Cosa rischia Volkswagen: lo scandalo del diesel gate oltre i confini tedeschi

Francesco Lucchetti

27 Settembre 2015 - 15:49

Il problema di fiducia alla base diesel gate, quante sono le auto coinvolte e cosa rischia Volkswagen? In tutto il mondo partono le inchieste.

Cosa rischia Volkswagen: lo scandalo del diesel gate oltre i confini tedeschi

La maxi-multa di 18 miliardi di dollari negli Stati Uniti potrebbe non essere l’unico rischio a cui va incontro Volkswagen. I controlli infatti sono partiti anche in Europa e la Svizzera, per prima, ha immediatamente instaurato il blocco delle vendite delle automobili della casa tedesca.

Con il software in grado di truccare i test sulle emissioni di sostanze inquinanti, la Volkswagen ha posto un problema di fiducia che non riguarda solo i mercati finanziari, ma rimette in discussione l’affidabilità tedesca. Il Ministro italiano dell’Economia Padoan ha definito il caso “un colpo molto duro alla fiducia”, esprimendo la sua preoccupazione per gli effetti che potrebbero ripercuotersi anche sull’industria italiana.

Colosso da 200 miliardi di Euro
La seconda casa automobilistica mondiale, che possiede marchi come Audi, Porsche, Lamborghini, Seat e numerosi altri brand prestigiosi, vantava nel 2014 un fatturato di oltre 200 miliardi di Euro e utili in continua crescita. La Fortune Global 500, ossia la classifica delle 500 maggiori aziende del mondo, presenta il nome Volkswagen addirittura nella top 10.
La questione è anche etica, non ci sono dubbi. In virtù del profitto, un colosso industriale simile ha preferito investire risorse per sviluppare un software in grado di manomettere i test sulle emissioni di inquinanti, piuttosto che per sviluppare una tecnologia in grado di ridurre davvero l’impatto ambientale dei suoi gioiellini. E questo è un dato di fatto, già scritto nella storia.

Lo scandalo si allarga
Lo scandalo Volkswagen si è esteso dagli USA ad ogni angolo del globo e al momento le auto coinvolte sarebbero oltre 11 milioni. La Corea del Sud ha avviato le inchieste e anche il governo australiano ha chiesto chiarimenti. La giapponese Suzuki ha abbandonato la sua alleanza con Volkswagen sorta con l’intento di sviluppare auto ibride ed elettriche, vendendo al gruppo Porsche l’intera quota di azioni Volkswagen di cui era in possesso. In Europa, i governi hanno chiesto spiegazioni ed hanno annunciato l’imminente avvio di controlli.
Le verifiche a campione annunciate dal Ministro italiano dei Trasporti Delrio avranno un costo di circa 8 milioni di Euro. Massimiliano Dona, segretario dell’Unione nazionale dei consumatori, ha risposto in maniera secca:

"Il Governo deve chiedere i soldi alla Volkswagen, non è giusto che paghi il contribuente italiano”.

Problema non solo finanziario
Durante la settimana appena conclusasi, le azioni Volkswagen sono crollate da 167,4 fino a raggiungere il minimo di 115,55: si tratta quindi di una perdita maggiore del 30% in pochi giorni. L’azienda dovrà adesso fare i conti non solo con i governi e con le class action, ma anche con i risparmiatori che avevano investito in azioni Volkswagen e con oltre 500 mila lavoratori che rischiano di subire i contraccolpi di un grande danno all’azienda non solo d’immagine, ma anche economico.
Il colosso tedesco, infatti, costituisce da solo circa il 2-3% del PIL della Germania e dà impiego a circa l’1,5% dei lavoratori tedeschi. L’importanza della casa automobilistica va però oltre i confini tedeschi: l’export italiano di componentistica verso Volkswagen supera infatti il valore annuo di 1 miliardo e mezzo di Euro e si teme quindi che il caso possa avere serie ripercussioni anche in Italia.

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