Cosa vuol dire POV? Si sente (e si legge) sempre più spesso la parola POV o video POV sui social network e oltre: ecco cosa significa realmente.
Sempre più spesso, in numerose piattaforme social, si legge il termine «POV» seguito da una piccola frase o un’altrettanto piccola parte di testo. Ma a cosa corrisponde questa sigla?
Scorrendo il feed di Instagram e Tik Tok non è raro vedere meme o contenuti a tema, riguardanti le tematiche più disparate (scuola, lavoro, vita quotidiana ecc.) e casuali. Coloro che non fanno parte della generazione Z potrebbero trovarsi disorientati.
I più giovani, invece, avranno sicuramente potuto leggere uno dei termini più comuni allo slang dei social. Ecco cosa significa realmente e quando si usa.
Cosa significa POV: il significato letterale
La sigla POV rappresenta l’acronimo di point of view, tradotto in italiano come «punto di vista». Nonostante questo termine sia divenuto ormai una tendenza da social, in realtà esisteva da ben prima dell’avvento di quest’ultimi.
Prima di parlare di Instagram e Tik Tok, è bene specificare che questa sigla rappresenti in realtà una tecnica di ripresa, utilizzata ancora oggi all’interno dell’industria cinematografica, amatoriale o di prim’ordine che sia.
Si tratta dunque di un termine che, nel segno del suo significato letterale, serve a fornire il punto di vista o della persona che lo pronuncia oppure di una persona esterna, incentrandosi così su quella che è la sua prospettiva.
Cosa vuol dire POV su social come Instagram e TikTok
Allo stato attuale, il termine POV viene utilizzato soprattutto all’interno di piattaforme social come Instagram e Tik Tok. La maggior parte dei meme che si possono scorgere riguardano situazioni ipotetiche, dunque fittizie ma divertenti.
Gli utenti che creano questi contenuti ironici sono soliti immedesimarsi anche nei panni di un’altra persona, così da descrivere una determinata situazione proprio dal suo punto di vista personale.
Può, inoltre, capitare che una persona, tramite l’utilizzo del POV, voglia esprimere il suo pensiero riguardo una tematica ben precisa. Per esempio, su dei fatti di cronaca che hanno sconvolto il pubblico o che hanno suscitato clamore tra gli utenti.
Questa sigla viene spesso aggiunta dai creator anche come «scudo difensivo» per tutelarsi da eventuali critiche. L’hating sul web è all’ordine del giorno, e si manifesta sotto le forme più disparate.
Chiarire che ciò che si sta esprimendo è in realtà un proprio pensiero non è sbagliato: la prudenza non è mai troppa. Specie se si considera quanto ostico possa essere l’odio che alcuni utenti possono diffondere tramite dei semplici commenti.
Come creare un POV sui social
Il POV è, quindi, un formato narrativo molto popolare sui social media, che permette di coinvolgere direttamente l’utente, mettendolo al centro della scena. Questi contenuti sono particolarmente diffusi su piattaforme come TikTok, Instagram e YouTube, dove il coinvolgimento emotivo e l’interazione con il pubblico sono fondamentali per attirare l’attenzione.
Per creare un POV di successo, è importante seguire alcuni passaggi chiave.
- Innanzitutto, devi avere un’idea chiara del messaggio che vuoi trasmettere e di come vuoi che il pubblico si senta. Ad esempio, puoi scegliere di raccontare una storia romantica, drammatica o divertente.
- Il formato POV richiede che l’utente sia trattato come un protagonista: la videocamera simula il punto di vista di chi sta guardando, rendendo l’esperienza più immersiva. Questo può essere ottenuto girando video in prima persona o direttamente rivolgendosi allo spettatore, come se fosse parte della scena.
- Per ottimizzare l’efficacia di un POV, è essenziale prestare attenzione alla qualità del suono e delle immagini. La musica e gli effetti sonori giocano un ruolo importante per intensificare l’emozione e rendere il contenuto ancora più realistico.
