Banche Italia: effetto spread arriverà fra 3-6 mesi e peserà soprattutto sugli istituti non quotati

Alessio Trappolini

12 Settembre 2018 - 15:10

Un report di Equita Sim mostra che l’effetto spread non ha ancora impattato i volumi di business delle banche visto il consueto ritardo di 3-6 mesi nel repricing. Le piccole non quotate saranno le più penalizzate in quanto maggiormente esposte ai titoli di Stato italiani

Banche Italia: effetto spread arriverà fra 3-6 mesi e peserà soprattutto sugli istituti non quotati

Pare che l’ultima parte di agosto e l’inizio di settembre abbiano giovato al settore bancario italiano, non solo sotto il profilo della Borsa. Nelle ultime settimane infatti l’indice FTSE Italia All-Share Banks ha recuperato i livelli di metà agosto, con molte banche tricolori che in Borsa si sono imposte fra le migliori del listino principale.

I dati di Banca d’Italia snocciolati ieri e relativi a luglio in effetti confermano il trend dei mesi precedenti, ossia che il sistema creditizio italiano è tornato a svolgere bene la sua funzione principale: erogare denaro. I dati ci dicono che i prestiti concessi dalle banche del Belpaese sono saliti del 2,6% rispetto al luglio del 2017, confermando dunque il tasso di crescita del mese precedente.

Particolarmente fluida la dinamica dei mutui concessi alla clientela retail, saliti del 5% su base annua a 7 miliardi di euro, il livello più elevato dal 2016. A giovare sulla redditività degli istituti anche “il leggero calo dei margini a 1,74% legato sia al mark-up che al mark-down”, sottolineano gli esperti di Equita Sim, sebbene i tassi sulle erogazioni siano scesi sia nel segmento Corporate che Retail (rispettivamente di -1 e -2 punti base).

Effetto spread: piccole non quotate le più penalizzate

Equita Sim commenta così: “L’insieme di questi elementi ci porta a dire che l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato non si è ancora trasmesso sui volumi di business delle banche visto il consueto ritardo di 3-6 mesi nel repricing. Nel breve invece potrebbe penalizzare il costo della raccolta e di conseguenza i margini”.

Infatti l’esposizione ai bond sovrani domestici è stabile (+1% rispetto al mese precedente, pari a 3 miliardi in più) a 374 miliardi di euro, dopo il significativo aumento registrato a giugno (+17 miliardi rispetto a maggio).

“Da notare che le banche quotate, il cui portafoglio bond sovrani pesa per il 45% del totale di settore, hanno contribuito meno che proporzionalmente (33%) all’aumento nello stock del secondo trimestre – scrivono gli esperti della sim milanese -, a conferma che gran parte degli acquisti è concentrato sulle non quotate. Il CET1 di queste ultime dovrebbe risultare quindi più vulnerabile ad aumenti di spread (-38 punti base t/t per le banche quotate nel secondo trimestre a fronte di circa 100 punti base di allargamento)”.

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