Berlino opera ormai una strategia parallela a quella Ue, prima via Turchia e poi in Cina. E se il Giappone resta impegnato nel progetto Sakhalin 1, attenzione al ritorno di Nethanyahu sul fronte Iran
Un’impennata, poi la discesa. Il prezzo del gas nelle ultime due sedute di contrattazioni ha subito degli inusuali flip-flop, salvo chiudere la settimana a 114 euro MWh. Formalmente, inspiegabile. Non fosse altro perché, a livello comunitario, tutto appare fermo fino alla riunione ad hoc sull’energia di fine mese. Che accade?
Semplice, la Germania pare aver messo la freccia e anticipato il disimpegno Usa dall’Ucraina atteso da tutti dopo il voto di midterm. Piccoli segnali. Ma chiarissimi, Ad esempio, il tempismo con cui NBC News ha scoperto la sfuriata di Joe Biden nel corso di una telefonata con Volodymit Zelensky, definito ingrato per le sue continue richieste. Battibecco dello scorso giugno. Ma divenuto di pubblico dominio a una settimana dall’apertura dei seggi. Casualità, ovviamente. Gli Usa hanno già un altro obiettivo, l’Iran. E l’offensiva sul fronte dei diritti civili che pare mediatizzata con maggiore vitalità dopo una decina di giorni di sparizione dai radar, ora potrebbe divenire materia di impegno H24 dopo il ritorno al potere di Bibi Nethanyahu in Israele.
Comunque sia, Olaf Scholz ha fiutato l’aria. E nel corso del suo controverso viaggio-lampo in Cina ha onorato le sue due priorità. Evitare incidenti diplomatici su Taiwan, dando vita a una performance diplomatica da consumato trapezista. E rendere ben nota a tutti la sua richiesta primaria e ufficiale a Xi Jinping: farsi portavoce con Vladimir Putin della necessità di giungere a un accordo che scongiuri un’escalation. Insomma, Berlino chiede la mediazione della moral suasion cinese. E nessuna cancelleria europea pare contraria. [...]
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