Come dimostrare la residenza fiscale all’estero

Pierpaolo Molinengo

15 Ottobre 2022 - 11:55

I contribuenti come possono dimostrare di avere una reale residenza fiscale all’estero? Ecco a cosa devono stare attenti i diretti interessati.

Come dimostrare la residenza fiscale all’estero

Spostare la residenza fiscale all’estero è uno stratagemma utilizzato da molte società ed alcuni professionisti: si continua a svolgere l’attività in Italia, ma si pagano meno tasse. L’Agenzia delle Entrate tenta di ostacolare questa prassi in ogni modo. Se è vero che in alcune occasioni il trasferimento della residenza fiscale all’estero è solo e soltanto uno stratagemma fiscale, altre volte c’è chi abita realmente fuori frontiera: oltre confine vive e lavora. Torna in Italia a trovare la propria famiglia o a fare semplicemente una vacanza.

È a questo punto che alcuni contribuenti sono nella necessità di dimostrare che la loro residenza fiscale è realmente all’estero. A chi spetta l’onere della prova: al contribuente o al fisco italiano?

La nostra normativa stabilisce alcuni punti fermi, proprio in questa materia. Sull’argomento è intervenuta anche la Corte di Cassazione la quale, con la sentenza n. 29635 dell’11 ottobre 2022, ha ribadito che il contribuente deve necessariamente essere in possesso di basi solide per riuscire a documentare di aver preso la residenza fiscale all’estero. Secondo i giudici della Suprema Corte non sarebbe sufficiente aver sottoscritto un contratto della luce o uno del gas in una qualsiasi paese europeo, per documentare che si è residenti all’estero.

Residenza all’estero: come si dimostra di averla

Il presupposto principale, per avere la residenza fiscale all’estero, è quello di trascorrere almeno 183 giorni - 184 per gli anni bisestili - fuori dall’Italia. Non è sufficiente cancellarsi dall’Anagrafe della popolazione residente ed iscriversi all’Aire, l’Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero. A questo punto, ripetiamo la domanda: come è possibile provare di aver trasferito la propria residenza fiscale all’estero?

I contribuenti hanno la necessità di dimostrare che risiedono oltre confine solo se hanno scelto un paese con una fiscalità privilegiata, come può essere, ad esempio, il Principato di Monaco. Nel caso in cui il paese scelto non è a fiscalità privilegiata, spetterà direttamente all’Agenzia delle Entrate dimostrare che il contribuente non risiede oltre confine.

Nel caso in cui debba essere il contribuente a dimostrare che ha una residenza fiscale all’estero, lo può fare con un qualsiasi mezzo di natura documentale, con il quale possa dimostrare che all’estero:

  • è in possesso di una dimora abituale;
  • ha iscritto i figli a scuola e questi la stanno frequentando;
  • ha un lavoro continuativo o svolge una qualsiasi attività imprenditoriale;
  • ha sottoscritto un contratto di affitto o di acquisto di un immobile residenziale;
  • è iscritto nelle liste elettorali, nel caso in cui questo sia possibile.

Il fatto che il contribuente non sia proprietario di immobili in Italia o non abbia delle partecipazioni all’interno di società, rende ancora più credibile la sua residenza all’estero. Se poi riesce a dimostrare di non avere rapporti significativi e duraturi di carattere economico o familiare nel nostro paese, è ancora meglio.

È necessario, per i contribuenti riuscire a dimostrare in maniera chiara ed inequivocabile di aver perso ogni tipo di collegamento con l’Italia. Ma soprattutto dovrà provare che la sua presenza nel paese a fiscalità privilegiata sia reale e duratura. Questi, sostanzialmente, sono le strade da percorrere per riuscire a dimostrare di avere la residenza fiscale all’estero.

Residenza fiscale: regole da rispettare

La legge prevede che le persone iscritte nell’anagrafe della popolazione residente siano residenti in Italia. Questa regola vale anche nel caso in cui abbiano soggiornato all’estero per una parte dell’anno. Vengono, inoltre, considerate come residenti in Italia anche le persone fisiche che, benché non risultino essere iscritte in nessuna delle anagrafi nostrane, abbiano in Italia:

  • il domicilio, inteso come sede nevralgica e centrale dei propri affari ed interessi;
  • la residenza, intesa come la propria dimora abituale.

Sono, poi, da analizzare alcuni casi particolari. Pensiamo, ad esempio, alle persone che siano residenti all’estero per ragioni di servizio, come ad esempio i militari o gli ambasciatori. Anche in questo caso vengono considerati come residenti in Italia nel caso in cui continuino ad essere iscritti nella popolazione residente o perché mantengono il loro domicilio in Italia per almeno 183 o 184 giorni (per gli anni bisestili).
Volendo essere un po’ più precisi, è necessario ribadire che la condizione temporale per la maggior parte dell’anno si verifica nel momento in cui si rimane in Italia per almeno 183 giorni - o 184 negli anni bisestili - anche se non sono continuativi. Se invece il periodo è a cavallo di due anni, senza superarlo in nessuna delle due annualità, non si diventa residenti in Italia automaticamente.

Il rapporto tra domicilio e residenza fiscale all’estero

L’Agenzia delle Entrate ritiene che la condizione temporale si riferisca sia alle ipotesi di domicilio che a quelle di residenza. A creare un po’ di confusione, comunque, è la stessa nozione di domicilio, che sostanzialmente sfugge ai criteri di valutazione schiettamente quantitativi alla luce anche dei termini che vengono utilizzati: affari ed interessi, che possono riguardare anche rapporti che non hanno natura patrimoniale.

Secondo l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate sarebbe sufficiente che il contribuente mantenga i propri legami familiari in Italia per dimostrare che sia residente in Italia. In altre parole, trasferirsi all’estero e lasciare la moglie o i figli in Italia è sufficiente per dimostrare che esiste un collegamento stabile ed effettivo con il nostro paese. Questo basta per soddisfare il requisito temporale previsto dalla legge.

Il fatto che il contribuente si sia iscritto all’Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero ed abbia provveduto a cancellarsi dall’Anagrafe della popolazione residente non è un elemento fondamentale o determinante per escludere che lo stesso abbia un domicilio o una residenza in Italia.

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