A Milano (e non solo) i titoli delle banche sono saliti vertiginosamente anche quest’anno dopo un 2022 e un 2023 da incorniciare. Vediamo di quanto.
Si è soliti pensare che investire in azioni sia sempre pericoloso. L’espressione non è priva di fondamento, ma sarebbe più onesto dire che più dell’investimento in sé il vero problema sta nel non sapere fino in fondo quello che si va facendo.
Per comprenderlo vediamo come si sono comportati i titoli azionari delle banche sul principale listino milanese da inizio anno a oggi. In particolare ci chiederemo: ma 1.000 euro investiti a Piazza Affari su un titolo bancario quanto valgono oggi?
Le performance dei titoli bancari nei primi 316 giorni del 2024
Immaginiamo di aver impegnato 11 mesi fa un piccolo capitale su uno dei titoli delle aziende di credito presenti sul Ftse Mib. Quanto varrebbero oggi al netto dei dividendi eventualmente staccati nel corso dell’anno? Di seguito, ecco le performance registrate a distanza di 316 giorni:
- BPER Banca: +93,99%. Il titolo ha chiuso il 2023 al prezzo di 3,026 €, mentre quello di chiusura di martedì 12 novembre è stato a 5,87 €. In pratica mancherebbe un altro po’ di strada da percorrere per arrivare al raddoppio nominale lordo dell’ipotetico capitale di mille euro di gennaio;
- Banca MPS: +77,81%;
- Unicredit: +63,24%;
- Intesa Sanpaolo: +43,88%;
- Banco BPM: +41,81%;
- Banca Mediolanum: +38,28%;
- Mediobanca: +27,71%;
- Banca Popolare di Sondrio: +21,84%;
- FinecoBank: +10,34%. In questo caso l’ultimo prezzo segnato dall’azione a dicembre 2023 è stato di 13,585 €, mentre martedì ha chiuso a 14,99 €.
È bene precisare che anche in un anno sostanzialmente buono come l’attuale il principale indice milanese ha titoli con il segno meno, anche in doppia cifra. Per la precisione, un drappello di azioni da gennaio ad oggi sta perdendo tra il 31 e il 43%. Dunque investire in Borsa è molto rischioso, e non si tratta di una semplice leggenda metropolitana, anzi.
1.000 euro investiti a Piazza Affari su un titolo bancario quanto valgono oggi?
L’approccio al capitale di rischio necessita di un minimo di regole che negli anni hanno dimostrato di funzionare. Si tratta di buone norme di comportamento che nel loro insieme valgono a mitigare di tanto il rischio, ma senza mai eliminarlo del tutto.
Una riguarda la diversificazione, nel senso che è meglio avere in portafoglio un paniere di azioni (anche con modesti capitali) rispetto al singolo investimento diretto su uno o pochi titoli. Fermo restando che questa strategia attuerebbe solo una diversificazione di tipo settoriale, di per sé più rischiosa rispetto all’investire su un’economia nel suo complesso.
Poi va adottato l’approccio di lungo termine misurato in termini di anni e non di una manciata di mesi. Dal 2022 i titoli delle banche (e non solo) stanno correndo tanto, ma anche loro hanno avuto anni in cui sono crollati di brutto.
Un altro aspetto riguarda la politica di gestione dei dividendi. Per sfruttare la forza dei mercati sulla lunga distanza è preferibile reinvestire i proventi periodici anziché incassarli.
Infine occhio alla valuta di denominazione del fondo, l’entità delle masse gestite e i costi che vanno contenuti sempre. Fino a prova contraria, una mancata spesa è già un primo guadagno certo.
Investire nei titoli delle banche tramite gli ETF
Per chi ama il fai da te, ha adeguata propensione al rischio e possiede un minimo di padronanza dei mercati finanziari, l’ETF potrebbe costituire la soluzione al problema. Questi fondi raggruppano più titoli di aziende operanti nello stesso settore e seguono un dato indice settoriale (riconosciuti) di riferimento. Così a rischi e costi contenuti rispetto all’investimento diretto ci si espone su un settore e al suo trend. Tuttavia, gli ETF settoriali hanno notoriamente commissioni più elevate rispetto a quelli nazionali, cioè non specializzati su un singolo settore.
Ancora, per gli esperti questi prodotti andrebbero scelti soprattutto da chi adotta strategie di rotazione settoriale in base al macro trend economico di fondo.
Tali prodotti di nicchia, infatti, sono più volatili e quindi soggetti ad ampie fluttuazioni. Tradotto, sono in grado di riservare extra performance tanto in positivo quanto in negativo a seconda del ciclo economico. Per cui un eventuale errore di valutazione del timing d’ingresso e/o nella scelta del settore da cavalcare in un dato tempo potrebbe comportare perdite anche assai consistenti.
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