La Corte Costituzionale ha dato ragione a Conte per quanto riguarda la legittimità dell’utilizzo dei DPCM.
La Corte Costituzionale promuove Giuseppe Conte. I DPCM firmati dall’ex Presidente del Consiglio per fronteggiare la pandemia da Covid-19 sono legittimi secondo il giudizio della Consulta.
Il governo Conte II, oltre a farsi carico della crisi sanitaria, ha dovuto sopportare opinionisti del mondo giornalistico, politico e giudiziario. Quello che veniva contestato alla pratica di Giuseppe Conte e del suo governo era l’utilizzo dei DPCM per varare misure emergenziali in grado di contrastare la pandemia.
Le misure di cui si è tanto parlato vanno dai lockdown generalizzati alla decisione di prevedere il coprifuoco nelle ore notturne, nonché la chiusura di alcuni esercizi che sono stati ritenuti non necessari per i bisogni primari dei cittadini.
Un esempio emblematico fu il giudizio dato da Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale, che in un’intervista risalente a dicembre 2020 rilasciata a La 7 lamentava il fatto di “un’invasione legislativa” da parte del governo. La Consulta però, su alcuni punti ha dato ragione a Giuseppe Conte.
Nello specifico la Corte Costituzionale ha espresso un giudizio d’infondatezza, rispetto a una questione di legittimità sollevata dal Giudice di pace di Frosinone, e uno d’inammissibilità, rispetto a un ricorso contro una multa irrogata a un cittadino. Vediamo nello specifico i due giudizi.
DPCM incostituzionali? Il giudizio d’infondatezza
La Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la prima questione di costituzionalità in merito: quella posta dal giudice di pace di Frosinone rispetto agli articoli 1, 2 e 4 del decreto-legge 19 del 25 marzo 2020.
Il ricorrente ha affermato che il decreto di cui sopra delegava in maniera illegale al governo la funzione legislativa. Funzione che come sappiamo è di competenza parlamentare, ma, essendo che il momento di crisi richiedeva misure urgenti, il varo di un decreto legge che attribuiva al Presidente del Consiglio poteri, per così dire, “speciali”, non è stata considerata un’azione illegale.
“Non è stata attribuita altro che la funzione attuativa del decreto legge, da esercitare mediante atti di natura amministrativa”, ha dichiarato la Corte in un comunicato stampa pubblicato quest’oggi in attesa del testo della sentenza.
In sostanza, i DPCM non sono stati utilizzati come una scorciatoia per bypassare il Parlamento, ma sono stati dei provvedimenti attuativi che ripercorrevano la delega presente nel decreto-legge n. 19 del 25 marzo 2020.
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DPCM incostituzionali? Il giudizio d’inammissibilità
Per quanto riguarda il secondo giudizio, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un cittadino verso una multa di 400 euro irrogata dai carabinieri di Trevi il 20 aprile 2020. La multa è stata comminata, scrivono i carabinieri, perché il soggetto “si spostava a piedi in assenza di comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o di motivi di salute, all’interno del Comune”, violando le norme introdotte dal DPCM del 22 marzo scorso.
L’avvocato e giudice di pace, Emilio Manganiello, colui che ha rimesso al vaglio della Corte il giudizio di legittimità, scriveva, nell’ordinanza di remissione, che “per decidere la controversia, questo giudicante deve fare applicazione delle disposizioni citate, la cui illegittimità costituzionale condurrebbe a ritenere legittimo il comportamento tenuto dal ricorrente”.
Inoltre, sempre Manganiello sosteneva che i decreti-legge di febbraio e marzo, “hanno delegato al Dpcm il potere di dettare vere e proprie norme generali e astratte derogatorie di fonti normative di rango primario, aventi cioè forza di legge”. Continuando sulla questione, il giudice ricorrente ha spiegato che “il sistema decreti-legge/Dpcm ha previsto una forma di vera e propria delega legislativa”.
La conclusione del giudice è stata che i DPCM ottenevano una vera e propria forza di legge, caratteristica che invece è propria degli atti aventi forza di legge come decreti-legge e decreti legislativi.
Dopo queste vittorie iniziali, il giudizio sull’operato di Giuseppe Conte non è terminato. Infatti, la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi su nuove questioni riguardanti i Dpcm, sollevate da altri giudici, relative in particolare all’articolo 16 della nostra Costituzione che garantisce la libertà di movimento e consente di limitarla solo ricorrendo all’istituto della riserva di legge.
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