Ecco perché il QE della BCE non funziona

Flavia Provenzani

08/12/2015

Ecco perché il quantitative easing (QE) della BCE ha un impatto limitato sull’economia reale dell’Eurozona e come, invece, potrebbe iniziare a funzionare.

Ecco perché il QE della BCE non funziona

Perché il QE della BCE non funziona?
La scorsa settimana, gli investitori si aspettavano che Mario Draghi accontentasse le aspettative del mercato: un aumento considerevole degli euro spesi dalla Banca Centrale Europea nel piano d’acquisto di bond nell’Eurozona, il quantitative easing della BCE nato a marzo 2015. Il presidente Draghi, tuttavia, ha deluso le attese.
Ma anche un’estensione del programma di allentamento quantitativo della BCE potrebbe avere un impatto limitato sull’economia reale dell’Eurozona.

Ecco perché il QE della BCE non funziona e come, invece, potrebbe iniziare a funzionare realmente migliorando le condizioni dell’economia reale.

QE: perché non funziona?

Il cosiddetto bazooka della BCE ha già trovato molti ostacoli lungo la strada. Il primo è un sistema bancario debole, che ha a che fare con circa mille miliardi di prestiti in sofferenza con bilanci tre volte più grandi dell’economia della zona euro. Il secondo problema è la mancanza di investimenti da parte delle imprese, che rimangono ancora insensibili ai tassi di interesse più bassi. Il terzo è un mercato dei capitali poco profondo, un collo di bottiglia troppo stretto per la liquidità della BCE verso le piccole e le medie imprese, responsabili di circa l’80 per cento dei posti di lavoro.

Questo significa che lo stimolo monetario è necessario ma non sufficiente, come ha detto lo stesso Draghi all’inizio di quest’anno.

Gli effetti del QE della BCE

Ad essere onesti, il QE ha avuto un certo successo fino ad oggi. Ha abbassato il valore dell’euro (EUR) sostenendo le esportazioni, sia quelle della Germania sia le attività commerciali degli altri membri dall’Area Euro.
Ma il deprezzamento dell’Euro è temporaneo e rimane suscettibile dalle reazioni di altre banche centrali. Si può vincere una battaglia, ma vincere la guerra delle valute è un’altra cosa.

Se da una parte le esportazioni non sono sufficienti, dall’altra i canali di trasmissione per gli effetti del QE rimangono compromessi. In primo luogo, le banche dell’Eurozona non stanno erogando prestiti. I volumi dei prestiti alle società non finanziarie sono stati piatti nel 2015, dopo un picco durante il primo trimestre del 2015, mentre le banche continuano a detenere mille miliardi (ovvero 1.000.000.000.000 di euro) di sofferenze sui bilanci - il 10 per cento del PIL.

Ristrutturare o vendere questi bad loans è difficile a causa della struttura a gestione dei fallimenti che non funziona, mentre sullo sfondo i progressi per sviluppare delle alternative alle banche - come il piano della Capital Markets Union (CMU) - vanno ancora a rilento.
Infine, a differenza di ciò che ha detto Draghi nella conferenza stampa della scorsa settimana, i tassi di interesse bassi sostengono le banche con un guadagno una tantum sui titoli di Stato e altri titoli in loro possesso, ma erodono anche la redditività e capitale nel tempo, come sottolineato recentemente dalla Banca dei Regolamenti Internazionali.

Anche l’effetto ricchezza è debole: i prezzi più alti degli asset premiano chi gli asset li aveva già e i ricchi tendono a risparmiare una parte maggiore dei propri profitti, riducendo l’impatto del QE sulla domanda. Ma il pezzo mancante del puzzle di cui si avverte di più l’assenza è l’investimento delle imprese, in calo del 20 per cento dall’inizio della crisi.

Perché le imprese non investono?
Perché le decisioni d’investimento non sono basate sui tassi di interesse, come dimostrato dalla ricerca del MIT nonché dai segnali aneddotici. L’Irlanda e la Spagna sono due eccezioni in cui gli investimenti sono tornati grazie agli incentivi e alle riforme.

Quantitative Easing (QE): come farlo funzionare?

Ci sono tre modi per far funzionare il QE. Uno è quello di aumentare lo stimolo monetario con investimenti pubblici. I governi europei hanno messo in campo pochi incentivi fiscali per stimolare uno stimolo su larga scala. Un piano coordinato credibile potrebbe avere l’effetto giusto e rilanciare gli investimenti privati, un effetto che sarebbe poi raddoppiato grazie al QE.

Alcuni paesi, come la Francia e l’Italia, stanno cercando timidamente di realizzare l’intento ma lo sforzo coordinato (e necessario) rimane non pervenuto. Il piano di Juncker per gli investimenti da 315 miliardi di euro non è chiaro: ha una base di capitale minuscola (€ 21 miliardi) e una leva di 15 volte. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno in parte risolto il problema attraverso partnership pubblico-privato, che abbassano l’onere per le finanze pubbliche.

La seconda opzione è quella di allargare il mercato dei capitali così che liquidità della banca centrale possono scorrere fino ad arrivare alle PMI europee. Il piano CMU mira a sviluppare questo tipo di struttura ma la sua attuazione si sta rivelando più complessa del previsto, dati i quadri giuridici e normativi di ogni paese.

La terza soluzione è quella di attrarre investimenti privati grazie ad un effetto combinato di riforme e taglio delle tasse. Questo metodo ha già funzionato in Irlanda e in Spagna. Proprio come gli investimenti pubblici, un piano di successo deve essere chiaro e di lunga durata.

In luoghi in cui gli incentivi all’investimento sono complessi e molto variabili, come in Italia, l’esperimento ha miseramente fallito.

Attraverso lo stimolo monetario, i governi dell’Eurozona hanno un’opportunità unica per rilanciare le loro economie: mai nella storia gli investitori sono stati così desiderosi di trovare rendimento e spostarsi dagli asset sicuri. In assenza di misure aggiuntive, le azioni della BCE potrebbero diventare inefficaci.

«C’è un punto in cui la politica monetaria diventa meno efficace, da sola»

ha detto il vice-presidente della BCE Vitor Constâncio venerdì scorso.

Ancora peggio, il QE non è un pasto gratis. Gli effetti collaterali includono il mantenere in vita delle imprese «zombie» che avrebbero bisogno di una ristrutturazione, la riduzione dei rendimenti per i risparmiatori, l’alimentare potenziali bolle speculative e aumentare la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Uno stimolo all’economia basato solo su QE è quindi insostenibile, e rischia di trasformarsi in una trappola.

La BCE ha aumentato il limite di velocità. Spetta ora ai governi aprire la strada al mercato dei capitali e degli investimenti.

Fonte: ft.com

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