Perché il prezzo del petrolio sta scendendo del 2% e cosa aspettarsi nel prossimo futuro? Cina e Iran possono influenzare l’oro nero, ecco perché.
Il prezzo del petrolio affonda nella giornata di venerdì 16 agosto, con perdite di oltre il 2%.
Mentre si scrive, i futures sul Brent scambiano sotto gli 80 dollari al barile, con un calo del 2,05% e i contratti sul WTI scivolano del 2,26% oscillando intorno a 76 dollari al barile.
Il greggio è sotto pressione e si avvia a chiudere la settimana in ribasso, dopo che il benchmark statunitense era balzato di oltre il 4% lunedì per i timori che un attacco dell’Iran a Israele si stesse avvicinando. Tuttavia, i fattori geopolitici hanno lasciato spazio alle prospettive di crescita della Cina che si sono rivelate ancora molto incerte e quindi hanno indebolito le previsioni future sulla domanda di oro nero.
Per gli investitori nelle materie prime non c’è dubbio che nell’attuale contesto globale sono soprattutto due i Paesi da osservare per capire se il prezzo del petrolio aumenterà o no: la Cina e l’Iran. Per adesso, sembra che il dragone abbia il sopravvento, spingendo in basso il greggio. Cosa aspettarsi e perché il fattore iraniano rimane sotto i riflettori?
Cina o Iran: quale Paese sta guidando il prezzo del petrolio?
Venerdì, durante una sessione plenaria del governo, il premier cinese Li Qiang ha dichiarato che sono necessari grandi sforzi per rilanciare l’economia e che il Paese si concentrerà sulla stimolazione dei consumi, come riportato dai media statali.
La dichiarazione è l’ennesima prova del difficile percorso del dragone verso la piena ripresa, in grado di influenzare anche il prezzo del petrolio.
“Il mercato del petrolio sta lottando per mantenere il minimo di 80 dollari al barile recentemente riconquistato, mentre la serie di deboli indicatori macroeconomici recenti riafferma la sua pressione al ribasso e le preoccupazioni geopolitiche sembrano passare in secondo piano”, ha affermato Harry Tchilinguirian, responsabile della ricerca presso Onyx Capital Group.
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I dati di giovedì hanno mostrato che l’economia cinese ha perso slancio a luglio: i prezzi delle case nuove sono scesi al ritmo più rapido degli ultimi nove anni, la produzione industriale è rallentata e la disoccupazione è aumentata. Anche le raffinerie cinesi hanno ridotto drasticamente i tassi di lavorazione del greggio il mese scorso, a causa della tiepida domanda di carburante.
Non a caso, l’OPEC ha rivisto al ribasso le sue previsioni sulla domanda per quest’anno, citando aspettative più deboli per la Cina.
Sotto i riflettori però è tornato prepotentemente anche l’Iran, un altro protagonista mondiale del mercato del petrolio. La possibilità che Teheran reagisca all’uccisione del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh da parte di Israele aveva riacceso il greggio per timore di forniture scarsa.
Tuttavia, i future sul petrolio greggio statunitense sono scesi del 3% nella mattinata di venerdì, in seguito alle notizie secondo cui il Qatar avrebbe intimato all’Iran di non attaccare Israele mentre sono in corso i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza.
Il primo ministro del Qatar ha esortato i leader iraniani, in una telefonata tenutasi giovedì a Doha dopo il primo giorno di colloqui per il cessate il fuoco a Gaza, a moderare l’escalation e a mettere in guardia dalle conseguenze di un attacco a Israele quando si faranno progressi nei negoziati, hanno detto due diplomatici al Washington Post.
“Il pendolo dell’influenza dei prezzi continua a oscillare tra i fondamentali e la geopolitica, con l’attuale svendita apparentemente dettata dai negoziati in Medio Oriente e dalla continua mancanza di rappresaglie da parte dell’Iran”, ha affermato Matt Smith, analista capo del settore petrolifero per le Americhe presso Kpler.
A questo punto, la vera svolta rispetto ai prezzi del greggio Brent avverrà probabilmente quando la Federal Reserve statunitense, nella riunione di settembre, deciderà se tagliare o meno i tassi di interesse, ha affermato l’analista indipendente di petrolio Gaurav Sharma.
Se la Cina può frenare il greggio deprimendo la domanda, l’Iran ha invece l’opportunità di spingere in alto i prezzi del petrolio con eventuali rappresaglie o chiusure dello Stretto di Hormuz. Maggiori segnali di ottimismo e rilancio della domanda Usa possono infine sostenere le quotazioni, soprattutto in vista di una maggiore produzione da parte dell’OPEC.
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