Mercati pronti a un’altra settimana piena di rischi: 5 temi chiave possono ancora impattare su Borse, valute, obbligazioni e far ripiombare la finanza globale nell’incertezza.
I mercati si preparano a un’altra settimana ricca di spunti, con almeno 5 segnali di allerta.
Stati Uniti, Giappone, Eurozona spiccano tra i maggiori protagonisti della finanza globale, con la pubblicazione di dati macroeconomici importanti che potrebbero offrire indicazioni preziose soprattutto sulle prossime decisioni delle banche centrali.
Anche gli utili saranno al centro dell’attenzione, con i membri dei “Magnifici 7” che presenteranno i loro risultati, insieme a importanti gruppi bancari.
I mercati si trovano a operare in un contesto di nuovo pieno di incertezza, cosa aspettarsi la prossima settimana? I temi in focus sono 5.
1. Inflazione Usa, a che punto siamo?
I dati sull’inflazione negli Stati Uniti del 26 luglio metteranno alla prova le crescenti aspettative del mercato, secondo le quali la Fed taglierà quasi sicuramente i tassi di interesse nei prossimi mesi.
Secondo un sondaggio Reuters, si prevede che l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali (PCE) di giugno salirà dello 0,1% su base mensile.
La pubblicazione del rapporto arriva dopo un’altra lettura dell’inflazione, l’indice dei prezzi al consumo, sceso a giugno per la prima volta in quattro anni. Quel rapporto più freddo del previsto ha innescato una rotazione nei titoli azionari e ha consolidato le aspettative del mercato che la Fed sia pronta a diminuire il costo del denaro.
leggi anche
Le elezioni Usa spaventano davvero le banche?
Jerome Powell ha affermato che le letture dell’inflazione del secondo trimestre “aumentano in qualche modo la fiducia” che il ritmo degli aumenti dei prezzi stia tornando all’obiettivo della Fed in modo sostenibile.
Ogni dato Usa sarà quindi passato al setaccio.
2. Giappone in focus con l’inflazione
Anche il dato sull’inflazione giapponese è al centro dell’attenzione.
Il rapporto sui prezzi di Tokyo del 26 luglio rappresenterà l’ultimo aggiornamento prima della riunione della Banca del Giappone (BOJ) del 31 luglio, durante la quale le prospettive di un aumento dei tassi da parte della banca centrale restano incerte.
Un’accelerazione nei dati sull’inflazione di luglio potrebbe alimentare le aspettative di un ulteriore inasprimento della politica monetaria nel breve termine, anche se un rallentamento probabilmente farebbe venir meno tali scommesse e peserebbe sullo yen.
Gli analisti affermano con uno yen debole, che quest’anno è sceso di circa il 10% rispetto al dollaro, potrebbero aumentare la probabilità che l’inflazione resti ben al di sopra dell’obiettivo del 2% della BOJ, sebbene ciò abbia inavvertitamente danneggiato le famiglie.
Sebbene gli ultimi cicli di sospetti interventi da parte di Tokyo abbiano allontanato la valuta dal minimo degli ultimi 38 anni, è probabile che qualsiasi impatto sia di breve durata, finché i differenziali di tasso con gli Stati Uniti non si saranno ridotti.
3. Eurozona, dilemma crescita
L’economia della zona euro si sta rivelando un enorme dilemma per la Banca centrale europea, poiché la crescita complessiva è stata lenta, ma la forza del settore dominante dei servizi, sostenuto dal turismo, ha mantenuto le pressioni inflazionistiche eccessivamente elevate.
Gli indici flash dei responsabili degli acquisti, pubblicati il 24 luglio, mostreranno se la sfida della Bce sta diventando più facile.
Gli indici PMI della zona euro, basati sulle osservazioni dei responsabili aziendali sulle tendenze dei prezzi e della domanda, potrebbero essere particolarmente influenti dopo che la banca centrale europea ha mantenuto i tassi di interesse al 4,25% e si è rifiutata di fornire indicazioni future, affermando che erano “dipendenti dai dati”.
I mercati monetari stanno fermamente scontando un taglio dei tassi a settembre, sostenendo per ora le azioni della zona euro, i titoli di Stato e l’euro, ma aumentando anche il livello di rischio di qualsiasi risultato PMI che potrebbe modificare la visione della Bce. Un indicatore dei servizi troppo alto sarebbe un allarme per l’inflazione, uno basso indicherebbe una ripresa in crisi.
4. Banche europee al test trimestrali
La serie di miglioramenti della redditività e di aumenti dei prezzi delle azioni delle banche europee affronta un’ultima prova, con l’entrata in vigore degli utili del secondo trimestre.
La chiave è l’andamento del reddito netto da interessi, che le banche hanno visto salire grazie ai tassi più alti, ora che la Bce si appresta a diminuire ancora il costo del denaro e la Banca d’Inghilterra si prepara ad allentare.
Gli investitori vorranno anche vedere come se la cavano i creditori mentre l’incertezza politica si intensifica: le azioni delle banche francesi sono crollate bruscamente durante le recenti elezioni.
Un mercoledì movimentato vede la Deutsche Bank, Lloyds della Gran Bretagna, BNP Paribas in Francia, Santanderin Spagna, UniCredit in Italia riferire i risultati finanziari.
Gli analisti affermano che il riassunto delle aziende statunitensi finora è che i ricavi più consistenti dell’investment banking dovrebbero dare una spinta ai finanziatori con grandi divisioni di investment banking come Deutsche e la svizzera UBS, ma i mercati hanno poca tolleranza per i dati deludenti sui redditi da interessi.
5. Trump, guerra, mercati emergenti: cosa può accadere?
La notizia che Donald Trump ha scelto JD Vance come suo vice per le elezioni presidenziali di novembre ha avuto un impatto particolarmente forte sui mercati emergenti, e in particolare in Ucraina.
L’analisi di Reuters ha ricordato che Trump ha promesso da tempo di mediare la fine della guerra con la Russia e con Vance ha scelto qualcuno che ha pubblicamente messo in dubbio se sostenere Kiev sia necessariamente nell’interesse degli Stati Uniti.
Per i mercati, questo è un aspetto da tenere d’occhio. L’Ucraina ha appena proposto il suo primo aumento delle tasse in tempo di guerra e sta intensificando i colloqui su una ristrutturazione del debito sovrano da 20 miliardi di dollari con società come BlackRock e PIMCO. Le valute dell’Europa orientale stanno diventando di nuovo nervose.
La riduzione delle armi e del supporto da parte degli Stati Uniti sarebbe una catastrofe per l’Ucraina secondo diversi analisti. Ma un accordo rapido per porre fine alle ostilità potrebbe significare che l’imponente sforzo di ricostruzione inizi molto prima di quanto molti avessero sperato, anche se lascerebbe molti dubbi persistenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA