Oggi è stato confermato il quarto caso di vaiolo delle scimmie in Italia. Ma quali sono i sintomi per riconoscere la malattia e qual è la terapia da adottare? Ne abbiamo parlato con il prof. Bassetti.
Vaiolo delle scimmie, confermato oggi il quarto caso in Italia. Si tratta di un giovane di Arezzo che ha scoperto di aver contratto il virus dopo un viaggio alle Canarie. Il paziente toscano si va ad aggiungere ai primi tre casi accertati, ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma. «I tre pazienti - ha spiegato l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato - restano in buone condizioni cliniche. Mentre sono 15 le persone in isolamento nella nostra regione».
Al momento, sono 92 i casi complessivi nel mondo in 12 paesi (Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito e Usa). Ma quali sono i sintomi a cui prestare attenzione? E quale la terapia da adottare in caso di infezione? Ne abbiamo parlato con Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.
Prof. Bassetti, cos’è il vaiolo delle scimmie?
Il vaiolo delle scimmie, isolato per la prima volta nel 1958, è un virus che colpisce non solo le scimmie, ma anche altri primati e roditori. Negli anni 70 viene descritta anche la versione umana, con la trasmissione da animale a uomo. E adesso l’ultimo salto uomo-uomo. Questa ultima fase è caratterizzata da trasmissioni interumane, globalmente distribuite. Che con difficoltà riusciamo a collocare in un unico cluster iniziale. I due focolai segnalati finora sono la sauna a Madrid e il Gay Pride a Gran Canaria. Ma al di là di questi due episodi specifici, ce ne sono altri slegati. Per contenere il fenomeno, occorre capire i casi da dove arrivano. E se non ci si riesce, questo può destare preoccupazione.
Quali sono i sintomi da tenere sotto controllo?
I sintomi sono aspecifici come febbre, mal di testa, stanchezza, linfonodi ingrossati vicino alla sede delle lesioni. Ma il sintomo principale sono lesioni cutanee che possono localizzarsi in qualunque parte del corpo. C’è una distribuzione centripeta dal volto agli arti. Anche vicino ai genitali. Le pustole sono più grandi di quelle della varicella, somigliano a quelle della sifilide.
Come si trasmette il vaiolo delle scimmie?
Si trasmette per contatto con le lesioni, quindi anche con un contatto sessuale. Oppure con la saliva. La trasmissione è più difficile rispetto a quella del Covid. Avviene soprattutto in rapporti continuativi e molto stretti.
Quando chiamare il medico e qual è la terapia da adottare?
Non c’è una terapia specifica, si utilizzano farmaci sintomatici non specifici per il vaiolo delle scimmie. Il decorso della malattia può essere caratterizzato da due fasi: la prima più blanda in cui per l’appunto si fa ricorso a una terapia sintomatica. Ma in alcuni casi più rari, ci può essere anche una fase più grave, con un interessamento polmonare o di altri organi. In questo caso si può far ricorso a farmaci antivirali come il cidofovir. Ma ci deve essere un’attena diagnosi del medico.
Oggi quarto caso di vaiolo delle scimmie in Italia, c’è un’emergenza?
È giusto sensibilizzare le persone e far capire loro che se hanno delle lesioni anomale si devono rivolgere subito agli specialisti. Non c’è un’emergenza, ma i numeri cresceranno. Nelle prossime settimane avremo molti più casi, siamo di fronte a una situazione attenzionata. Questo virus è meno trasformabile del Covid, quindi c’è minor rischio varianti. Ma è sempre un’entità vivente e dobbiamo fare in modo che non passi da una persona all’altra. È necessario dunque contenerne la diffusione, attraverso l’isolamento in casa o in ospedale dei contagiati. Tra l’altro, i tempi di incubazione sono più lunghi di quelli del Covid, si arriva a due settimane. Per questa ragione nei prossimi 15 giorni i casi si triplicheranno.
Il vaccino contro il vaiolo protegge? Chi non lo ha ricevuto, si dovrà sottoporre alla vaccinazione?
Il vaccino contro il vaiolo offre l’85% di copertura dal contagio e un’ottima copertura contro la malattia grave. Nel mondo circa il 50% delle persone è vaccinato contro il vaiolo. Se il numero dei casi dovesse aumentare, si potrebbe ragionare sulla strategia vaccinale da seguire: ad esempio per i giovani sanitari che non sono vaccinati e i fragili. Ma al momento è ancora prematuro parlare di vaccino.
C’è il rischio di una nuova pandemia? Il Belgio ha reintrodotto la quarantena per i contagiati.
Al momento non c’è il rischio di una grande pandemia, ma è una situazione da vigilare. Penso che anche chi ha avuto un contatto certo con un contagiato, debba rimanere in isolamento e stare attento ai rapporti. Si tratta di una malattia che preoccupa ma non spaventa. Non siamo di fronte a un nuovo problema, il Covid era un virus nuovo, qui siamo di fronte a qualcosa di noto.
Qual è la differenza con il vaiolo «tradizionale»?
Il vaiolo tradizionale è una malattia diversa, più aggressiva, con il 30% di mortalità. Con il vaiolo delle scimmie la percentuale di letalità è intorno all’1%.
Come mai stanno emergendo nuovi virus?
Questi problemi ci sono sempre stati. Ma il mondo ha commesso un errore, negli ultimi 40 anni si è puntato poco sulla ricerca delle malattie infettive. La tecnologia moderna non era interessata ai virus, la diagnostica è rimasta indietro. Grazie al Covid sono migliorate diagnostica e competenze. E oggi a questi temi è maggiore l’attenzione mediatica e degli stessi medici.
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