Il malfunzionamento di WhatsApp nella giornata di martedì 25 ottobre ha creato disagi a privati e aziende. È possibile chiedere il risarcimento?
Nella giornata di ieri, 25 ottobre 2022, l’app di messaggistica WhatsApp ha smesso di funzionare. Il problema è perdurato dalle 9 alle 11 del mattino, creando disagi per contatti familiari e lavorativi. WhatsApp è diventata nel tempo l’app di messaggistica più usata per rimanere in contatto, per organizzare riunioni di lavoro, per la quotidianità è un suo malfunzionamento può bloccare per ore l’organizzazione quotidiana. Il funzionamento di WhatsApp si può sottoporre a un risarcimento?
Secondo Codacons sì. Infatti Codacons ha chiesto alla società che gestisce WhatsApp, ovvero Meta, di riconoscere un indennizzo automatico a tutti gli utenti italiani coinvolti nel disservizio. Secondo Codacons l’importanza di WhatsApp nella vita di tutti i suoi utenti, ormai strumento di lavoro per milioni di italiani, la rende sottoponibile a una regolamentazione in caso di malfunzionamento. Non è la prima volta che WhatsApp smette di funzionare e quando, come lo scorso anno, il problema si prolungò fino a sei ore e anche ad altri social come Facebook e Instagram, il danno a chi utilizza questi strumenti per lavoro era ancora più evidente.
Secondo Codacons infatti per chi utilizza la versione business di WhatsApp dovrebbe essere sempre possibile agire in giudizio, tenendo conto che per ottenere un risarcimento bisogna dimostrare di averlo subito. Per ottenerlo quindi bisogna andare in tribunale. Secondo Mauro Vergari, direttore dell’Ufficio studi, innovazione e sostenibilità di Adiconsum, bisogna iniziare una riflessione su questi servizi, che seppur gratis impattano sulla vita e sull’economia di mezzo mondo.
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È possibile richiedere il risarcimento a WhatsApp?
Tutto è possibile, ma dipende dai casi. Infatti la possibilità di chiedere un rimborso a WhatsApp dovrebbe seguire a un disagio effettivo. Dopo il black out di ieri, martedì 25 ottobre 2022, di WhatsApp Codacons ha proposto un risarcimento automatico a tutti gli utenti. In verità WhatsApp è un’applicazione di messaggistica gratuita e non è pensata per il lavoro, se non nella versione business.
Si potrebbe quindi aprire un discorso per la versione pensata per gli uffici e l’organizzazione lavorativa. In questo caso portare la società di WhatsApp (Meta) in tribunale potrebbe avere senso. In ogni caso, bisogna ricordarlo, servono prove a dimostrare il disagio creato dal malfunzionamento dell’applicazione in termini economici.
Codacons è convinto che questo si possa fare, soprattutto alla luce dell’utilizzo quotidiano e all’importanza che riserviamo a tale applicazione rispetto alle altre. L’alternativa sarebbe staccarsi da WhatsApp e utilizzare altre applicazioni, anche se altrettanto senza la possibilità di un rimborso automatico.
Il parere degli esperti: l’utilizzo di WhatsApp andrebbe normato?
Ci sono poi esperti come Mario Vergari, direttore dell’Ufficio studi, innovazione sostenibilità di Adiconsum, che spiega che non esiste un vero e proprio contratto nel caso di WhatsApp, se non i “Termini di servizio”. Questi comunque non dico nulla a proposito di malfunzionamenti e di possibili rimborsi. Per WhatsApp è quindi più complicato ottenere un indennizzo in caso di disservizio, poiché non c’è un’autorità di settore che abbia regolamentato il campo, ricorda Vergari.
Anche in questo caso è quindi necessario iniziare una riflessione sui servizi che, seppur gratis, influenzano o possono farlo l’economia di mezzo mondo. Secondo Vergari iniziare a ragionare sulla possibilità di regolamentarli e considerarli anche alla luce della tutela degli utenti che gli utilizzano è necessario. Si tratta però di una domanda non nazionale, ma che andrebbe presa a livello europeo.
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