L’Italia negli occhi e nelle speranze di quattro giovani: quali prospettive per la scuola, l’università e il mondo del lavoro? Nella videointervista il focus group e il racconto di Davide, Martina, Riccardo e Ariam.
Ariam, 22 anni, ha vissuto per tantissimo tempo in Eritrea per poi trasferirsi in Italia, ora studia economia e diritto all’Università di Bologna; Riccardo, 18 anni, ha deciso di mollare la scuola per perseguire il suo sogno di diventare autore a tempo pieno; Martina, 19 anni, sogna di fare della politica la sua vita, studia relazioni internazionali a Verona; infine, Davide, 23 anni, è di origini persiane anche se si definisce “romano de Roma”, studia ingegneria aerospaziale e porta avanti una sua startup nell’ambito dello spazio. Tanti sogni e una convinzione, cambiare le cose in meglio. Sui loro volti la voglia di spaccare il mondo e mangiarlo a morsi ma anche una certa dose di realismo. Possiamo chiamarla disillusione. Sono ragazzi consapevoli delle difficoltà che il nostro mondo presenta, fin troppo convinti delle falle del sistema. In questa intervista Ariam, Martina, Riccardo e Davide, quattro ragazzi con storie ed esperienze di vita diverse raccontano a Money.it cosa significhi essere giovani oggi in Italia.
Quando cominciamo ad affrontare tematiche come scuola e mercato del lavoro, per poco non schizzano dalla sedia, tanto che valuto l’eventualità di sviare su qualche argomento più soft. Martina attacca subito “il problema è che noi giovani non siamo considerati credibili”. Riccardo non aspetta neanche la domanda e controbatte “ci pagano poco perché dicono che non abbiamo l’esperienza”; Ariam interviene con determinazione, spiegando come gli investimenti siano insufficienti e le strutture universitarie non pensate per essere vissute. Infine, Davide con gentilezza ma anche un pizzico di ironia spiazza tutti: “molti ragazzi della nostra età non sanno più neanche cosa significhi sacrificio, non possiamo sempre incolpare gli altri".
Ogni domanda suscita migliaia di osservazioni, interrogativi, battute. “La scuola forma dipendenti e non imprenditori” afferma con garbo ma anche con spietatezza Davide (ho capito il tipo, educato ma deciso, romano de Roma per l’appunto). Interviene Riccardo “la scuola di oggi si basa sull’economia, la società di oggi si basa sul consumismo e non sulla felicità dell’individuo”.
Qui mi ricorda tanto Pasolini e glielo faccio notare, da appassionato di letteratura sa che ho ragione, ma tace e sorride (non acconsente). Martina con carattere e voglia di farsi sentire (quella che non riesci a frenare, la capisco, ci assomigliamo) attacca “l’Italia non è un Paese meritocratico, vanno avanti raccomandati e figli di”.
Ariam le risponde: "in Italia puoi sognare se non punti ad avere ruoli di rilievo in ambito scientifico, lì è pressoché impossibile”. Davide sorride e non dice niente, basta questo. Riccardo controbatte “l’Italia mi fa molto sognare anche se all’estero ti apprezzano molto di più. Per chi scrive come me l’Italia è il Paese ideale, quale Paese più dell’Italia fa sognare? Trovatemene uno”. Nessuno dice nulla, Riccardo ha ragione e tutti gli altri gliene danno atto con un silenzio quasi di rispetto, quello tipico di chi sa i modi e i tempi. Sono ragazzi speciali, c’è poco da fare. Vorrei trascrivere le loro parole e attaccarle una a una fuori dai palazzi del potere come a dire “ehi siamo qui, ci sentite?”
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