- Infine, il tempismo è cruciale: i POV funzionano meglio quando sono brevi e concisi, con un ritmo narrativo veloce che mantiene alta l’attenzione dell’utente.
Un esempio pratico di un buon POV su TikTok potrebbe essere un breve video in cui il creatore simula una conversazione romantica. L’utente guardando il video si sente come se stesse parlando con l’altra persona, grazie all’uso di sguardi diretti verso la fotocamera e un tono di voce confidenziale. Un altro esempio, questa volta su Instagram, potrebbe essere una scena drammatica in cui un attore si rivolge allo spettatore simulando un litigio o un confronto emotivo, generando una risposta empatica da parte del pubblico.
I POV sono spesso utilizzati anche a scopo educativo o promozionale. Ad esempio, un brand può usare questa tecnica per far vedere ai follower come ci si sente a utilizzare un determinato prodotto. Immagina un’azienda che vende attrezzatura sportiva: potrebbe creare un video POV in cui l’utente è al centro di una partita di basket o mentre corre in montagna con un paio di scarpe particolari.
In ambito pubblicitario, un POV di grande successo è quello dello spot della Nike, risalente al 2008.
POV oltre i social network: l’uso nel cinema
In ambito cinematografico, il POV viene riconosciuto anche col termine di «soggettiva». Questa tecnica di ripresa consiste nell’impostare l’inquadratura della scena dal punto di vista del personaggio in questione.
Così facendo, il pubblico vedrà la scena come se a «girarla» fosse proprio il protagonista o il personaggio generico del film, dando così l’idea di una maggiore introspezione (non solo visiva). Si avrà, dunque, il piacere di vedere il campo visivo tramite gli occhi del protagonista, in poche parole.
Alle volte viene utilizzata da registi e sceneggiatori per aumentare l’hype che ruota attorno ad un momento particolare del film. Non bisogna infatti dare per scontato che venga chiarito chi sia il protagonista del POV, il che contribuisce in maniera positiva alla suspense.
Uno dei modelli più puri di rappresentazione visiva in prima persona è rappresentato dalla pellicola «Una donna nel lago» (1947), diretto e interpretato da Robert Montgomery. A metà tra il noir e il poliziesco, la sua peculiarità principale consiste nel modo in cui esso è stato girato; per quasi tutta la durata del film, infatti, l’unica inquadratura che viene utilizzata è proprio quella soggettiva.
Ogni scena viene dunque mostrata dal regista dal punto di vista del protagonista, facendo immedesimare il pubblico nella sua parte. Il suo volto viene mostrato solamente all’inizio del film, durante la sua metà e nella scena finale.
Paradossalmente, per quanto sia un caso studio interessante, gli autori del film non hanno ottenuto l’effetto desiderato. Non essendoci, infatti, una figura visibile in maniera chiara, il pubblico ha presumibilmente riscontrato una certa difficoltà a riconoscere ed associare determinati caratteri al protagonista. Rimane, tuttavia, un esordio storico di grande interesse.
Qual è il primo POV della storia?
Storicamente, il primo accenno di POV proviene dal cinema muto. Il film portavoce di un trend di cui oggi i social non possono fare a meno è infatti «Napoleone», opera risalente al 1927 e diretta dal regista francese Abel Gance.
L’applicazione di questa tecnica inizialmente consisteva semplicemente nell’avvolgere l’obiettivo della macchina da presa con delle spugne, in modo tale che durante le riprese il campo visivo venisse ristretto.
Le spugne in questione non erano utili soltanto per restringere il campo circostante, bensì anche per dare al pubblico la percezione dell’impatto e della vibrazione dei colpi rilasciati durante le più comuni scene d’azione.
Una tipologia di percezione non solo visiva, ma più in generale multisensoriale. La tendenza in questione è stata poi ripresa interamente (o quasi) dal mondo dei social, divenendo un trend virale e apprezzato soprattutto dagli utenti più giovani.
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