Facebook e Twitter hanno rimosso alcuni post di Bolsonaro, accusato di fare disinformazione sul coronavirus. Ecco cosa ha pubblicato il presidente brasiliano.
Twitter e altri social network hanno deciso di rimuovere alcuni post pubblicati da Jair Bolsonaro dalle proprie piattaforme. Il motivo è che il presidente brasiliano contribuisce a fare disinformazione sul coronavirus e a minimizzarne i rischi, traducendosi in una minaccia per la salute della popolazione.
Sappiamo ormai che il virus si è diffuso in tutto il mondo, coinvolgendo Asia, Europa e America del Nord. Ora però si stanno cominciando a registrare casi anche in Africa e America Latina, Paesi vulnerabili e dall’economia fragile. Se il COVID-19 dovesse diffondersi in maniera massiccia anche in queste zone, la situazione diventerebbe davvero insostenibile. Il sistema sanitario infatti versa in condizioni abbastanza precarie e le strutture ospedaliere non sono idonee a contenere una diffusione massiccia del virus.
La prima regola dunque è rispettare le misure restrittive per evitare la diffusione di contagio, e promuoverle affinché tutti le rispettino. Ma Bolsonaro va controcorrente, ed è per questo che Twitter, Facebook e Instagram hanno deciso di intervenire per rimuovere i contenuti da lui prodotti perché ritenuti dannosi.
Facebook e Twitter: Bolsonaro fa disinformazione sul coronavirus
Domenica 29 marzo su Twitter erano apparsi due video di Bolsonaro, in cui si poteva vedere il presidente brasiliano camminare per le strade di Brasilia e fermarsi a interagire con i passanti. Il presidente nelle clip elogiava tutte le persone che continuano a lavorare in questo periodo, osteggiando invece le misure di isolamento sociale. Il presidente affermava inoltre che solo gli over 65 anni dovrebbero rispettare la regola di restare a casa, assicurando la disponibilità di farmaci contro il coronavirus nel Paese e consigliando l’uso della clorochina per curare l’infezione, nonostante gli scienziati si stiano ancora interrogando sulla reale efficacia di questo trattamento.
Ma queste clip oggi non sono più visibili sul social. Al posto dei tweet infatti si può leggere l’avviso: “Questo tweet non è più disponibile poiché vìola le regole di Twitter”. In una nota inviata ai media locali, il social ha voluto giustificare così la sua scelta: “Twitter ha annunciato recentemente l’allargamento in tutto il mondo delle sue regole per cancellare contenuti che vanno contro le orientazioni diffuse dagli organi ufficiali in materia di salute pubblica e che possono aumentare i rischi per le persone di contrarre o diffondere il coronavirus”. Bolsonaro per tutta risposta si è limitato a commentare: “Non voglio commentare, si tratta di un’azienda particolare”.
Dopo Twitter, anche Facebook e Instagram sono intervenuti in questi giorni rimuovendo i post pubblicati da Bolsonaro. La motivazione è sempre la stessa: “Contenuti rimossi perché non rispettano gli standard”. Nell’ultimo video infatti il presidente sudamericano invitava la gente a tornare a lavorare per sostenere l’economia. Per i social, condividere contenuti di questo genere è considerato oltremodo rischioso, perché produce pericolosa disinformazione rispetto alle misure restrittive di auto-isolamento da adottare durante l’epidemia di coronavirus.
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I rischi del Brasile e dei Paesi più poveri
Fino agli inizi di marzo, l’Europa risultava al centro dell’emergenza COVID-19, con l’Italia che ha superato il numero di morti della Cina. Ora anche Iran, Spagna e Stati Uniti stanno riscontrando un’impennata del numero di contagiati e deceduti.
Secondo The Lancet, rivista scientifica inglese, i prossimi paesi a essere colpiti saranno Africa e America Latina. Stati come Brasile, Messico, Perù e Cile infatti già contano circa un migliaio di casi. A differenza degli altri falcidiati dal virus, però, la maggior parte dei Paesi africani e latinoamericani non hanno strutture adeguate per affrontare la pandemia: sono a disposizione infatti poche centinaia di ventilatori, e tanti ospedali sono anche privi delle terapie di base, come l’ossigeno. Questi sistemi sanitari sono piuttosto fragili e il rischio è che presto vengano surclassati dalla diffusione dell’infezione da COVID-19, che troverà terreno fertile tra le popolazioni più povere, costrette a vivere in quartieri sovraffollati e poveri, privi spesso di servizi sanitari di base.
Contro questa minaccia l’OMS ha promosso un programma di finanziamento COVID-19 Solidarity Response Fund, che è riuscito a raccogliere oltre 70 milioni di dollari per sostenere l’emergenza in queste zone. Alcune organizzazioni regionali invece hanno agito con provvedimenti stringenti, con la condivisione di corretta informazioni e ricevendo anche donazioni di forniture mediche.
Rispettare le regole dovrebbe essere l’imperativo da seguire. L’Europa e gli Stati Uniti hanno pagato infatti le conseguenze di aver rimandato l’adozione di misure stringenti. L’appello del Lancet dunque è “che la comunità globale tragga vantaggio dallo spirito di cooperazione emerso in queste settimane per evitare di ripetere questo errore nei Paesi più vulnerabili. L’OMS ha dato raccomandazioni chiare, efficaci e basate sui dati. Il mondo non è privo di una leadership efficace e globale. Il ruolo di coordinamento giocato dall’OMS deve continuare e i paesi e donatori devono continuare a supportarla in quest’azione”.
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