttrici:

  • il primo sarà internazionalizzare i nostri prodotti core perché li rendiamo più forti e quindi più attrattivi anche per gli eventi che si svolgono in Italia.
  • Il secondo sarà diversificare in modo da renderci più forti per poter affrontare le tensioni che inevitabilmente si generano poi sul mercato. Una volta è una guerra da una parte, una volta fatta in soli prezzi. Più siamo diversificati meglio la nostra azienda può reggere la difficoltà.

Nel mio ruolo, in particolare, io dovrò sostenere tutta la macchina organizzativa di Italian Exhibition Group. Bisogna che chi è dedicato al business sia libero da altri pensieri e qui entro in gioco io che cercherò di far funzionare tutto il resto. Un ruolo speciale lo hanno le risorse umane. Noi siamo un’azienda di servizi, quindi la qualità, la capacità di innovare, di introdurre e acquisire fiducia da parte dei nostri clienti è fondamentale e noi dobbiamo conservare uno dei nostri tesori.

Questa azienda ha saputo coniugare l’imprenditorialità, l’innovazione, l’accoglienza della Romagna con un po’ più di ordine e disciplina nordica. Questo è il nostro valore, il nostro tesoro che dobbiamo conservare, di cui io mi occuperò in modo particolare. Qui da noi management, consiglio di amministrazione e azionisti collaborano, facendo ciascuno il proprio ruolo e credo che parte del nostro successo dipenda anche da questo.

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