Andiamo a scoprire quale valuta legata alle materie prime potrebbe riprendersi dopo la lunga crisi, provocata dalle attese di bassa inflazione e dalla frenata della Cina
Le commodity currency, ovvero le monete legate a doppio filo con l’andamento dei prezzi delle materie prime, hanno sperimentato una fase molto negativa negli ultimi mesi a causa della caduta delle quotazioni delle commodity provocata principalmente dalla frenata della Cina e dalle aspettative di bassa inflazione nel medio periodo. Le principali valute correlate alle commodity sono il dollaro australiano, il dollaro neozelandese, il dollaro canadese, la corona norvegese, il rublo russo. A queste va poi aggiunta una lunga lista di monete di paesi emergenti.
Tra queste valute la più promettente, che dovrebbe aggirare la crisi delle materie prime, sembra possa essere il dollaro australiano. L’economia del principale paese oceanico si sta stabilizzando dopo una fase decisamente complicata, dovuta soprattutto al crollo dei prezzi del minerale di ferro e del carbone. Il mercato del lavoro appare in salute e ora anche le prospettive interne sono in netto miglioramento. Ciò che può creare ancora problemi sono gli eventuali shock esterni, dovuti in particolare a un peggioramento dell’economia cinese (Pechino è il principale partner commerciale di Sidney, ndr).
Sul fronte dei tassi di interesse, tagliati a più riprese negli ultimi anni fino al minimo storico del 2,5%, il governatore della Reserve Bank of Australia ha fatto intendere più volte che è ormai giunto il momento di una fase di stabilizzazione della politica monetaria. Glenn Stevens, numero uno della RBA, ha dichiarato che i trader dovrebbero smetterla di speculare su un prossimo haircut dei tassi in quanto si tratta di un evento macro difficilmente realizzabile nel breve termine. Sul forex il tasso di cambio AUD/USD si è già portato sui massimi a un mese poco sotto 0,73, allontanandosi notevolmente dai minimi di periodo di area 0,69.
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