Intervista a Paolo Becchi, che ha spiegato come a suo avviso l’operato di Christine Lagarde, che sta proseguendo la strada tracciata da Mario Draghi, renderebbe non necessario un ricorso al MES o al Recovery Fund.
Con Paolo Becchi abbiamo ricostruito il senso del nuovo decreto, con il filosofo che ha spiegato come “nel nostro Paese spesso si tende a dimenticare quello che è avvenuto, abbiamo visto cosa è successo con l’emergenza e con il tentativo fatto da Conte di prolungarla sventato all’ultimo momento dal Presidente della Repubblica”
Nel corso di un’intervista per Money.it, Becchi ha spiegato il significato di questa affermazione, sostenendo che nel decreto legge, firmato dal Presidente della Repubblica, era presente una formulazione ambigua che dava una possibilità di lettura: lo stato di emergenza poteva essere prolungato per altri 6 mesi.
“Prolungare di altri 6 mesi lo stato di emergenza, sulla base delle constatazioni empiriche, dal momento che non mi pare si possa più parlare di emergenza, aveva un significato politico, quello di continuare a fare quello che fino ad ora Conte ha fatto”,
Spiega Becchi, aggiungendo che sarebbe stato un grosso rischio per la democrazia. “Questo pericolo è stato sventato perché è stata cambiata la formulazione” di un articolo con cui veniva proibito il prolungamento dello stato di emergenza. Tuttavia, “Conte non ha escluso, entro il mese di giugno, di proclamare nuovamente lo stato di emergenza”.
“Se si riuscirà a prolungare per altri 6 mesi questa situazione, sarà un fatto gravissimo, ed è stato sbagliato anche da parte delle opposizioni non accorgersi di quello che stava succedendo, e che non abbiano considerato questo aspetto”, incalza il professore aggiungendo che adesso il Governo Conte “dovrebbe iniziare a pensare ai problemi economici”.
L’Italia ha bisogno di “tantissima liquidità”
Il Governo adesso dovrebbe garantire il rilancio economico per cui dovrà attuare degli interventi sotto questo punto di vista. “Prima che il nuovo decreto venga pubblicato”, continua Becchi, “mi auguro che venga migliorato e reso ancora più efficace, perché ci sono cittadini che stanno soffrendo, e che quindi possa rispondere alle esigenze delle persone”.
Il Governo ha ancora a disposizione 2 mesi per approvare il decreto e il professore si augura che non venga approvato “a scatola chiusa”, ma dal momento che è un documento piuttosto articolato, “facciano una cosa adeguata”. La lunghezza del testo spaventa Becchi che sostiene che “maggiore è la lunghezza, più è difficile raggiungere uno scopo” e il rischio di questo documento sembra proprio essere questo.
Per ripartire, l’Italia non ha bisogno di documenti, ma “di tantissima liquidità”, che in parte sta arrivando dalla Banca Centrale Europea, ma questo non basterà, decisivo sarà l’intervento dello Stato. “Far ripartire il Paese dopo 2 o 3 mesi di chiusura totale non sarà semplice”, conclude Becchi, aggiungendo che “i nodi economici verranno al pettine”.
In Italia lockdown come in Cina
Le misure attuate dal Governo sono risultate eccessive per Becchi, il quale sostiene che l’Italia è stato l’unico paese ad aver attuato una chiusura come la Cina, mentre in Germania e negli altri Paesi nordici, le politiche di contenimento sono state più morbide.
“La Germania non l’ha affronta (l’emergenza sanitaria, ndr) come l’abbiamo affrontata noi, e non a caso, non si trova nelle difficoltà in cui ci troviamo noi. Siamo in grande difficoltà anche perché si è deciso di chiudere qualsiasi tipo di attività produttiva, tranne quelle strettamente necessarie. Sarà un’impresa molto difficile quella che attende il Governo”.
Cosa avrebbe dovuto fare il Governo?
La soluzione ottimale per gestire l’emergenza in Italia secondo il professore sarebbe dovuta essere quella di suddividere il Paese in diverse in aree base al tasso dei contagi, che hanno colpito principalmente il Nord della nazione.
“Bisognava isolare questa area e cercare di controllare quello che stava accadendo, mantenendo le più ampie libertà possibili in tutto il resto del paese”.
Spiega Becchi, aggiungendo che molto probabilmente la chiusura totale del Governo è stata dettata anche dalle influenze e dai consigli dei virologi e dal Comitato Tecnico Scientifico che hanno influito enormemente sulle decisioni del governo, ritenute “del tutto inadeguate” da molti.
Il MES e il Recovery Fund non servono
“Ora appare evidente che la situazione è chiaramente spostata dall’emergenza epidemiologica a quella economica - ha spiegato Becchi - Le scelte il Presidente del Consiglio le ha indicate, si potrà discutere di MES che molti vogliono e lui prima o poi lo accetterà, ma con i problemi che ha con il Movimento 5 Stelle tende al momento ancora a non prendere una posizione chiara, poi c’è il problema del Recovery Fund”.
Secondo l’accademico “la Lagarde infiaschiandosene della sentenza della Corte Costituzionale tedesca, ha continuato del tutto indifferente a fare quello che faceva Draghi, cioè immettere costantemente liquidità all’interno del mercato”.
“Ora il problema è il seguente - ha poi aggiunto il filosofo - Se la Lagarde continuerà in questa impresa e non cambierà nulla rispetto a quello che già faceva Draghi, se la Banca Centrale Europea continua a fare questo ma che bisogno c’è del MES e del Recovery Fund? Io non ne vedo alcun bisogno, in ogni caso ci chiedono di fare qualcosa in cambio? Mi pare di sì, non è che questi soldi vengano regalati e secondo me non è questa la soluzione e comunque ci chiedono delle cose in cambio, allora perché dovremmo metterci in questa logica quando la BCE ha praticamente già risolto il problema”.
In conclusione per Paolo Becchi “chi è che ha già sconfitto il precedente MES? Draghi con la sua politica, gli Stati non hanno aderito al MES proprio perché c’era Draghi che faceva quel che faceva, il peggior nemico del MES è stato Draghi non i sovranisti… ora se la Lagarde fa esattamente la stessa cosa, diventa lei stessa la nemica del MES e noi italiani dovremmo, come scrive Zingaretti, dire sì al MES? Mah, che livelli di politica abbiamo raggiunto!”.
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