Bitcoin è «veleno per topi»? Cosa ci dice JP Morgan

Pierandrea Ferrari

23 Giugno 2021 - 12:50

JP Morgan ha tastato con un sondaggio il sentiment degli investitori sul Bitcoin e le altre criptovalute: ecco i risultati.

Bitcoin è «veleno per topi»? Cosa ci dice JP Morgan

In un contesto del tutto particolare per Bitcoin&Co., fiaccati dalla stretta regolatoria cinese sulle mining farm e sui servizi in criptovaluta prestati dalle banche e dai servizi di pagamento elettronici, arrivano i risultati di un sondaggio condotto dalla multinazionale USA JP Morgan per tastare il sentiment degli investitori sulle divise digitali, alla luce anche dei chiari di luna che hanno innescato un altro pesante pullback dopo le maxi-perdite di maggio: ecco i risultati.

Bitcoin è “veleno per topi”? Cosa ci dice JP Morgan

Quello che emerge è uno scenario fortemente polarizzato, con il 51% degli intervistati che vede nel Bitcoin e nelle altre criptovalute degli asset class destinati a restare, pur riconoscendo il limite dell’alta volatilità, mentre il restante 49% sembra storcere il naso. Nel dettaglio, tra quest’ultimi il 33% considera le valute virtuali “veleno per topi” – riprendendo la celebre stoccata di Warren Buffett di inizio anno – e il 16% una “mania temporanea”.

L’ago della bilancia, nonostante un sostanziale pareggio tra bear e bull, sembra però pendere dalla parte dei primi. Nel sondaggio di JP Morgan, infatti, si rileva come solo il 10% delle società intervistate stia attualmente investendo sulle criptovalute. E del restante 90%, che si tiene alla larga dagli asset digitali per via dell’alta volatilità, l’80% dichiara di non prendere in considerazione futuri investimenti. Inoltre, il 62% della torta sostiene che il crypto-mercato sia in bolla, così come già emerso da un precedente sondaggio condotto da Bank of America.

Nuove regolamentazioni sul Bitcoin?

C’è un aspetto, però, sul quale gli investitori tendono a concordare. Poco più dell’80% crede infatti che il Bitcoin sarà interessato da nuove regolamentazioni, oltre a quelle già implementate dalle alte sfere di Pechino. Stretta che può avere però una doppia chiave di lettura: deterrente per gli investimenti sulle criptovalute o atto di riconoscimento di quest’ultime come asset class.

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