Brexit, è ufficiale la sentenza della Corte Suprema. Il ricorso di Theresa May è respinto, serve il Parlamento per attivare l’articolo 50.
Theresa May perde il ricorso: la sentenza della Corte Suprema definisce ufficialmente la necessità dell’approvazione del Parlamento prima di procedere con l’articolo 50 che attiva l’uscita del Regno Unito dall’UE - la Brexit.
Secondo la sentenza ufficiale della Corte Suprema del Regno sulla Brexit, è il parlamento - e non i ministri - ad avere l’autorità legale di approvare l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Alle 10:30 di questa mattina il presidente della Corte Suprema, Lord Neuberger, ha pronunciato chiaramente la decisione presa con una maggioranza di 8 voti contro 3.
La Corte Suprema del Regno Unito annuncia martedì la sua decisione: il Governo non può essere un soggetto con potere assoluto di dare il via alla Brexit, ma non è la fine delle sfide legali che deve affrontare il primo ministro inglese Theresa May.
Brexit: serve il voto del Parlamento secondo la Corte Suprema
La sentenza proveniente dagli 11 giudici della Corte Suprema definisce il limite per cui il governo, anche attraverso la sua eredità dei poteri prerogativa reale, non può formalmente avviare la procedura dell’articolo 50 del trattato sull’Unione europea senza l’approvazione esplicita dei parlamentari.
Per bocca del suo presidente, la Corte Suprema rende noto:
«Il governo non può esercitare tale potere se in tal modo cambia le leggi del Regno Unito a meno che non sia autorizzato a farlo da parte del Parlamento».
«Oggi con una maggioranza di 8 a 3 la Corte Suprema dichiara che il governo non può attivare l’articolo 50 senza una legge del Parlamento».
Questo significa che Theresa May ha perso il suo ricorso.
La sentenza della Corte Suprema specifica, inoltre, che il governo della Gran Bretagna non deve consultare le amministrazioni distaccate di Scozia, Galles e Irlanda del Nord prima di attivare l’articolo 50.
Lord Neuberger, presidente della Corte Suprema
La giuria al completo di 11 giudici è la più affollata mai riunita al 1876. Una mobilitazione giudiziaria del genere è il riconoscimento della rilevanza costituzionale e della sensibilità politica del dibattito sulla Brexit. La Corte si trova normalmente in gruppi da cinque - un numero dispari è sempre necessario per scongiurare il rischio di pareggio.
Mentre il governo digerisce la sconfitta per la contesa sul fatto che sia il primo ministro o il Parlamento ad iniziare il processo per l’uscita del Paese dall’Unione Europea, iniziano a prendere forma almeno altri casi giudiziari.
Si fa più difficile il piano della May per l’innesco dell’articolo 50 del trattato di Lisbona per avviare l’uscita del Regno Unito dall’UE.
La sentenza integrale sulla Brexit della Corte Suprema inglese
Un breve estratto della sentenza:
La Corte Suprema con una maggioranza di 8 a 3 respinge l’appello del Segretario di Stato (Lord Neuberger, Lady Hale, Lord Mance, Lord Kerr, Lord Clarke, Lord Wilson, Lord Sumption e Lord Hodge favorevoli e Lord Reed, Lord Carnwath e Lord Hughes contrari).
In una sentenza congiunta della maggioranza, la Corte Suprema ritiene che una legge del Parlamento è obbligatoria ad autorizzare i ministri a comunicare la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea. Ciascuno dei giudici dissenzienti dà un giudizio separato.
La versione integrale della sentenza della Corte Suprema inglese è disponibile di seguito in file pdf in lingua inglese:
Brexit, sentenza Corte Suprema: come siamo arrivati fino a qui
Tutti gli occhi puntati oggi sulla decisione degli 11 giudici della Corte Suprema sul ricorso presentato dalla May contro una sentenza di novembre, secondo cui il primo ministro avrebbe bisogno della “benedizione” del parlamento prima di procedere con la Brexit.
È stata Gina Miller, imprenditrice inglese di spicco, ad aver implementato la lotta contro la Brexit e portato in tribunale la necessità del voto al Parlamento prima di procedere ufficialmente con il percorso per l’uscita dall’UE.
Una vittoria per il premier le permetterebbe di innescare Brexit unilateralmente, mentre una sconfitta potrebbe costringere il governo ad approvare una legge facilmente modificabile dalle parti parlamentari contro la Brexit, nel tentativo di annacquare le proposte della May e gli effetti dell’uscita dall’UE sull’economia del Regno Unito.
Tuttavia, la giornata di martedì non segnerà alcuna conclusione: il tribunale di Dublino deve ancora pronunciarsi sul fatto che il processo di uscita di due anni possa essere risolto in un secondo momento, mentre due attivisti hanno intentato una causa sostenendo che il voto del referendum di giugno non dà l’autorità alla May di ritirare la Gran Bretagna dal mercato unico europeo, come segnalato una settimana fa dallo stesso primo ministro.
Le sfide legali della Brexit non finiscono qui
Una cosa è chiara: la decisione della Corte Suprema sulla questione Brexit in programma domani non è, per definizione, la fine delle sfide legali per la Brexit. I giudici hanno il potere solamente di trovare un accordo sulla controversia che si trovano davanti ma non possono spingersi oltre e avere a che fare con vie ipotetiche.
Nonostante il partito laburista all’opposizione e anche i critici all’interno del partito conservatore della May dicano che non cercheranno di opporsi alla volontà del popolo tentando di far deragliare la Brexit, la normativa potrebbe dar loro la possibilità di ammorbidire i dettagli del piano della May per una cosiddetta hard Brexit.
I rappresentanti dei governi decentrati di Irlanda del Nord, Scozia e Galles hanno partecipato alle udienze della Corte Suprema, sottolineando la necessità di una consultazione degli stessi prima che la May faccia scattare l’articolo 50.
La sterlina inglese rimane in focus in attesa della sentenza della Corte Suprema sulla Brexit.
Secondo BNP Paribas, il governo non ha molta chance di vincere il ricorso contro la sentenza per cui sarebbe necessaria una consultazione del Parlamento prima di attivare la Brexit. Tuttavia, il significato di questa sentenza è diminuita con la risoluzione parlamentare del mese scorso a sostegno del termine entro il primo trimestre 2017 per attivare l’articolo 50.
Gli analisti della BNPP continuano a credere che la sterlina sia scambiata vicino a livelli che riflettono uno scenario peggiore per i flussi di trading e di capitali, e quindi si aspettano che gli investitori di lungo termine possano tornare a compare sul cambio sterlina-dollaro a 1.20.
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