Lunedì è giornata di dividendi: conviene incassare le cedole o meglio vendere prima? La discriminante più importante per quanto riguarda valutazioni di questo genere riguarda la fiscalità. Vediamo perchè
La prossima settimana è una fra le più attese dell’anno per gli azionisti di Piazza Affari.
Mercoledì 22 maggio gli investitori sono pronti ad accogliere i super dividendi di Borsa Italiana, quasi la metà dei circa 23 miliardi attesi dai dividendi 2019 distribuiti dalle società quotate, ma la data più importante da monitorare per poter maturare il diritto all’incasso della cedola è lunedì 20. Perché?
Data di stacco e data di pagamento: quali differenze
Lunedì 20 maggio 2019 è la data designata per lo stacco delle cedole delle società di Piazza Affari. Ma attenzione a non far confusione: lo “stacco della cedola” non coincide con il giorno in cui gli azionisti ricevono l’accredito sul proprio conto. Facciamo chiarezza.
La data di stacco (o ex-date) indica il giorno in cui le società rilevano la maturazione del diritto ad intascare la remunerazione da dividendo. In altre parole, hanno diritto a ricevere il dividendo solo coloro che si trovano in possesso delle azioni di una data società all’apertura della seduta di Borsa del giorno fissato per lo stacco.
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In genere la data di stacco del dividendo cade due/tre giorni lavorativi prima della data di pagamento, ma questa è una regola arbitraria di Borsa Italiana che le società possono derogare.
Nel caso specifico, la maggioranza delle società che stacca il dividendo lunedì 20 metterà in pagamento la cedola mercoledì 22, ma ci sono alcune eccezioni, come ad esempio FCA. Il gruppo auto ha infatti stabilito come data di pagamento del dividendo straordinario il 30 maggio prossimo.
Ne deriva quindi che a partire da tale data, già subito dopo l’apertura della seduta, gli azionisti potranno vendere i titoli in loro possesso senza per questo perdere il diritto a ricevere il dividendo nel giorno fissato per il pagamento.
Data di stacco del dividendo: incassare o non incassare?
Giunti a questo punto dell’anno molti investitori si domandano se incassare il dividendo sia un’operazione efficiente o se convenga monetizzare prima della data di stacco della cedola. In sostanza, come deve comportarsi l’investitore che ha in portafoglio azioni prossime allo stacco di dividendi?
In linea di principio la discriminante più importante per quanto riguarda valutazioni di questo genere riguarda la fiscalità. Il dividendo in quanto reddito di natura finanziaria viene tassato al 26% ma essendo un “reddito da capitale” non può andare a compensare eventuali minusvalenze precedenti presenti nello zainetto fiscale dell’investitore.
Diversamente, un potenziale capital gain realizzato con la vendita di un titolo azionario è conteggiato come “reddito diverso di natura finanziaria”, e quindi in grado di poter compensare eventuali minusvalenze precedenti presenti nello zainetto fiscale dell’investitore.
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Ecco perché in questi casi si possono delineare due scenari:
- Se l’investitore non ha minusvalenze da recuperare nel proprio zainetto fiscale non c’è alcuna convenienza fiscale a liquidare la propria partecipazione azionaria prima della data dello stacco cedola;
- Se l’investitore ha minusvalenze da recuperare nel proprio zainetto fiscale (magari in scadenza in quanto relative all’anno 2015) può invece avere convenienza fiscale nel liquidare il pacchetto azionario ma solo se il prezzo medio di carico è inferiore alle attuali quotazioni (ossia venga generata effettivamente una plusvalenza);
- Nel caso in cui il prezzo medio di carico della partecipazione sia maggiore delle attuali quotazioni, quindi verrebbe generata un’ulteriore minusvalenza, la liquidazione della partecipazione non avrebbe senso ai fini fiscali.
Un esempio pratico
Ho in portafoglio 1.000 azioni Generali che lunedì 20 maggio staccherà una cedola da 0,90 euro in contanti. Il prezzo di carico delle Generali nel mio portafoglio è di 15 euro, più basso rispetto a quello attuale di circa 17 euro. Nel mio zainetto fiscale ho minusvalenze per 3.000 euro, questo vuol dire che ho la necessità di generare dei profitti (plusvalenze) che vadano a compensare le minusvalenze pregresse.
Le valutazioni da fare sono le seguenti:
- Incasso la cedola: in questo caso pagherò l’aliquota fiscale del 26% sui 900 euro del dividendo (0,90*1.000 azioni) ovvero 234 euro di tasse. Nel mio zainetto fiscale la minusvalenza rimane di 3.000 euro.
- Liquido prima dello stacco la posizione: incasso una plusvalenza di 2.000 euro [(17-15) *1.000] azioni]. Questo ammontare potrà essere portato a compensazione delle minusvalenze presenti nel mio zainetto fiscale: il credito di imposta si ridurrà da 3.000 euro a 1.000 euro.
Cosa fare dopo lo stacco delle cedole? Qui entrano in gioco anche valutazioni prettamente operative.
Data di stacco del dividendo e valutazioni operative
La data di stacco del dividendo è importante anche per un altro motivo. Il prezzo dell’azione, infatti, comprende anche la parte di utili distribuita sotto forma di dividendo, pertanto nel giorno di stacco, il prezzo dell’azione verrà rettificato di un importo pari al dividendo distribuito. Lo stesso ragionamento vale per gli indici che verranno corretti per lo stacco del dividendo.
Se dopo la data di stacco del dividendo credo ancora nelle buone prospettive del titolo azionario potrò reinvestire il reddito generato dal dividendo per incrementare la partecipazione il giorno stesso dello stacco, ad un prezzo inferiore.
Attenzione però: non sempre i titoli reagiscono negativamente allo stacco cedola. Ne è un esempio recente il titolo Campari. La società ha staccato la cedola lunedì 23 aprile. In quell’occasione il titolo ha aperto a 8,66 euro, in rialzo rispetto alla close del venerdì precedente, e non in ribasso come ci si sarebbe aspettato.
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