Alla cessazione del rapporto di agenzia seguono per l’agente una serie di diritti, tra cui l’indennità per la cessazione del rapporto, ovvero il FIRR.
Con il rapporto di agenzia la parte proponente affida all’agente l’incarico di promuovere la conclusione di contratti in zona determinata, con ciò impegnandosi anche a corrispondere le provvigioni convenute e le somme accessorie, se dovute.
L’agente deve essere iscritto alla Camera di Commercio e nei suoi confronti il promotore è tenuto ad una serie di adempimenti, fra cui:
- l’iscrizione all’Enasarco, con la previsione di un aumento graduale dal 2013 al 2020 delle aliquote contributive, che passeranno dall’attuale 13,5% al 17%, suddivise paritariamente fra proponente ed agente;
- l’accantonamento annuale, di regola presso l’Enasarco, di una percentuale, rapportata alle provvigioni liquidate agli agenti, secondo aliquote stabilite dagli accordi economici collettivi, a titolo a indennità di fine rapporto (FIRR);
- trattenere una ritenuta d’acconto, nella misura del 23% sul 50 o sul 20% delle provvigioni, a seconda che l’agente si avvalga o meno di collaboratori;
- rilasciare la certificazione annuale delle provvigioni corrisposte, con l’evidenza delle trattenute previdenziali e fiscali operate;
- indicare nel Modello 770 le somme corrisposte all’agente e le relative ritenute.
Cessazione del rapporto di agenzia
Presso l’Enasarco, l’ente che gestisce la previdenza integrativa a favore degli agenti e rappresentanti, viene annualmente accantonata una percentuale sul volume delle provvigioni che va a formare il Fondo indennità di risoluzione del rapporto (FIRR) che verrà liquidato all’agente in occasione della cessazione del rapporto di agenzia (la quota dell’anno in corso è liquidata direttamente dal pro-ponente).
Il Codice civile all’art. 1751 disciplina il regime dell’indennità, spettante all’agente in caso di cessazione del rapporto di agenzia. Il preponente è tenuto a corrispondere, all’agente, un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:
- l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
- il pagamento ditale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
Ferme restando le condizioni di debenza, l’indennità non è comunque dovuta: - se il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto;
- qualora sia l’agente a recedere dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;
- quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.
L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.
La decadenza dal diritto
L’agente decade dal diritto all’indennità di cessazione del rapporto quando questi non comunichi al proponente, entro un anno dallo scioglimento del rapporto, l’intenzione di far valere i propri diritti. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 9348 del 17 aprile 2013) questa disciplina prevale su quella dell’accordo economico collettivo (20 giugno 1956, recepito dal D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145), che tale decadenza non contempla, “prevalendo la disciplina legale successiva sulla pregressa disciplina contrattuale, pur resa efficace erga omnes”.
Aspetti fiscali
I criteri di deducibilità per l’impresa
Il T.U.I.R. (art. 105 comma 3) consente la deducibilità degli accantonamenti di fine rapporto “nei limiti delle quote maturate nell’esercizio”. L’Agenzia delle Entrate (circolare n. 33/E del 2013) sottolinea che il codice civile, dall’1 gennaio 1993, fornisce una disciplina unitaria della “indennità di cessazione del rapporto di agenzia ”e non ripropone la distinzione (prevista dalla contrattazione collettiva) tra “indennità di risoluzione del rapporto”, “indennità suppletiva di clientela ”e “indennità meritocratica”. Pertanto, a tale quadro normativo deve riferirsi il T.U.I.R. che considera deducibili gli accantonamenti per “indennità per la cessazione di rapporti di agenzia”.
Con riguardo agli accantonamenti successivi all’1 gennaio 1993 e ad eventuali controversie relative a fattispecie disciplinate dal codice civile (art. 1751 c.c.) nella formulazione in vigore da tale data, l’Agenzia delle Entrate conferma la correttezza della deducibilità per competenza dell’accantonamento per indennità di cessazione del rapporto di agenzia in tutte le sue componenti, “senza che possa invocarsi a contrario la carenza dei requisiti di certezza e determinabilità (fissati dall’art. 109 TUIR)”.
La tassazione delle indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone
La Finanziaria 200 ha esteso, con decorrenza 1º gennaio 2001, l’applicazione separata dell’imposta anche alle indennità per cessazioni di rapporti di agenzia riferite alle società di persone. La società, a prescindere dalla modalità di tassazione della indennità, se gestisce la contabilità ordinaria, dovrà continuare:
- ad imputare tra i ricavi di conto economico la quota di FIRR maturata nell’anno e, in contropartita, contabilizzare un corrispondente credito verso l’Enasarco ovvero verso la ditta pre-ponente se quest’ultima si avvale della facoltà di non versare all’Ente di previdenza l’importo stabilito dai relativi CCNL.
- in sede di compilazione del Modello UNICO-Società di Persone, nell’ipotesi venga adottata la scelta di tassare l’indennità solo all’atto della percezione, la società dovrà indicare tra le variazioni in diminuzione l’indennità iscritta nell’esercizio a conto economico, in quanto essa non deve concorrere a formare il reddito dell’esercizio.
Nel periodo d’imposta in cui l’indennità verrà poi effettivamente percepita dalla società l’indennità medesima non concorrerà a formare il reddito della società e quest’ultima avrà solo l’obbligo di comunicare l’incasso ai soci, lasciando ad essi la scelta della relativa modalità di tassazione.
Modalità di tassazione
In via di principio, il denominatore comune per la determinazione dell’imposta dovuta è rappresentato dalla circostanza che all’ammontare percepito si applica l’aliquota dell’imposta sostitutiva corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione dell’indennità, ovvero, per alcuni redditi indicati specificatamente, all’anno in cui sono percepiti.
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