Il 31 dicembre è stata addebitata l’imposta da bollo sui buoni fruttiferi postali pari al 2 per mille annuo. Visti i rendimenti contenuti e le tassazioni periodiche, conviene ancora sottoscriverli?
Tutti gli strumenti finanziari depositati sono sottoposti a prelievi erariali alla fonte. Anche per i buoni fruttiferi postali, nonostante le notevoli differenze rispetto agli altri strumenti di investimento, si applicano le regole fissate dalla normativa del 2014. Infatti, al 31 dicembre 2020 è stata addebitata l’imposta da bollo sui buoni postali, pari al 2 per mille annuo. Ma non si tratta dell’unica tassa che grava su questi strumenti di risparmio.
I Btf sono buoni emessi da Cassa Depositi e Prestiti e vengono piazzati sul mercato da Poste Italiane. I loro rendimenti sono discreti, anche se non paragonabili alle obbligazioni.
Nonostante i prelievi erariali, è ancora conveniente investire in questi strumenti di risparmio? Proviamo a capirne di più.
Buoni fruttiferi postali: come calcolare l’imposta da bollo
Il Fisco ha prelevato l’imposta da bollo sui buoni fruttiferi postali, ovvero sugli strumenti di risparmio emessi da Cassa Depositi e Prestiti. L’imposta viene applicata regolarmente già dal 2014 e corrisponde al 2 per mille annuo del controvalore sottoscritto.
Il prelievo di questa imposta è automatico e scatta nel momento in cui viene inviata al cliente la comunicazione della rendicontazione del deposito titoli, che altro non è che la fotografia del patrimonio alla data di emissione. A partire dal 2018, inoltre, questa rendicontazione avviene con cadenza trimestrale, come previsto dalla normativa MiFID2.
Un esempio pratico
Per chiarire quanto appena spiegato, riportiamo un esempio pratico. Una persona che ha investito i suoi risparmi in buoni fruttiferi postali per un valore pari a 10.000 euro, dovrà lasciare al Fisco un’imposta da bollo pari a 20 euro, ovvero 5 euro a trimestre.
Come evitare di pagare l’imposta da bollo in modo legale
C’è un trucco per evitare di pagare l’imposta da bollo senza incorrere in alcuna contravvenzione. Infatti, esiste una franchigia al di sotto della quale non viene applicata alcuna imposta: il valore è fissato a 5.000 euro.
Cosa significa? Se una persona ha investito in buoni fruttiferi postali per una somma inferiore a 5.000 euro non verrà applicata l’imposta da bollo.
Attenzione: Poste Italiane somma i valori registrati su ogni singolo contribuente incrociando i codici fiscali: dunque, se una persona ha investito in due buoni, per esempio, da 4.000 euro dovrà pagare l’imposta da bollo.
Come evitare il prelievo? Semplice: basterà intestare i due buoni postali a due persone diverse. In questo modo non ci sarà alcuna imposta da pagare.
Conviene ancora investire in buoni fruttiferi postali?
Oltre all’imposta da bollo appena descritta, sui Bfp gravano anche altre imposte sostitutive sugli interessi maturati, che ammontano al 12,50%. Ciò significa che il risparmiatore dovrà lasciare allo Stato il 12,50% degli interessi maturati ogni anno grazie al Bfp.
Per esempio: su un interesse lordo annuo pari all’1%, al risparmiatore verrà riconosciuto soltanto lo 0,875% netto. Ma conviene davvero, quindi, investire in questi strumenti di risparmio?
Ricordiamo che rispetto agli altri strumenti di investimento finanziario, il Bfp è il più conveniente. Normalmente l’imposta sostitutiva è pari al 26%. Dunque, il buono fruttifero risulta più vantaggioso rispetto ai suoi rivali.
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