Torna l’allarme inflazione energetica con prezzi petrolio e gas: cosa aspettarsi?

Violetta Silvestri

10/08/2023

Prezzi di petrolio e gas in rialzo e nuove allarme inflazione energetica: perché l’Europa teme un’altra impennata dei costi e quali sono i fattori che stanno spingendo le quotazioni.

Torna l’allarme inflazione energetica con prezzi petrolio e gas: cosa aspettarsi?

Inflazione energetica di nuovo minacciosa con il balzo dei prezzi di gas e petrolio.

Se proprio i costi in ribasso delle due materie prime hanno consentito il calo inflazionistico in Europa dopo l’impennata innescata dalla guerra in Ucraina, ora gli stessi carburanti tornano a preoccupare: le quotazioni sono in rialzo per una serie di rischi che potrebbero colpire negativamente soprattutto il nostro continente.

I prezzi del petrolio, sebbene ora in lieve calo, si mantengono vicino ai livelli più alto in quasi nove mesi prima che i dati chiave sull’inflazione degli Stati Uniti possano offrire nuovi elementi per un rally o un declino. Il Brent scambia a 87,48 dollari a barile e il WTI a 84,29 dollari al barile.

Il gas è tornato a crescere nel benchmark europeo e dopo aver superato i 42 euro per megawattora nella giornata di ieri, oggi i futures restano di poco sotto la soglia dei 40 euro per megawattora.

L’oscillazione dei prezzi energetici dimostra che l’allerta c’è. Gas e petrolio si stanno dimostrando vulnerabili, nonostante il calo dai picchi della guerra. Questo significa che l’inflazione e una crisi energetica non sono impossibili. Di nuovo.

Perché il prezzo del petrolio può salire

I prezzi del petrolio si sono stabilizzati, poiché la cautela degli investitori in vista dei dati sull’inflazione negli Stati Uniti ha attenuato il prolungato rialzo dovuto alla scarsità dell’offerta.

Brent e WTI però sono in aumento negli ultimi giorni, spinti dall’estensione dei tagli alla produzione da parte dell’Arabia Saudita e della Russia, insieme ai timori sull’offerta guidati dal potenziale che le tensioni tra Russia e Ucraina nella regione del Mar Nero minaccino le spedizioni di petrolio russo.

L’escalation tra Kiev e Mosca è violenta, dopo che un drone ucraino ha attaccato una petroliera battente bandiera russa durante il fine settimana nel Mar Nero, una via chiave per le esportazioni della nazione.

Il petrolio è salito dalla fine di giugno, quando l’Arabia Saudita e la Russia si sono impegnate a ridurre l’offerta, anche se persistono ancora venti contrari, inclusa una lenta ripresa economica dalla Cina.

“La tensione ribollente tra Russia e Ucraina si è aggiunta alle preoccupazioni sulla rigidità dell’OPEC+”, ha affermato Charu Chanana, uno stratega di mercato di Saxo Capital Markets Pte, riferendosi ai tagli all’offerta da Arabia Saudita e Russia.

I dati del governo degli Stati Uniti hanno però mostrato che le scorte di greggio sono aumentate di quasi 6 milioni di barili la scorsa settimana, anche se gli investitori si sono invece concentrati sulla riduzione delle scorte di benzina e distillati, ciascuna delle quali è diminuita maggiormente in tre mesi.

Intanto, anche l’inflazione Usa attesa per oggi pomeriggio può muovere le quotazioni. Gli investitori petroliferi seguiranno ampiamente la stampa dell’inflazione degli Stati Uniti che dovrebbe riflettere un leggero rimbalzo, uno scenario che probabilmente stimolerà i timori di ulteriori aumenti dei tassi secondo Priyanka Sachdeva, analista di mercato senior di Phillip Nova.

Con le prospettive di un maggiore inasprimento, i timori sulla domanda di greggio possono aumentare, facendo attenuare i prezzi. Al contrario, il petrolio potrebbe guadagnare in vista di un alleggerimento dei tassi e di una maggiore crescita.

C’è il balzo del prezzo del gas: Eurppa in pericolo?

Non solo petrolio. Per tenere sotto controllo l’inflazione energetica è fondamentale anche osservare prezzo del gas e le notizie non sono rincuoranti.

Al momento in cui si scrive, il gas nel benchmark olandese viaggia sui 37 euro a megawattora, in calo dal picco di ieri a oltre 43 euro per megawattora, ma in aumento.

Il balzo è stato innescato dalle notizie secondo cui i lavoratori di importanti impianti di Gnl in Australia stavano pianificando azioni di sciopero in una lotta per una retribuzione più alta e una migliore sicurezza del lavoro, con i movimenti del mercato esacerbati da alcuni commercianti che hanno chiuso le scommesse sul calo dei prezzi del gas.

La mossa evidenzia che, nonostante i livelli di stoccaggio del gas siano in aumento vicino alla capacità massima nell’Ue, la crisi energetica che ha sconvolto il continente per quasi due anni non è ancora finita e i mercati sono ancora nervosi per la vulnerabilità delle forniture.

Mentre le forniture australiane di gas naturale liquefatto raramente arrivano direttamente in Europa, l’Ue è diventata sempre più dipendente dai carichi globali di Gnl per via marittima per sostituire le forniture russe. L’Unione europea è stata il più grande importatore mondiale di Gnl lo scorso anno.

L’Australia è un fornitore vitale per l’Asia, il che potrebbe metterla in concorrenza con l’Europa per i carichi disponibili se il mercato si restringesse. “Un taglio dell’offerta australiana potrebbe significare che gli acquirenti asiatici intensificheranno gli acquisti da altri venditori come gli Stati Uniti e il Qatar che possono...fare da perno tra i mercati”, ha affermato in una nota la società di consulenza ICIS.

Maggiore concorrenza e richiesta dagli stessi fornitori crea una pressione della domanda sull’offerta che fa innalzare i prezzi.

In generale, l’aumento dei costi dell’energia potrebbe rendere più difficile per le banche centrali tenere sotto controllo l’inflazione. Questo è l’allarme che sta risuonando in Europa.

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