Con la riduzione dell’Irpef da cinque a quattro scaglioni si adeguano anche le addizionali locali, ma al rialzo. Vediamo come aumentano.
Il 30 giugno, anche se molti contribuenti non lo sanno, è la data di scadenza per il saldo dell’Irpef 2023. Per chi versa direttamente l’Irpef dovuta in busta paga, infatti, è lo stesso datore di lavoro a trattenere il dovuto applicando anche il piccolo importo maturato per sanzioni e interessi (si parla di pochi spiccioli). Ma per chi sceglie il versamento con F24 il saldo dell’Irpef va versato entro il 30 giugno, sempre che non si voglia, poi, pagare rateizzando e applicando, appunto, gli interessi dovuto per il ritardo nel pagamento.
E quest’anno si pagherà l’imposta sui redditi delle persone fisiche su quanto prodotto nel 2022 in quattro scaglioni, anziché in cinque, come previsto negli anni passati. E i Comuni, che sull’Irpef riscuoto l’addizionale comunale sono pronti a far cassa approfittando proprio della riduzione degli scaglioni e delle aliquote per ritoccare al rialzo le addizionali a loro dovute.
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Le addizionali locali ritoccate
Napoli, Bologna, Genova e Torino, solo per fare alcuni esempi, sono città che approfitteranno della nuova Irpef per aumentare le addizionali che salgono, in media, da 155 euro pro capite a 203 euro. Ma cerchiamo di capire meglio cosa accade.
In 1.158 comuni le addizionali comunali sono state modificate per essere adattate alle nuove aliquote Irpef. Ma laddove dove il Comune non ha deliberato, la quinta aliquota (applicata per redditi superiori ai 75.000 euro) è stata automaticamente eliminata e applicata, in automatico la vecchia quarta aliquota (al 41% che colpiva nel 2021 i redditi tra 55mial e 75.000 euro). Questa applicazione automatica rappresenta, quindi, una perdita per il Comune.
E proprio per questo la maggior parte dei Comuni ha deliberato per tempo per evitare la cosiddetta tagliola, applicando aliquote al rialzo. Un esempio è il Comune di Cagliari che per redditi superiori a 50mila euro ha applicato direttamente la quinta aliquota allo 0,80% eliminando direttamente la quarta che era allo 0,79%
La maggior parte dei Comuni (sette su dieci), in ogni caso, ha deciso di applicare un’aliquota generalizzata prevedendo generalizzate anche le fasce di esenzione.
Solo 80 Comuni, invece, hanno fasce con aliquote per determinate categorie, come ad esempio i pensionati. Città come Messina, Reggio Calabria, e Palermo, invece, hanno scelto la flat tax allo 0,80%. Altre citta, a parità di aliquote hanno scelto anche di applicare una fascia di esenzione per redditi fino a una determinata cifra e nello specifico:
- 7.500 euro Catania;
- 10.000 euro Venezia;
- 15.000 euro Bari;
- 23.000 euro Milano.
Firenze ferma l’aliquota allo 0,2% con esenzione fino a 25.000 euro. A Roma, invece, l’aliquota è allo 0,9%.
Rincari, quindi, un po’ generalizzati anche se mitigati dalle fasce di esenzione. Ma probabilmente quest’anno un’altra stangata verrà dalle addizionali Comunali.
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