La Cassazione si scaglia contro gli avvocati che non rispettano gli standard di redazione del ricorso. Il caso.
Con una recente pronuncia (qui allegata), la Corte di Cassazione ha rimproverato duramente un avvocato che, secondo gli ermellini, avrebbe redatto un ricorso in maniera inadeguata, tanto da renderne impossibile la comprensione.
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire agli avvocati l’importanza degli standard redazionali e del rispetto dell’articolo 366 del Codice di Procedura Civile, pena l’inammissibilità del ricorso.
L’avvocato deve attenersi agli standard redazionali: il caso di specie
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sugli standard redazionali dei ricorsi, rimproverando l’avvocato che aveva redatto un ricorso incomprensibile e incompleto e, per questo, dichiarato inammissibile senza entrare nel merito.
La pronuncia in questione è la n. 6324/2019 (sotto allegata) dove la Corte motiva l’inammissibilità del ricorso come segue:
“La ricorrente non riporta in maniera comprensibile la sequenza dei fatti di causa rilevanti, in quanto il testo del ricorso, nella parte riservata alla esposizione sommaria del fatto, consta della parziale riproduzione scannerizzata di atti, oltre che di una laconica quanto incompleta esposizione di alcune circostanze del giudizio di primo e di secondo grado.”
In pratica, pare che l’avvocato in questione non abbia riportato i fatti nella sua completezza e che per i giudici della Corte di Cassazione sia stato impossibile comprendere le ragioni della decisione del giudice di primo grado e, soprattutto, quelle della Corte d’Appello. Inoltre, i motivi addotti erano stati scansionati in maniera illeggibile.
Ne consegue che gli ermellini hanno dichiarato inammissibile l’intero ricorso ex articolo 366, primo comma, del Codice di Procedura Civile, in virtù del quale la Corte si esime dal dover esaminare, riportare o ricostruire il contenuto dei motivi di ricorso.
Cosa intende la Cassazione per “standard redazionale”?
Nella pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ribadisce l’importanza dell’articolo 366 del Codice di Procedura Civile che individua cosa deve obbligatoriamente contenere un ricorso. Quindi, qualora manchi o non sia comprensibile uno o più elementi indicati da detto articolo, il ricorso deve considerarsi inammissibile.
In altre parole, l’esposizione dei fatti deve consentire alla Corte una comprensione chiara e completa della questione, e di individuare i motivi della controversia processuale senza dover ricorrere ad altre fonti.
La Corte ribadisce che non è sua competenza sceverare gli elementi del ricorso, compito che invece spetta all’avvocato, il quale deve individuare il “petitum”, la “causa petendi” e gli argomenti dei giudici dei gradi inferiori.
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