Come funziona l’app Immuni: download, attivazione, privacy del sistema per tracciare i contagi da coronavirus. Cosa fare in caso di notifica? La guida completa.
Come funziona l’app Immuni: l’applicazione per smartphone basata sul contact tracing scelta dal per tracciare i contagi da coronavirus: il funzionamento dell’app, disponibile al download su iOS e Android, è semplice. Tante le domande sul suo funzionamento, come che fare in caso di notifica, e privacy.
Immuni è attiva da diversi mesi in tutta Italia e dopo un periodo di diffidenza sta conoscendo una lenta e progressiva diffusione. L’app spia gli utenti? Ovviamente no.
Facciamo il punto della situazione sull’app che tanto potrebbe essere centrale in questa seconda fase di convivenza con il coronavirus.
Immuni, guida all’app di Contact Tracing
- Immuni: come funziona
- Immuni: quali dati sono richiesti e attivazione
- Immuni: notifica del contagio, cosa fare?
- Immuni: come viene rilevato il contagio e tracciati gli utenti?
- Immuni: spenta o accesa, si può disattivare?
- Immuni: uscita e download
- Immuni: è obbligatorio scaricare l’app?
- Immuni: chi conserva i dati e privacy
- Immuni: chi c’è dietro all’app
Come funziona l’app Immuni
Ma come funziona davvero Immuni? L’applicazione sfrutta la tecnologia bluetooth basandosi sul modello indicato da Google e Apple, frutto di una storica alleanza per tracciare il coronavirus. Attraverso il bluetooth, l’app rileva la vicinanza fra due dispositivi e registra sullo smartphone di ciascun cittadino una lista di codici identificativi anonimi di tutti i device con cui è entrato in contatto.
Quando a un utente viene fatto il tampone e risulta positivo un operatore sanitario (che sarà in possesso di un’altra app dedicata) vi richiederà il codice contenuto all’interno dell’app, univoco e generato più volte in maniera causale. Una volta inserito nel sistema il sistema di cloud computing invierà una notifica con il rischio di esposizione al coronavirus a tutti gli utenti entrati a contatto con voi nel periodo finestra identificato come a rischio.
Niente geolocalizzazione ma un sistema di tracciamento basato sul bluetooth a cui gli utenti si sottopongono su base volontaria. L’obiettivo dell’app italiana, e dell’Unione Europea che vigila e detta le regole sulla realizzazione di questo tipo di app, è di arrivare a soluzioni diverse per il tracciamento dei contatti.
Non uno spiare le attività private dei cittadini, ma creare uno strumento utile per ripartire con la quotidianità e prevenire l’arrivo di nuovi contagi.
Immuni e privacy: quali dati sono richiesti?
Una volta scaricata e avviata l’app avremo tutta una serie di voci da attivare e di permessi da concedere per far funzionare Immuni.
Viene richiesta l’attivazione del bluetooth e il consenso a entrare in contatto con l’utente in caso d’emergenza, oltre ai permessi relativi alla notifica del contagio (che vedremo nei prossimi paragrafi).
Si aggiungono poi dati riguardanti la nostra posizione geografica: Regione e provincia d’appartenenza. Attenzione, rilasciare questi dati non significa indicare o attivare la propria posizione esatta in tempo reale (Immuni non utilizza il GPS). I dati raccolti serviranno a rendere più settoriali e circoscritte le informazioni.
Sulla questione privacy è garantito l’anonimato: l’app non associa nome e cognome degli utenti ma un codice alfanumerico unico per ogni profilo che dovrà essere utilizzato quando un utente risulterà positivo al test.
App Immuni: la notifica del contagio, come funziona e cosa fare
La tecnologia bluetooth permetterà di registrare se lo smartphone sia entrato a contatto o meno nei giorni precedenti con una persona risultata positiva al coronavirus: se questo dovesse verificarsi, l’utente riceverà una serie di avvisi e notifiche che indicheranno i comportamenti da seguire, invitandolo alla prevenzione come l’autoisolamento e test diagnostico.
La procedura, come possiamo dedurre dallo screen, viene attuata attraverso un avviso che notificherà l’utente di turno in merito a un presunto contatto a rischio con un positivo al COVID-19. L’app non indicherà il nome o con chi siamo entrati in contatto, ma solo quando è stato rilevato il presunto incontro a che potrebbe averci esposto al coronavirus.
Non è possibile sapere chi ci ha contagiato, i codici associati ai due utenti sono in mano alle autorità sanitarie incaricate di inviare le preziose notifiche: a noi spetterà ricostruire i contatti avuti nei giorni precedenti in modo da identificare il possibile contagio.
Se abbiamo ricevuto la notifica avremo troveremo consigli su come procedere e un bottone arancione con il quale si potrà confermare o meno la presenza di sintomi da COVID-19 a seguito dell’avvenuto contatto con un caso positivo.
Immuni: come viene rilevato il contagio e tracciamento utenti
Come funziona il rilevamento dei contatti tramite Immuni? Ipotizziamo di utilizzare l’app e di avere quindi attivo il bluetooth e di incontrare un altro utente che ha preso parte al programma: il nostro contatto verrà rilevato e misurato con intervalli di 5 minuti fino a un tempo massimo di 30 minuti.
Cosa significa e cosa cambia con questo? Se entriamo in contatto con la medesima persona in diversi momenti della giornata e questa risulta positiva al COVID-19 verrà sempre contato un tempo massimo di mezzora (andando a sommare tutti gli intervalli di tempo avuti, da un incontro di 5 minuti per un caffè a 25 minuti per un pranzo insieme e così via).
Immuni, app spenta o accesa: si può disattivare?
La sorpresa arriva dal fatto che l’app Immuni può essere disattivata a nostro piacimento nel corso della giornata.
