Europee, Bonafè (Pd) rilancia a Money.it gli Stati Uniti d’Europa: «più poteri all’Ue»

Fabio Frabetti

18 Maggio 2019 - 15:44

Dopo cinque anni all’Europarlamento, Simona Bonafè ci riprova, confidando che il Partito Democratico a guida Zingaretti possa essersi rimesso nel binario giusto. Stati Uniti d’Europa, sovranismi, austerità e solidarietà: in questo colloquio con Money.it la capolista del Pd nel Centro Italia ci rivela la sua visione dell’integrazione europea.

Europee, Bonafè (Pd) rilancia a Money.it gli Stati Uniti d’Europa: «più poteri all’Ue»

Dopo cinque anni all’Europarlamento, Simona Bonafè ci riprova, confidando che il Partito Democratico a guida Zingaretti possa essersi rimesso nel binario giusto. Cinque anni fa Renzi ed il Pd fecero il pieno di voti. Sembra passato un secolo con un partito che deve ricostruire soprattutto il legame con i territori fornendo un’immagine convincente di seria alternativa a Lega e Movimento 5 Stelle. Stati Uniti d’Europa, sovranismi, austerità e solidarietà: in questo colloquio con Money.it la capolista del Pd nel Centro Italia ci rivela la sua visione dell’integrazione europea.

La campagna elettorale sta ormai andando verso la sua conclusione. Il vostro messaggio ritiene che sia passato?

Stiamo facendo una bella campagna elettorale per spiegare le ragioni del rimanere in Europa, con la volontà però di modificare alcuni meccanismi, come iniziato a fare in questi cinque anni sui banchi di Bruxelles. In Italia è avvenuto un fenomeno curioso. Abbiamo fatto le elezioni politiche parlando di Europa ed ora nella campagna elettorale proprio per il Parlamento Europeo non se ne parla più. L’unica cosa tirata fuori in questi giorni è lo sforamento del 3% subito minimizzato dal ministro Tria. Noi stiamo provando a mettere in evidenza proprio i temi europei, a spiegare tutti i buoni motivi per rimanere in Europa e quindi cercare di cambiarla.

In questi giorni anche Antonio Maria Rinaldi, l’economista candidato dalla Lega, ci ha detto sostanzialmente la stessa cosa: vogliamo cambiare l’Europa dall’interno. Immagino che ci siano delle profonde differenze su come applicare questo concetto.

La Lega vuole cambiare l’Europa accentuandone il segno nazionalistico, si ritiene debbano essere gli stati ad avere più poteri in sede comunitaria. Noi invece pensiamo proprio l’opposto: c’è già oggi l’Europa degli Stati, il limite dell’Ue è proprio questo, avere dato predominanza dell’intergovernabilità. Lo abbiamo visto proprio su un tema di cui si parla tanto, quello dell’immigrazione: il Parlamento Europeo aveva approvato la riforma del sistema di Dublino che prevedeva il principio di accoglienza del richiedente asilo nel Paese di primo approdo, quello che ha penalizzato in particolare l’Italia. Al Parlamento Europeo è stato modificato prevedendo la ripartizione obbligatoria dei richiedenti asilo. Questa riforma guarda caso è ferma in Consiglio, proprio nell’organo che rappresenta gli stati nazionali dove ci sono i governi amici di Salvini. Il limite attuale dell’Europa è proprio quello di avere ancora poche deleghe rispetto ai problemi che deve affrontare mentre ci dovrebbero essere alcune questioni di esclusiva comunitaria.

Spesso, nel progetto di costruzione comunitaria, sono stati evocati gli Stati Uniti d’Europa. Sarebbe favorevole?

Oggi questi rigurgiti neonazionalisti frenano gli Stati uniti d’Europa, si potrebbe riprendere quel percorso cominciando con le cooperazioni rafforzate o prevedendo un’Europa a più velocità inserendo nuove deleghe come l’immigrazione ed il diritto d’asilo europeo: questo potrebbe essere un tema su cui si dovrebbe trovare una convergenza con gli stati che si trovassero d’accordo su un percorso comune.

Sotto le spinte sovraniste e nazionaliste, ritiene che sia a rischio il concetto stesso di Unione Europea o si tratta solo di propaganda mediatico-elettorale?

Se dovesse prevalere il prima gli italiani non potrebbe valere solo nel nostro Paese. Diventerebbe contemporaneamente valido anche il prima i francesi, i tedeschi, gli ungheresi... Si tratta di un principio che rappresenta la negazione della solidarietà europea, se venisse meno verrebbe meno tutta l’Europa

Tra le critiche che vengono mosse all’Ue c’è quella di essere sostanzialmente focalizzata su contenimento dell’inflazione e stabilità dei prezzi, ignorando quasi totalmente l’aspetto sociale dell’integrazione, come invece era previsto ad esempio dal trattato di Maastricht.

Abbiamo premuto tantissimo affinché non si parlasse solo di Unione economica e monetaria ma che venisse messo al centro anche il pilastro sociale con l’attenzione a chi rimane indietro, alle diseguaglianze sociali. Abbiamo cercato in questi anni di mettere in campo politiche che non guardassero solo alle esigenze di bilancio ed all’austerity ma anche agli investimenti ed alla crescita, ossia a quelle politiche in grado di produrre lavoro. Per esempio quando abbiamo chiesto a Juncker di superare le politiche economiche impostate fin qui, c’è stato il voto contrario dei partiti più conservatori, proprio tra quelle fila dove vorrebbero andare a sedersi Lega e 5 Stelle. La demagogia si scontra con il principio di realtà. Siamo stati noi in questi anni a chiedere all’Europa di uscire dalla gabbia dell’austerity, ottenendo il piano di investimenti di Junker e la comunicazione sulla flessibilità.

Alle precedenti europee il Pd ottenne un bagno di voti, soprattutto grazie all’effetto Renzi, all’apice allora della sua parabola politica. Oggi il partito come sta, riuscirà con la guida Zingaretti a riconquistare i tanti voti smarriti?

Il Pd dopo l’ultimo congresso ha aperto una nuova fase: Zingaretti è segretario da solo un mese e mezzo. Siamo tutti impegnati per rilanciare la proposta del Partito Democratico e portare avanti la nostra idea di Europa. È ancora presto per delineare i risultati della linea del nuovo segretario.

In che modo ritiene Salvini un pericolo, soprattutto ottenesse un altro grande risultato elettorale?

Più che analizzare il potenziale pericolo rappresentato da Salvini mi sento più impegnata a costruire un’alternativa. Il modello culturale di Salvini è rappresentato dalla paura, dall’odio, dalla tensione sociale e dalla guerra tra poveri. Un modello culturale che costruisce muri e che è sempre stato perdente causando guerre e non certo lo sviluppo. Il Pd è l’unica vera alternativa a tutto questo.

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