Draghi resterà premier almeno fino al 2026: ecco perché

Alessandro Cipolla

28/09/2021

Mario Draghi può restare alla guida del Paese almeno fino al 2026: se Sergio Mattarella dovesse accettare un mandato bis al Colle, grazie a Giancarlo Giorgetti le larghe intese potrebbero continuare.

Draghi resterà premier almeno fino al 2026: ecco perché

Tra le imminenti elezioni amministrative e l’inizio delle grande manovre per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, prevista a fine febbraio, sarà un autunno molto caldo sul fronte politico.

Nel ruolo del classico convitato di pietra c’è sempre lui, Mario Draghi, silenzioso protagonista indiscusso di tutti i calcoli dei vari partiti che sono in attesa di capire se tra qualche mese il banchiere vorrà continuare la sua esperienza a Palazzo Chigi o trasferirsi al Colle.

Dopo la standing ovation chez Confindustria, si sta però rafforzando il cosiddetto “partito di Draghi”, ovvero quel eterogeneo gruppo di politici, industriali e intellettuali, che vorrebbero l’ex numero uno della BCE al suo posto almeno fino al 2026.

Perché proprio fino al 2026? Per i soldi del PNRR ca va sans dire. Il fiume di denaro proveniente da Bruxelles arriverà da qui a cinque anni, e in molti vorrebbero che ad amministrarlo sia sempre Mario Draghi in tutto il quinquennio in questione.

Draghi per sempre

Ci sono due ostacoli, non di poco conto, sulla strada di questo progetto che vedrebbe Mario Draghi nelle vesti di Presidente del Consiglio fino al 2028 o, almeno, fino al 2026 giusto il tempo per gestire in toto il PNRR.

Il primo è rappresentato dalla elezione del Presidente della Repubblica che andrà in scena a fine febbraio. Vista la mancanza di candidati alternativi credibili, specchio del decadimento della nostra attuale classe politica, i nomi più caldi sono sempre gli stessi: Sergio Mattarella e Mario Draghi.

Mattarella da tempo ha fatto intendere di non voler fare come Napolitano, che ha accettato di fare un bis al Quirinale per poi tirarsi indietro dopo due anni dall’inizio del secondo mandato.

I partiti sperano di riuscire a convincerlo, magari prospettando un mandato più breve, fino al 2026 appunto, per poi lasciare spazio a Draghi. Naturalmente sarebbe un ragionamento fuori da ogni cardine Costituzionale, ma in questi anni abbiamo visto di tutto e questa staffetta di certo non scandalizzerebbe più di troppo.

L’alternativa immediata per il Colle è l’elezione di Draghi, che però porterebbe a mo’ di effetto domino a delle elezioni anticipate a meno che, facendo un bel favore ai vari peones che altrimenti non vedrebbero maturare i requisiti per la pensione, l’attuale maggioranza non decida di andare comunque avanti per un altro anno con magari il ministro Daniele Franco promosso a Presidente del Consiglio.

Il ruolo di Giorgetti

Il secondo problema è rappresentato dai sovranisti, ovvero Matteo Salvini e Giorgia Meloni che se si votasse ora potrebbero vincere le elezioni anche da soli, mentre con l’aiuto di Forza Italia la maggioranza sarebbe extra large.

Se Mario Draghi non dovesse salire a febbraio sul treno per il Quirinale, questa legislatura terminerebbe comunque a primavera 2023. Il banchiere non avrebbe alcuna intenzione di candidarsi direttamente come fece Mario Monti nel 2013, con il centrodestra che unito resterebbe sempre il grande favorito.

Ma non solo. Con Fratelli d’Italia probabilmente nelle vesti di primo partito, Giorgia Meloni andrebbe a reclamare per sé il diritto di formare il nuovo Governo. L’unico modo per disinnescare l’avanzata sovranista è, di conseguenza, spaccare il centrodestra.

Silvio Berlusconi una volta appurato con mano che non potrà mai diventare il prossimo Presidente del Consiglio, potrebbe staccarsi dai suoi alleati di sempre e fare fronte comune con il resto dei moderati, leggi Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Ma il vero grimaldello per scardinare i sovranisti potrebbe essere Giancarlo Giorgetti, il potente ministro leghista che negli ultimi tempi non sta lesinando stilettate, anche se per vie traverse, a Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Con il Capitano in difficoltà per il caso-Morisi e in confusione totale sul green pass, una sconfitta di Enrico Michetti alle elezioni a Roma rappresenterebbe un duro colpo invece per la leader di Fratelli d’Italia, primo sponsor del Tribuno.

La Lega appare così un calderone pronto a esplodere, dilaniato dallo scontro interno tra i governisti (Giorgetti, Zaia e Fedriga) e i fedelissimi di Salvini (Durigon, Borghi e tutti i nuovi imbarcati dal Carroccio).

Con un centrodestra più debole e diviso, alle prossime elezioni con questa legge elettorale un nuovo pareggio appare essere inevitabile: a vincere così sarebbe il “partito di Draghi”, con l’attuale Presidente del Consiglio che non avrebbe problemi a trovare i numeri per avere una nuova ampia maggioranza, ovvero quella attuale senza Salvini ma con l’ala governista della Lega, pronta a sostenere un suo secondo Governo che continuerà de facto a gestire i soldi del PNRR fino al 2026, per poi salutarsi e andare ognuno per la propria strada.

Iscriviti a Money.it