Le bombe russe al confine polacco dicono che Mosca non perdonerà il «lodo Draghi»

Mauro Bottarelli

13 Marzo 2022 - 18:00

Mentre il governo gioca a fare il Codacons sui rincari, la Russia colpisce una caserma con addestratori stranieri. E avvisa come i carichi di armi siano bersagli legittimi. Il Copasir batta un colpo

Le bombe russe al confine polacco dicono che Mosca non perdonerà il «lodo Draghi»

Al vertice europeo do Versailles sono rimbombate possenti pacche sulle spalle fra gli astanti, occupati a prefigurare gli unici con gli altri le magnifiche sorti e progressive dell’imminente default russo. Nel frattempo, il padrone di casa, Emmanuel Macron, rendeva noto a tutti - en passant - come nell’arco di 12-18 mesi l’Europa rischi seriamente un regime di instabilità alimentare legato alle sanzioni. In contemporanea, all’Antalya Diplomacy Forum, il numero uno della Nato, Jens Stoltenberg, sottolineava che è chiaro da molto tempo come la partnership dell’Ucraina nell’Alleanza non sia qualcosa da ritenersi imminente, né rilevante dell’agenda per l’immediato futuro.

Segnali contradditori. Al limite della bipolarità. Quantomeno volendo sposare la narrativa ufficiale di un Putin confuso e con le spalle al muro, alle soglie del fallimento economico e con mezzo esercito in modalità Bounty. In Italia, nel frattempo, la classe politica e il mondo dell’informazione prendevano atto con malcelata soddisfazione delle file ai bancomat di Mosca. Fuori dalla finestra, si potevano però notare quelle tutte domestiche ai distributori di benzina. Prontamente, il ministro Cingolani ha preso in mano la situazione e, tramutandosi in un novello Clark Kent, entrava simbolicamente nella cabina del telefono, uscendone travestito da Codacons. Speculazione inaccettabile sui prezzi del carburante, la sua accusa. Peccato che un esecutivo certe dinamiche dovrebbe prevenirle e non denunciarle, a cose fatte.

Ma al netto delle contraddizioni da film di Mel Brooks che con il passare delle ore emergono in seno alla risposta occidentale all’offensiva russa, l’Italia rischia di affrontare conseguenze decisamente più pesanti non solo di quelle dei propri partner ma anche di quanto non abbia messo in preventivo. Dopo aver avvisato gli Stati Uniti che i carichi di armi occidentali all’Ucraina verranno d’ora in poi ritenuti bersagli legittimi da colpire militarmente, Mosca ha bombardato una base militare a Yavoriv, meno di 30 chilometri dal confine con la Polonia, causando 35 morti. Praticamente, missili nel giardino di casa dell’Ue, tanto per rendere chiaro il concetto precedente. E a conferma di un’intelligence russa che non appare del tutto in disarmo, Mosca ha reso noto come all’interno dell’edificio militare fossero presenti addestratori stranieri. Come dire, sappiamo cosa stia accadendo dietro le quinte.

Ecco che, alla luce di uno sviluppo simile. sarebbe il caso che il Copasir si riunisse. D’urgenza. Perché l’ultima seduta del Comitato parlamentare di controllo sui servizi era servita per apporre il sigillo di segretissimo, il massimo grado di riservatezza su una scala di quattro, al dossier presentato dal ministro Guerini riguardante la fornitura militare italiana all’Ucraina. Insomma, le armi che dal nostro Paese raggiungono la Polonia e da lì, via terra, l’esercito o i paramilitari di Kiev impegnati in combattimento. Quel missili piovuti a pochi chilometri dall’Europa devono far pensare. E riflettere sull’azzardo insito in una propaganda unidirezionale che fino ad oggi ha dipinto la Russia come un pugile suonato, ormai prossimo al ko. Non è così. E le sanzioni occidentali - con il passare dei giorni - mostrano falle strutturali e ipocrite porte sul retro, a partire dal ridicolo bando Usa su caviale, vodka e diamanti ma senza che l’estromissione da SWIFT entri realmente a regime prima di giugno.

Ma perché l’Italia rischia di pagare un prezzo più alto degli altri, quasi quanto la crisi energetica e dell’agro-alimentare non fossero spoiler già abbastanza inquietanti? Perché solo quindici giorni prima dell’offensiva militare russa, quando i venti di guerra già spiravano e le intelligence si preparavano alla reazione, il nostro Paese si presentava due volte con l’abito buono a Mosca. Prima sotto forma di tavola rotonda fra CeO delle principali aziende del Paese direttamente con Vladimir Putin in persona, poi con una delegazione governativa con mandato operativo su almeno tre capitoli di investimento e partnership strategica fra i due Paesi, in primis Ansaldo.

Detto fatto, l’Italia - forse anche come reazione frustrata alla sua marginalizzazione nel processo diplomatico ufficiale - si è tramutata nell’ala più oltranzista in seno all’Ue, dopo un ultimo, maldestro tentativo di evitare l’estromissione di sette banche russe da SWIFT, stante i 25 miliardi di esposizione dei nostri istituti. Il codice della spia recita che non si dimentica e non si perdona. E Vladimir Putin lo conosce molto bene. Quindi, il fatto che quello che fino a un mese fa era ritenuto un Paese amico - e come tale era trattato - oggi sia alla guida del plotone di esecuzione configura un fortissimo rischio di rappresaglia. Anzi, vendetta.

Perché quello che potremmo definire un «lodo Draghi» sulla fornitura armi agli ucraini - con riferimento al patto segreto di non belligeranza contratto a inizio anni Settante fra l’allora ministro degli Esteri, Aldo Moro e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina - ha appena ricevuto un preavviso di risposta ai confini della Polonia. Cosa abbiamo fornito a Kiev a livello militare e magari di intelligence? Il Copasir prenda atto dello sviluppo drammatico appena accaduto. E, soprattutto, il Parlamento rifletta sull’eccessivo protagonismo italiano in quella che è diventata una chiara difesa delle posizioni di Kiev e non una volontà di interposizione per raggiungere un compromesso e una tregua.

Le piazze piene di bandiere ucraine e collegate con il presidente Zelensky che invita allo scontro con Mosca sono lussi che una diplomazia da G7 non si può permettere. Non a caso, nessun’altra nazione europea si è spinta tanto in avanti nel suo fiancheggiamento diretto alla causa ucraina. Persino gli Usa, quantomeno negli ultimi giorni, paiono decisamente sulla strada di abbandonare Zelensky al suo destino. Ovvero, la resa. Ne Il grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald esortava tutti a mostrare amicizia a un uomo finché è vivo e non quando ormai è morto. Il sospetto è che a Palazzo Chigi abbiano celebrato il funerale di Vladimir Putin con troppa fretta.

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