Perché molte banche della Svizzera hanno deciso di non accettare più versamenti in contanti da parte dei contribuenti europei ma non di quelli sudamericani? Ecco cosa sta succedendo.
L’accordo fiscale tra Italia e Svizzera continua a produrre nuovi effetti non solo sui correntisti italiani ma anche sulle stesse banche elvetiche che negli ultimi mesi hanno cominciato ad applicare nuove e più severe norme anche sui versamenti in contanti.
Dopo la notizia del blocco, o della restrizione, dei prelievi per i lavoratori transfrontalieri, arrivano altre sorprendenti novità da un’inchiesta realizzata dalla TV spagnola Telecinco, dalla quale si apprende che molte banche della Svizzera non accetterebbero più versamenti in contanti da cittadini europei e statunitensi, anche se continuerebbero a farlo, almeno in alcuni casi da cittadini di altri Paesi.
Per effetto degli accordi definiti con l’Italia ma anche con molti altri Paesi, riguardo alla trasparenza fiscale e al segreto bancario, molte banche svizzere hanno scelto di rifiutare, nella quasi totalità dei casi, i versamenti in contanti da parte dei propri correntisti perché, nella maggior parte dei casi, sarebbero indice di operazioni fiscali poco trasparenti e, quindi, frutto dell’evasione fiscale.
Il reportage dei giornalisti spagnoli, realizzato a Ginevra ha, però, messo in luce anche altri aspetti di questo nuovo fenomeno. Gli inviati, muniti di telecamere nascoste, infatti, hanno finto di essere dei potenziali correntisti intenzionati ad aprire un conto con denaro in contante di cui non veniva chiarita in modo esaustivo la provenienza e si sono trovati di fronte a due generi di risposte differenti.
Nella maggior parte dei casi i presunti correntisti sono stati educatamente messi alla porta con la motivazione che l’istituto di credito voleva
«avere la certezza che la vostra situazione sia stata regolarizzata»
In altri casi, i giornalisti spagnoli, che si fingevano potenziali clienti, sono stati anche invitati a evitare possibili scorciatoie ed eventuali comportamenti sospetti, tollerati fino a pochi mesi fa, e a fornire la documentazione necessaria per aprire il conto, spiegando l’origine dei propri capitali. Questa seconda soluzione si sarebbe rivelata la più conveniente dal momento che - come si sono sentiti dire i giornalisti - :
«Indubbiamente la Svizzera è più stabile politicamente della Spagna, che rischia di trovarsi gli indignati di Podemos al potere»
In altri termini, i gestori patrimoniali al lavoro negli istituti di credito svizzeri, pur avendo cambiato atteggiamento nei confronti degli evasori fiscali, dai quali non vengono più accettati versamenti in contanti e denaro di dubbia provenienza, continuano comunque a tenere alta la bandiera del proprio Paese e del proprio sistema bancario, garantendo affidabilità e sicurezza a tutti quei contribuenti, soprattutto europei e statunitensi che decideranno di rispettare le nuove regole fiscali, imposte dai recenti accordi sul segreto e la trasparenza bancaria.
In apparenza si tratta di un totale cambio di rotta che sancisce la fine dell’idea che la Svizzera sia un paradiso fiscale ma questa è solo una mezza verità, dal momento che gli stessi giornalisti spagnoli, almeno in alcuni limitati casi, hanno ricevuto una risposta di tenore differente, con la quale è stato spiegato che
«si può tentare di aggirare lo scambio automatico di informazioni, utilizzando una nostra filiale in Uruguay (...) con un passaporto dell’America Latina le cose cambiano»
Il segreto bancario, che ha costituito per anni una delle principali caratteristiche fiscali della Svizzera, quindi, non è più in vigore per i correntisti europei e nordamericani ma è tutt’altro che abolito per i correntisti sudamericani ovvero per i clienti di quei Paesi che ancora non prestano grande attenzione al tema dell’evasione fiscale.
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