Il petrolio si avvia verso la più grande perdita mensile dai primi giorni della pandemia: perché il prezzo del greggio è in ribasso? Il focus è su almeno 3 fattori chiave.
Prezzi del petrolio in diminuzione: non c’è solo Omicron a oscurare la prospettiva di domanda del carburante.
Il greggio si trova in un momento cruciale, con la riunione OPEC di dicembre ormai alle porte: cosa decideranno gli esportatori dell’oro nero? L’offerta sarà ridimensionata?
Intanto, in un ritrovato clima di incertezza, con dubbi crescenti anche sull’efficacia del vaccino contro la variante, stamane le due quotazioni perdono slancio: il Brent è in calo del 2,81% a 71,16 dollari al barile e il WTI del 2,79% a 68,00 dollari al barile mentre si scrive.
Da monitorare, nelle prossime settimane, ci sono almeno 3 fattori chiave per il prezzo del petrolio, come di seguito elencati.
L’altalena del prezzo del petrolio: che succede?
Dopo il tonfo del venerdì nero della scorsa settimana, oggi, martedì 30 novembre, è tornato a profilarsi un clima cupo per il petrolio.
All’inizio della mattinata, i futures sul greggio Brent sono scesi di $ 2,32, o 3,2%, a $71,12 al barile, dopo essere scivolati a un minimo intraday di $ 70,52, il più basso dal 1 settembre.
I contratti sul greggio US West Texas Intermediate (WTI) sono diminuiti di $ 2,15, o 3,1%, a 67,80 dollari al barile.
Da ricordare, il prezzo del petrolio è crollato di circa il 12% venerdì insieme ad altri mercati per il timore che l’Omicron, possa innescare nuovi blocchi e intaccare la crescita globale, danneggiando la domanda di greggio.
In questa cornice di incertezza, gli investitori si concentrano sul almeno 3 fattori chiave per analizzare le prossime mosse del prezzo del petrolio.
1. Variante Omicron e domanda di greggio
Il pessimismo tornato alla ribalta in questa fine di novembre è essenzialmente legato a quanto detto dal CEO di Moderna.
L’efficacia dell’attuale vaccino sulla nuova variante Omicron è tutta da studiare e non ci sono certezze al riguardo. Inoltre, potrebbe volerci molto tempo per trovare il siero giusto contro il ceppo: questo il messaggio del CEO, sufficiente a mandare in tilt Borse e lo stesso greggio.
Il problema tornato di attualità per il petrolio è la domanda: con Omicron in diffusione rapida nel mondo, potrebbero essere introdotte nuove e severe restrizioni, oltre agli stop dei viaggi dall’Africa decisi da tutti i principali Paesi globali.
Anche la Fed, con l’anteprima dell’intervento di Powell al Senato USA pubblicato in alcuni accenni, ha lanciato un cauto allarme: la variante getta ombre su occupazione e piena ripresa.
Per i trader del petrolio questo clima si traduce in possibile indebolimento della domanda di carburante.
Unica nota positiva, su questo fronte, sono stati alcuni dati macroeconomici dell’Asia, che hanno indicato miglioramenti nelle principali economie, un segnale positivo per la domanda di energia.
In Cina, l’indice dei responsabili degli acquisti nel settore manifatturiero è tornato a espandersi, mentre la produzione industriale in Giappone è aumentata.
2. OPEC vs USA
Con le stime potenziali di un consumo offuscato, crescono le aspettative che l’OPEC, con la Russia e gli alleati sospenderanno i piani per aggiungere 400.000 barili al giorno (bpd) di fornitura a gennaio.
Sullo sfondo non c’è soltanto la variabile ceppo Omicron. La pressione stava già crescendo all’interno del cartello dopo il rilascio, la scorsa settimana, delle riserve di greggio di emergenza da parte degli Stati Uniti e di altre principali nazioni consumatrici di petrolio per affrontare l’aumento dei prezzi.
Di fatto, si era innescata una sorta di sfida aperta tra l’organizzazione e gli USA.
“In seguito al rilascio delle riserve strategiche globali e all’annuncio di dozzine di Paesi che limitano i viaggi da e per il Sudafrica e le nazioni vicine, l’OPEC e i suoi alleati possono facilmente giustificare un arresto della produzione o anche un leggero taglio della produzione”, ha affermato l’analista di OANDA Edward Moya in una nota su Reuters.
Tuttavia, gli esperti di Citi si aspettano che l’OPEC+ continui ad aggiungere altri barili a gennaio. Questo anche perché le aggiunte mensili effettive del cartello sono state in media di 262.000 b/g invece di 400.000 b/g, data l’incapacità di alcuni Paesi OPEC+ di produrre al livello dei loro benchmark per mancanza di investimenti.
3. Iran e i negoziati sul nucleare
In questi concitati giorni per il greggio, è tornato alla ribalta anche il fattore Iran.
Gli investitori stanno seguendo i colloqui in ripresa in settimana, volti a rilanciare l’accordo nucleare iraniano del 2015 con le potenze mondiali.
Il successo dei negoziati di Vienna potrebbe significare la revoca delle sanzioni all’economia iraniana, portando a una ripresa dei suoi flussi ufficiali di petrolio.
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