Per l’investitore è importante considerare la volatilità storica (relativa al passato) o implicita (attesa) dei vari sottostanti su cui può essere scritto un certificato, al fine di valutare la probabilità del raggiungimento di una barriera di un certificato a capitale protetto condizionato
La volatilità è un indice per la misura dell’ampiezza delle oscillazioni del prezzo di un titolo o di un indice finanziario in un determinato periodo di osservazione.
Noto anche come indice “del nervosismo”, questo misuratore delle variazioni di un’attività finanziaria ha un ruolo determinante nei certificati sia in fase di strutturazione sia in quella di formazione del prezzo tra emissione e scadenza.
Volatilità e Certificati
Si ricordi, infatti, come i certificati siano dei derivati cartolarizzati e come la loro composizione opzionale risenta della volatilità, in particolar modo nelle strutture a capitale condizionatamente protetto, dove si ricorre ad una o più opzioni esotiche (i.e. opzione knockout di tipo put Down & Out per la costruzione dei certificati Bonus) a vega negativo, ovvero i cui prezzi sono correlati negativamente all’andamento della volatilità.
Per l’investitore è importante considerare la volatilità storica (relativa a una serie di osservazioni del passato) o implicita (prezzata dalle opzioni e quindi definita come volatilità attesa) dei vari sottostanti su cui può essere scritto un certificato, al fine di valutare la probabilità del raggiungimento di una barriera di un certificato a capitale protetto condizionato.
Ipotizzando ad esempio un certificato di tipo Bonus con barriera al 70% e durata di un anno, con un sottostante avente volatilità implicita del 10%, ci si potrà attendere un rendimento potenziale certamente inferiore a quello offerto da un analogo certificato con il medesimo sottostante, ma avente volatilità implicita del 40%.
Il motivo deve essere ricercato nella volatilità che, come detto, esprime le oscillazioni di un determinato sottostante e quindi la probabilità di raggiungere un livello barriera, influenzando il costo dell’opzione esotica a barriera. Per le opzioni esotiche di tipo knockout più alta è la volatilità, più alta è la probabilità di raggiungere la barriera e, quindi più basso sarà il costo dell’opzione a barriera e maggiore potrà essere il premio di rendimento.
Non deve pertanto sorprendere l’investitore il fatto che negli ultimi anni, i certificati in grado di rendere i premi potenziali maggiori siano stati quelli scritti su sottostanti del settore bancario italiano o tecnologico americano, entrambi caratterizzati da una volatilità superiore a quella della media degli altri settori industriali.
Prodotti e sottostanti più volatili: alcuni esempi
Tra le categorie di prodotti a vega negativo, nel perimetro dei certificati a capitale condizionatamente protetto, troviamo in particolare, oltre i classici Bonus (Cap), Top Bonus, Top Bonus Doppia Barriera e a tutti i certificati a cedole periodiche (Cash Collect, Express e Phoenix) anche i Twin Win che, grazie alla presenza di ben due opzioni barriera, risultano avere la struttura più esposta all’andamento della volatilità.
Si può pertanto asserire che investendo su tale tipologia di certificato ci si espone a una vendita di volatilità del sottostante, ovvero si punta a uno scenario di raffreddamento della volatilità per ottenere un profitto anche in assenza di particolari variazioni del sottostante.
Relativamente ai sottostanti a volatilità più alta oggetto di frequenti emissioni, troviamo titoli bancari come Banco BPM, UniCredit, UBI e BPER che condividono un livello di volatilità storica compresa tra il 35 e il 44%, ovvero FCA con il 38,1%, e i titoli del comparto tech americano su tutti ad esempio Tesla (59,63%), Netflix (44,6%), Micron Technologies (48,78%), Facebook (39,45%) e Spotify (41,7%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA