Cosa dice la legge del subaffitto? Ecco quando è legale, com’è il contratto e quali sono le regole da rispettare per evitare sanzioni.
Il subaffitto è spesso oggetto di dubbi, più che altro perché in apparenza può sembrare strano che l’inquilino abbia il potere di affittare a sua volta l’immobile, pur non avendone la proprietà. In realtà, la possibilità di affittare non deriva direttamente dalla proprietà, pertanto in alcuni casi è concessa anche all’inquilino stesso. La confusione riguardo al subaffitto, tecnicamente chiamato sublocazione, deriva anche dai vari usi scorretti, che possono portare conseguenze non indifferenti, come spesso si apprende dalle notizie.
Non stupisce, comunque, come la pratica del subaffitto diventi particolarmente accattivante in alcuni periodi, in quanto costituisce un ottimo rimedio ai cari costi per gli affitti. Da una parte, l’inquilino originario riesce a fronteggiare il canone mensile in modo più agevole; dall’altro canto, il subaffittuario ha modo di pagare dei costi più contenuti (magari perché ha necessità di una sola stanza) o comunque di trovare un’abitazione per un periodo di tempo limitato senza incorrere in particolari problemi.
Per queste ragioni la scelta del subaffitto può rivelarsi estremamente utile, ma è bene conoscerne le regole per evitare rischi e sanzioni. Ecco quando il subaffitto è legale e quali criteri bisogna seguire.
Quando il subaffitto è legale
Il subaffitto è legale quando viene eseguito nel modo corretto e origina da un effettivo diritto in disponibilità del sublocatore. Per conoscere meglio questo aspetto, tuttavia, è utile distinguere fra le due tipologie di sublocazione esistenti per legge:
- La sublocazione totale (relativa all’intero spazio in possesso del sublocatore);
- la sublocazione parziale (limitata a una porzione di spazio o tempo, di norma una o più stanze o alcune ore del giorno).
La sublocazione totale è senza dubbio la forma meno utilizzata, in quanto è legale soltanto quando questa possibilità è espressamente menzionata nel contratto di affitto. Tutto quello che si deve fare per capire se è possibile affittare l’intera casa a un’altra persona è quindi verificare il contratto di locazione, controllando la presenza di una clausola apposita. Eventualmente, è possibile chiedere una successiva autorizzazione scritta al padrone di casa. Altrimenti, il subaffitto totale non si può fare.
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Oltretutto, la forma totale dimostra utilità sono in casi eccezionali perché prevede che il sublocatore trovi un’altra sistemazione per lasciare l’immobile in subaffitto all’inquilino secondario. Per esempio, si tratta di una scelta conveniente quando non è ancora possibile recedere dal contratto e non si vuole continuare a pagare il canone (magari in aggiunta a un altro affitto o al mutuo) senza usufruirne. In genere, subaffittare l’intera casa può servire anche a chi è costretto ad allontanarvisi per un certo periodo di tempo, ma non è sempre scontato che questo coincida con le esigenze di un nuovo inquilino.
Al contrario, il subaffitto parziale riguarda per l’appunto solo una parte della casa. Si tratta della forma contrattuale più semplice per affittare delle stanze e avere così un’entrata mensile senza privarsi della casa. Di pari passo, è anche molto più facile trovare un inquilino disposto ad affittare una stanza perché non deve sobbarcarsi il costo di un canone intero e c’è più margine di scelta per quanto riguarda le tempistiche.
Prima di approfondire le tempistiche contrattuali, è però bene sapere che il subaffitto parziale non necessita della specifica menzione nel contratto di locazione; perciò, si verifica la situazione diametralmente opposta a quanto osservato per il subaffitto totale. La sublocazione parziale è legale fintanto che il contratto non la vieta esplicitamente. Ciò non esclude, però, l’obbligo di avvisare il padrone di casa consentendogli di opporsi entro 30 giorni. Il mancato avviso non è da solo un grave inadempimento, ma lascia aperta la possibilità di opposizione in ogni momento.
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La durata del contratto di subaffitto
Diversamente dal “classico” contratto di locazione, per il contratto di locazione non sono previsti termini minimi. Le parti possono scegliere con notevole discrezionalità la durata del subaffitto e le sue condizioni, tenendo presente che la durata non può comunque superare quella del contratto di locazione del sublocatore. In realtà, è abbastanza evidente: non posso affittare una casa per più di tempo di quanto io stesso non la abbia a disposizione. La stessa libertà contrattuale si applica anche per quanto riguarda il canone, che, così come nella locazione 4+4, può essere determinato liberamente dalle parti.
Le sanzioni per chi non rispetta le regole
Il rispetto delle regole riguardanti il subaffitto è fondamentale, perché in alcuni casi l’opposizione del proprietario può condurre fino allo sfratto. In particolare, il padrone di casa può agire in giudizio per lo sfratto e la disdetta del contratto principale se l’affittuario concede l’immobile in subaffitto nonostante il suo divieto. Quest’ultimo può desumersi dal contratto, ma anche essere manifestato in maniera successiva riguardo al caso specifico, se la sublocazione è considerata inappropriata per gravi motivi (ad esempio un diverso uso dei locali rispetto a quanto pattuito in origine).
Il mancato avviso al proprietario, perciò, non comporta in automatico un inadempimento ma ammette la possibilità per il padrone di casa di chiedere la risoluzione della sublocazione in qualsiasi momento. Ricordiamo, infatti, che il locatore principale ha diritto a conoscere le condizioni della sublocazione. Come conseguenza ultima, cioè quando la sublocazione è vietata ma persiste, c’è lo scioglimento contrattuale e sostanzialmente entrambi gli inquilini devono andare via.
Mancando il contratto principale, infatti, quello di sublocazione perde ogni tipo di base giuridica. Lo stesso può accadere, peraltro, in caso di morosità del sublocatore. Quest’ultimo resta, infatti, obbligato a pagare l’intero canone contrattuale a prescindere dalla presenza di una sublocazione e dagli adempimenti dell’inquilino secondario (che può a sua volta essere citato in giudizio).
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