Il funzionamento è infatti in linea con l’attivazione o meno del bluetooth: disattivandolo, magari per risparmiare batteria, perdiamo la possibilità di tracciare i nostri contatti. Sulla questione c’è già qualche dubbio: i dati, se il tracciamento è attivato o disattivato a piacimento degli utenti, potrebbero essere falsati anche alla luce di un numero di download elevato?
La misura è stata in realtà adottata per proteggere la libera scelta degli utenti e garantire il massimo della privacy: i dati raccolti saranno utili alle istituzioni sanitarie per capire l’andamento dei contagi ed essere preparati a un relativo sovraffollamento delle terapie intensive.
Immuni: uscita, download e smartphone compatibili
Per scaricare l’app è necessario un aggiornamento per iOS e Android: fondamentale iOS 13.5 per iPhone e Android 6 o superiore con l’ultimo aggiornamento 20.18.13 di Google Play Services.
Se scaricherete l’app senza aggiornare una volta avviata sarete invitati ad aggiornare il sistema operativo:
- qui il link per scaricare Immuni su iOS;
- qui il link per scaricare Immuni su Android.
Immuni: è obbligatorio scaricare l’app?
Nonostante le polemiche dei primi mesi, è il premier Conte a mettere l’ultima parola sull’obbligo o meno di scaricare l’app: nell’intervento in Senato del 21 aprile il Presidente del consiglio ha chiarito che Immuni non sarà obbligatoria e il suo download sarà possibile su base volontaria.
Come dichiarato:
«Un’adeguata applicazione informativa immediatamente disponibile su smartphone è uno strumento essenziale per accelerare questo processo. Questa applicazione sarà offerta su base volontaria e non su base obbligatoria, faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non subirà limitazione di movimenti o altri pregiudizi»
.
Sciolti quindi i dubbi in merito alle dichiarazioni che prevedevano una limitazione degli spostamenti per chi non acconsentiva al download dell’app. Resta da capire allora quanto sarà utile questo strumento, visto che stando alle stime degli esperti per far sì che sia efficace occorre un download da parte del 65% delle popolazione italiana (quindi circa 30 milioni).
Riportando quanto emerso dal decreto legge: «alcuna limitazione o conseguenza in ordine all’esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati».
Immuni: chi conserva i dati degli utenti e privacy
Agli utenti più a rischio -quelli cioè che sono stati più a contatto con il positivo- viene quindi inviata una notifica sullo smartphone.
Questo ha sollevato un nuovo dubbio circa l’utilizzo dei dati personali dei cittadini: dove finiscono e dove vengono conservate le informazioni condivise dai singoli utenti?
È il ministro Boccia a sottolineare che le informazioni saranno gestite dallo Stato e saranno completamente anonime. La conservazione dei dati è ancora oggetto di analisi: i server potrebbero essere posizionati in una struttura del ministero della Difesa o dell’Interno o in altre zone già schermate da sistemi di sicurezza avanzati come per esempio le caserme.
Non saranno però le Forze dell’ordine a gestire le informazioni: si valuta l’ipotesi su chi sarà a occuparsi dell’invio della notifica alle persone che sono potenzialmente entrate in contatto con una persona infetta. Le varie Asl potrebbero giocare un ruolo di primo piano ma molto dipenderà dalle singole amministrazioni regionali.
Chiarimenti sempre dal decreto legge del 30 aprile: presso il ministero della Salute, sarà istituita una piattaforma per il tracciamento dei contatti stretti tra i soggetti che installeranno, su base volontaria, un’apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile. L’applicazione sarà complementare rispetto alle ordinarie modalità già in uso da parte del Servizio sanitario nazionale.
Il passaggio continua:
“Il ministero adotterà misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati, sentito il Garante per la protezione dei dati personali [...] i dati personali raccolti dall’applicazione saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti il possibile incontro avvenuto tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al COVID- 19, nonché ad agevolare l’eventuale adozione di misure di assistenza sanitaria in favore degli stessi soggetti”
.
Chiosa finale quindi sull’utilizzo e conservazione dei dati raccolti:
“I dati relativi ai contatti stretti sono conservati, anche nei dispositivi mobili degli utenti, per il periodo strettamente necessario al trattamento, la cui durata è stabilita dal ministero della Salute. I dati sono cancellati in modo automatico alla scadenza del termine. I dati raccolti non possano essere trattati per finalità diverse da quelle indicate nello specifico, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per fini di sanità pubblica, profilassi, finalità statistiche o di ricerca scientifica”.
Immuni: chi c’è dietro all’app
Anonimato: questa sembra essere la parola d’ordine dell’app Immuni, che punta molto sull’uso volontario degli utenti.
Nell’ordinanza che ha dato il via libera all’app leggiamo che:
“Bending Spoons, esclusivamente per spirito di solidarietà e quindi, al solo scopo di fornire un proprio contributo volontario e personale per fronteggiare l’emergenza Covid in atto, ha manifestato la volontà di concedere in licenza d’uso aperta, gratuita e perpetua al commissario Arcuri e alla presidenza del Consiglio dei ministri il codice sorgente e tutte le componenti applicative facenti parte del sistema di contact tracing già sviluppate nonché, per le medesime ragioni e motivazioni, sempre a titolo gratuito, ha manifestato la propria disponibilità a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari per consentire la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale”.
L’uso dei dati viene coordinato dal Centro Diagnostico Santagostino, che ha il compito di organizzare gli interventi sanitari necessari qualora venissero rilevati dall’applicazione in collaborazione con le asl di turno, e da Jakala, una compagnia italiana specializzata nell’analisi e nel trattamento dei dati: a loro spetterà la lettura e la schematizzazione applicativa delle informazioni raccolte con Immuni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA