La Germania osservata speciale: in attesa delle elezioni che daranno il via all’era del dopo Merkel, come si presenta la potenza europea? Cosa c’è da sapere sull’economia della nazione guida dell’UE.
Germania in attesa di sapere chi sarà il nuovo cancelliere: l’era del dopo Merkel sta per iniziare con le elezioni del 26 settembre.
In 16 anni come si è trasformata la nazione considerata il motore dell’Unione Europea? L’economia tedesca si presenta ancora come il perno del continente, tra luci e ombre.
Da dove riparte la Germania dopo le elezioni del 26 settembre? Il focus è su alcuni significativi traguardi e altrettanti rilevanti sfide sul piano dell’economia.
Stabilità, freno al debito e corsa dell’export nella Germania della Merkel
Nel prendere in esame gli aspetti salienti e più positivi dell’economia tedesca targata Merkel non c’è dubbio che il rigore e la stabilità rientrano ai primi posti.
Basta considerare che nei 16 anni del Governo della cancelliera la nazione si è saldamente affermata come la locomotiva d’Europa.
La variazione del PIL reale pro capite in Germania, considerando l’anno 2005 come base a 100, si attesta a 118 nel 2021, in costante crescita (tranne la parentesi 2020), secondo i dati IMF.
Il valore, per esempio, è più alto di Italia e Francia e della stessa UE a 27.
E poi c’è la questione debito. Nonostante le difficoltà della pandemia che hanno costretto anche la Merkel a congelare i limiti di spesa stabiliti dalla costituzione, il debito pubblico tedesco resta tra i più bassi rispetto al PIL. Nel 2021 risulta al 70% del Prodotto Interno Lordo, a fronte del 157% in Italia, 115% in Francia, 133% negli USA e addirittura 235% in Giappone.
Da sottolineare che con a capo la Merkel, lo Stato tedesco ha incentivato l’export, affermandosi come il terzo esportatore al mondo. Le esportazioni di beni e servizi rappresentavano oltre 40% di PIL nel 2019. A confronto, in Italia e negli USA poco più del 30% e in Francia di poco sopra il 10%.
Con un particolare importante: in Germania la quota di esportazioni verso la Cina è aumentata in modo netto negli anni, raggiungendo l’8% del totale dell’export nel 2020. Gli USa rappresentano l’8,6% e questo spiega perché la Merkel ha tanto lavorato per continuare i colloqui tra Pechino e Bruxelles per accordi commerciali.
Le ombre dell’economia tedesca
Non solo luci e crescita, però, nella Germania plasmata dalla Merkel.
La nazione si presenta alle elezioni con una spesa pubblica per investimenti troppo frenata, tanto che il Paese è considerato tra i meno digitalizzati d’Europa.
La stessa industria, cuore pulsante dell’economia, sta trovando serie difficoltà nel suo comparto cruciale, l’automotive. La quota tedesca quinquennale media della produzione mondiale di veicoli si è assottigliata sempre di più dal 2006 al 2020, a tutto vantaggio di USA, Cina, Giappone.
Un’ombra non da sottovalutare se si considera l’attuale crisi del settore per la carenza di chip e i nodi della transizione energetica.
Infine, uno sguardo sull’occupazione. Con la liberalizzazione del mercato del lavoro avviata da Schroder, la Germania ha vissuto un vero e proprio boom. Tuttavia, il piano Hartz ha di fatto incentivato i cosiddetti mini-job, lavori part-time da circa 450 euro al mese, esplosi nell’era Merkel.
La Germania riparte da qui: riuscirà a rimanere il motore economico dell’Europa?