100.000 tonnellate di petrolio sono andate distrutte, Russia nei guai

Luna Luciano

23 Marzo 2025 - 12:56

Un devastante attacco ucraino ha distrutto 100.000 tonnellate di petrolio in Russia, mettendo in crisi le esportazioni e i ricavi di Mosca. Putin risponde con la flotta ombra: ecco cosa c’è dietro.

100.000 tonnellate di petrolio sono andate distrutte, Russia nei guai

L’industria petrolifera russa sta affrontando una delle sue più gravi crisi a seguito di un attacco ucraino che ha distrutto un deposito strategico di 100.000 tonnellate di petrolio nella regione di Krasnodar.

L’incidente, avvenuto il 19 marzo, ha completamente devastato l’impianto di stoccaggio Naftatrans Kavkazskaya, con esplosioni e incendi fuori controllo. La perdita di un simile quantitativo di petrolio non è solo un duro colpo alle forniture energetiche della Russia, ma rappresenta un ulteriore tassello nella guerra economica in corso tra Mosca e l’Occidente.

Con le sanzioni già in atto e un calo delle esportazioni, la distruzione del deposito accresce le difficoltà per il Cremlino. La Russia deve ora affrontare una crisi di esportazione che mina la sua economia, mentre Putin cerca di rispondere con nuove strategie per mantenere i flussi di petrolio in movimento nonostante le restrizioni internazionali.

Ecco come l’attacco ha impattato il commercio petrolifero russo e quali sono le contromosse del Cremlino: di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.

Il traffico di petrolio russo: un settore in crisi

L’attacco ucraino al deposito Naftatrans Kavkazskaya ha messo in luce la vulnerabilità delle infrastrutture energetiche russe. Il deposito, collegato al Caspian Pipeline Consortium e a un terminal ferroviario strategico, rappresentava un nodo chiave per le esportazioni di petrolio russo. La distruzione di 100.000 tonnellate di carburante ha causato danni economici ingenti e ridotto ulteriormente il volume delle esportazioni.

Secondo i dati di Energy And Cleanair, i ricavi russi dalle esportazioni di combustibili fossili erano già in calo prima dell’attacco, registrando una riduzione del -3% a febbraio e attestandosi a 640 milioni di euro al giorno. La diminuzione più significativa si è verificata nel trasporto marittimo di petrolio greggio, con un calo del -13% su base mensile e un volume di esportazione in discesa del -9%. La distruzione del deposito di Krasnodar potrebbe amplificare questa tendenza negativa, aumentando le difficoltà per Mosca nel mantenere le sue rotte di esportazione.

Nonostante i principali acquirenti Cina e India, assorbano l’85% delle esportazioni del greggio (Pechino il 47% e Nuova Delhi il 38%), le sanzioni occidentali stanno spingendo Mosca a ricorrere a metodi alternativi per aggirare le restrizioni, come la vendita di petrolio attraverso intermediari o con flotte non tracciabili. L’attacco ucraino ha quindi colpito non solo un’infrastruttura vitale ma ha anche amplificato le difficoltà della Russia nel mantenere stabile il proprio mercato energetico.

La contromossa di Putin: la flotta ombra

Per contrastare la crisi e aggirare le sanzioni occidentali, il Cremlino sta puntando su una strategia ben collaudata: l’espansione della cosiddetta “flotta ombra”.

Questo termine si riferisce a un gruppo di petroliere che operano al di fuori dei circuiti regolamentati, evitando il monitoraggio e le restrizioni internazionali. Secondo l’intelligence ucraina, la Russia ha già ampliato questa flotta a circa 400 navi, molte delle quali registrate in paesi come gli Emirati Arabi Uniti, le Seychelles, Hong Kong e le Isole Marshall.

Le esportazioni di petrolio via mare sono essenziali per l’economia russa, con un valore stimato superiore agli 80 miliardi di euro all’anno. La flotta ombra consente a Mosca di mantenere attivi i flussi di greggio, sfruttando metodi come il trasferimento da nave a nave (STS) in acque libere per rendere più difficile tracciare l’origine del petrolio. Questo sistema ha già permesso alla Russia di aggirare molte restrizioni imposte dall’Occidente, ma con il crollo di un deposito strategico, anche la logistica di queste operazioni diventa più complessa.

Dietro questa strategia c’è una volontà chiara del Cremlino: mantenere a tutti i costi le entrate derivanti dal petrolio, che rappresentano una fetta fondamentale del bilancio statale. Nonostante le difficoltà, Putin non ha intenzione di cedere terreno sul mercato energetico e sta diversificando i canali di vendita per ridurre l’impatto delle sanzioni. Tuttavia, il recente attacco dimostra come l’Ucraina stia adottando una strategia mirata per colpire direttamente le fonti di guadagno russe, portando Mosca in una situazione sempre più complicata. Il futuro del mercato energetico russo appare sempre più incerto, con conseguenze potenzialmente destabilizzanti per il Cremlino.

Iscriviti a Money.it

Trading online
in
Demo

Fai Trading Online senza rischi con un conto demo gratuito: puoi operare su Forex, Borsa, Indici, Materie prime e Criptovalute.