Il TAR del Lazio ha riammesso - temporaneamente - al lavoro 26 militari delle Forze Armate non vaccinati. Ecco i motivi della sentenza.
Il TAR del Lazio rischia di diventare un “porto sicuro” per tutti i lavoratori no vax ai quali è stato sospeso lo stipendio. Una situazione che fino a pochi giorni fa riguardava solamente gli appartenenti ad alcuni settori lavorativi, quali professionisti sanitari, personale in divisa delle Forze dell’Ordine e personale della scuola, ma che dal 15 febbraio riguarda tutti i lavoratori Over 50.
Già la scorsa settimana vi abbiamo dato notizia di un ricorso presentato da un dipendente pubblico che ha chiesto la restituzione dello stipendio tolto nel periodo in cui è stato sospeso in quanto non vaccinato. Ricorso accolto dal TAR del Lazio, così come fatto in questi giorni per altri 26 provvedimenti.
Provvedimenti che rischiano di far saltare l’intero piano del Governo, il quale sull’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori sembra voler puntare ancora per qualche mese ancora.
Le decisioni del TAR del Lazio, delle quali si saprà di più nelle prossime settimane, infatti, rischiano concretamente di delegittimare l’obbligo del vaccino per alcune categorie di lavoratori, con tanto di restituzione dello stipendio nelle mensilità in cui questo non è stato pagato.
Il TAR del Lazio ha sospeso 26 sospensioni dello stipendio
L’orientamento del TAR del Lazio è ormai chiaro: secondo il tribunale amministrativo, infatti, la sospensione dello stipendio non è lecita neppure nel caso del lavoratore non vaccinato.
Nel dettaglio, questa volta il TAR del Lazio ha preso in esame il ricorso presentato da alcuni appartenenti dalle Forze Armate, per le quali l’obbligo del vaccino per lavorare è stato introdotto dal 15 dicembre scorso, come previsto dall’articolo 2 del decreto legge 172/2021. Per i non vaccinati le sanzioni sono le solite: sospensione dell’attività lavorativa, dello stipendio e di qualsiasi altro emolumento a questo collegato.
Con il decreto monocratico 919/2022, però, il TAR del Lazio ha accolto - temporaneamente - il ricorso presentato da un gruppo di militari, i quali hanno chiesto:
- annullamento di 26 provvedimenti di sospensione dell’attività lavorativa;
- annullamento delle due circolari emanate dal Ministero della Difesa dove vengono indicati gli adempimenti e le indicazioni per i datori di lavoro del Ministero della Difesa per quel che riguarda la verifica del rispetto delle regole relative alla vaccinazione obbligatorio Covid-19;
- annullamento di qualsiasi altro atto collegato alle suddette circolari.
Allo stesso tempo, i militari chiedono anche il risarcimento per il danno ingiusto subito a causa dell’esercizio illegittimo dell’attività amministrativa. Inoltre, più generalmente, questi chiedono che ci sia la disapplicazione di tutto l’articolo 2 del decreto 172/2021, quello appunto che impone l’obbligo vaccinale al personale della Difesa. Il tutto poi dovrebbe essere rimesso alla Corte Costituzionale, la quale dovrebbe valutare la legittimità di una tale disposizione.
Come sottolineato sopra, per il momento non si tratta effettivamente di accoglimento, quanto di una sospensione temporanea per i provvedimenti in oggetto. Questo perché, secondo il TAR del Lazio, la situazione è talmente “grave” da non consentire l’attesa fino alla Camera di Consiglio convocata per il 16 marzo 2022, richiedendo dunque un intervento tempestivo.
Cosa succede adesso?
La decisione del TAR del Lazio ha quindi dei risvolti immediati. Vista la sospensione dei provvedimenti in oggetto, i militari ricorrenti possono riprendere servizio, tornando dunque a percepire uno stipendio, ma solo fino alla data del 16 marzo 2022, quando ne sapremo di più a riguardo.
Solo allora, infatti, sapremo qual è la sentenza definitiva, anche se probabilmente il tutto verrà rimesso all’opinione della Corte Costituzionale. Una cosa è certa: per il momento i ricorrenti, anche se non vaccinati, possono tornare a prestare regolarmente servizio, in barba a quanto stabilito dalla normativa vigente.
Ricordiamo comunque che la possibilità di lavorare vale solamente per i ricorrenti: vedremo, in base a quella che sarà la sentenza definitiva, se tale decisione si estenderà a tutto il personale, con ripercussioni sull’intera normativa su green pass e obbligo vaccinale.
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