Sì, ci sono delle grandi differenze tra COVID-19 e coronavirus, tra chi ha contratto la malattia e chi è positivo al tampone. Facciamo chiarezza.
C’è qualche differenza tra COVID-19 e coronavirus?
Queste parole vengono usate in modo intercambiabile, il che contribuisce ad alimentare la confusione e, soprattutto, la disinformazione e l’interconnessa paura.
Per comprendere a fondo le notizie con cui veniamo bombardati ogni giorno, anche se con estremo ritardo, occorre finalmente fare chiarezza sulla differenza tra coronavirus e COVID-19, tra i malati e i positivi al tampone.
Il problema è proprio questo: da molti mesi ormai i termini «coronavirus» e «COVID-19» vengono utilizzati - dalla categoria di noi giornalisti in primis - come sinonimi, ma si riferiscono a due condizioni ben diverse. Stesso discorso per il numero di positivi, che necessariamente sarà sempre più alto del numero di chi ha davvero contratto la malattia poiché quest’ultima non colpisce tutti coloro che vengono in contatto con il virus.
La differenza tra coronavirus e COVID-19
Sembrerà banale (ma non lo è): la differenza tra coronavirus e COVID-19 può venir fuori solo se si recepisce in maniera definitiva cosa sia uno e cosa sia l’altro.
Cos’è il coronavirus?
È il virus “SARS-CoV-2” (“Severe acute respiratory syndrome Coronavirus-2”, in italiano Coronavirus-2 della Sindrome respiratoria acuta grave).
Il termine coronavirus fa riferimento a una famiglia di virus responsabili della diffusione di virus, perdonate la ripetizione, che causano malattie (alcune delle quali possono anche essere mortali).
La parola «coronavirus» ha origine dalla parola latina «corona», che significa proprio «corona» poiché, osservato al microscopio, il virus appare sotto questa caratteristica forma.
Questi virus sono zoonotici, il che significa che vengono trasmessi da animali e persone. Il SARS-CoV è stato trasmesso all’uomo dai gatti di civet mentre il MERS-CoV dai dromedari.
Cos’è il COVID-19?
È il nome dato alla malattia responsabile del virus SARS-CoV-2 (il coronavirus, per l’appunto), identificato per la prima volta a Wuhan, in Cina, a dicembre 2019, ed è l’abbreviazione di «Coronavirus disease 2019».
In breve:
- il COVID-19 è una malattia infettiva causata dalla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2);
- il coronavirus è un termine colloquiale con il quale si identifica la SARS-CoV-2, un ceppo di coronavirus che causa il COVID-19, la malattia respiratoria responsabile della pandemia che stiamo vivendo tutt’oggi.
Ed è qui che la confusione regna sovrana: essere positivi al tampone significa aver contratto il coronavirus (SARS-CoV-2) ma non significa necessariamente aver contratto la COVID-19 (termine che sarebbe decisamente più sensato declinare al femminile, dato che è una malattia). Quindi, ancora, essere positivi al tampone non significa essere malati.
E i positivi asintomatici e i malati?
Un altro forte dibattito si accende sul fronte dei positivi asintomatici, ovvero chi risulta positivo a un tampone, ha contratto il coronavirus ma non la malattia COVID-19 e non ha sintomi. Si tende a pensare che questi soggetti non siano infetti: possono esserlo ma spesso portano con sé una carica virale più bassa rispetto a chi ha «la» COVID-19, ovvero chi ha sviluppato i sintomi della malattia legata al SARS-CoV-2. Tuttavia nulla è certo, la letteratura scientifica sul tema è ancora troppo giovane per confermare in definitiva queste supposizioni.
Per conoscere i sintomi della COVID-19 si consiglia la lettura della guida del Ministero della Salute.
© RIPRODUZIONE RISERVATA