L’effetto Ucraina si sta abbattendo sui mercati internazionali. Le borse mondiali oggi segnano rosso e la situazione potrebbe peggiorare nel caso in cui la diplomazia internazionale non riuscisse a stabilizzare le intemperanze in Crimea.
I listini europei hanno chiuso tutti al ribasso e Piazza Affari, maglia nera del continente, ha concluso le contrattazioni con un pesantissimo -3,34%, mentre lo spread è risalito a 190 punti base, dopo il calo delle ultime due settimane.
Non va meglio a Wall Street. A metà seduta i tre indici principali registrano forti perdite: Dow Jones -1,14%, Nasdaq -1,00%, S&P 500 -0,88%.
Il pericolo di un conflitto terrorizza gli investitori che hanno quindi preferito tutelarsi, rifugiandosi nei beni rifugio.
Titoli italiani
Tornando in Italia, le tensioni tra Russia e Ucraina hanno fortemente condizionato la performance odierna, zavorrando in particolare i titoli delle società che, avendo maggiori interessi nell’area, sono più esposti alla volatilità e alle vendite.
Per capire quali sono, è sufficiente guardare i risultati di oggi:
- Buzzi Unicem -8,08%,
- Unicredit -6,06%,
- Finmeccanica -2,81%,
- Campari -2,51%.
Buzzi Unicem lavora in entrambi i paesi coinvolti. In Ucraina gestisce 2 cementerie a ciclo completo, una situata Rivne, nel Nord-Ovest del Paese, l’altra a Nikolajev, nella regione del Mar Nero. L’azienda è però attiva anche nel settore del calcestruzzo.
I ricavi provenienti dagli affari ucraini, secondo il bilancio 2013 della società, ammontano a 124 milioni, mentre quelli derivanti dalla Russia sono pari a 249 milioni.
Il gruppo Campari ha acquisito nel 2009 la cantina Odessa Cjsc che produce spumante con marchio ucraino (Odessa e altri) destinato al mercato locale.
Parlando di Finmeccanica, nel corso degli anni l’azienda ha sviluppato stretti rapporti con le istituzioni ucraine riguardanti il comparto spaziale, quello delle comunicazioni e quello della sicurezza.
L’elenco sarebbe ancora lungo. L’ l’Ufficio studi Ice di Kiev sostiene infatti che siano circa 160 le PMI italiane con interessi in Ucraina, l’85% dei quali riguarda il settore finanziario, seguito da quello di costruzioni di macchine e industria leggera.
Un caso a parte è poi rappresentato dal settore bancario. In Italia Unicredit ha subito una vera e propria pioggia di vendite. Seguendo le disposizioni derivanti dai vertici ucraini, ha chiuso due filiali situate in zone a rischio, ridotto l’orario degli sportelli, limitando i prelievi a 1.500 grivnie (112 euro).
Gli interessi della banca in Ucraina ammontano a 3,84 miliardi di euro, gestiti attraverso più di 400 sportelli utilizzati da 1 milione di clienti retail, circa 6.300 clienti corporate, più di 60 mila piccole e medie e 780 clienti di private banking.
Titoli stranieri
Ma non sono solo i titoli italiani a rischiare. Nel mondo infatti sono numerose le aziende che, a causa degli affari in loco (sia Russia che Ucraina), sono esposte alle vendite delle loro azioni, da Renault a Carlsberg, da da Mc Donald’s a Siemens, passando per banche del calibro di Société Générale e Raiffeisen.
Caso emblematico riguarda Pepsi (NYSE -0,86%). Dal paese di Putin deriverebbero infatti ricavi pari a 5 miliardi di dollari.
Insomma i timori degli investitori sembrano essere fondati e i mercati internazionali affondano sulle preoccupazioni derivanti dalla crisi ucraina. Domani è un altro giorno, ma se la situazione non migliora, rischia di essere un altro giorno in rosso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA