L’apertura di Salvini al Governo Draghi mette in crisi il Partito Democratico. Cosa c’è dietro la svolta europeista della Lega e qual è la nuova strategia di Zingaretti.
L’apertura della Lega nei confronti del Governo Draghi ha sorpreso la maggior parte degli osservatori e dei politici italiani, convinti che Salvini non avrebbe appoggiato il presidente incaricato da Mattarella dopo il fallimento del tentativo di dare vita a un Conte-ter.
Infatti, immediatamente dopo la convocazione al Quirinale dell’ex presidente della BCE, Salvini aveva dichiarato di essere pronto a sostenere solo un progetto in grado di portare a elezioni anticipate il Paese in tempi brevissimi, occupando i tre mesi che ci sarebbero voluti da qui alle urne con alcune riforme necessarie per i cittadini.
Invece, già prima del colloquio faccia a faccia dello scorso sabato con l’economista romano, il leader del Carroccio aveva modificato la sua posizione, manifestando la voglia di partecipare direttamente alla formazione del nuovo Governo.
In questo nuovo sorprendente scenario, in cui in molti si chiedono cos’ha fatto cambiare idea a Salvini sull’appoggio al Governo Draghi e a cosa sia legata la svolta europeista della Lega, chi rischia di entrare in crisi è il Partito Democratico, che puntava sulla nascita della coalizione Ursula.
Governo Draghi: cosa c’è dietro la svolta di Salvini
A giocare un ruolo fondamentale nella conversione di Matteo Salvini è stato sicuramente Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini di maggior peso all’interno del partito.
È infatti nota la stima di Giorgetti manifestata in più di un’occasione nei confronti di Draghi, con il quale ha sempre mantenuto un filo diretto e un ottimo rapporto personale.
Già a dicembre l’ex sottosegretario di Giuseppe Conte nell’esperienza gialloverde aveva affermato come il centrodestra non fosse ancora pronto a governare l’Italia, sostenendo la necessità di passare per un Governo di unità nazionale “guidato dai migliori”.
Una tappa fondamentale nel garantire alla prima forza del panorama politico italiano un riconoscimento internazionale fin qui mai ottenuto, sganciandosi dalle posizioni più estremiste di alleati europei come Marine Le Pen.
Ora la Lega vuole gestire i 209 miliardi del Recovery Fund
Non solo. Salvini sembra essersi convinto che la sua strategia di opposizione a tutti i costi stava portando giù il consenso della Lega, come registrato dagli ultimi sondaggi.
Per risollevare le percentuali di consenso, quindi, la possibilità di giocare un ruolo attivo nella gestione dei 209 miliardi previsti dal Recovery Fund sarebbe fondamentale.
L’elettorato storico della Lega, costituito dal tessuto produttivo delle regioni del Nord, non vedrebbe certamente di buon occhio la decisione di sfilarsi completamente dal più grande piano di investimenti nella storia della Repubblica.
PD in crisi con la Lega in maggioranza
In una posizione opposta si trova adesso Nicola Zingaretti. Il segretario del PD aveva da subito espresso il pieno appoggio a Mario Draghi, ma per alcuni esponenti dem un’alleanza con i nemici storici leghisti potrebbe essere indigeribile.
Il governatore del Lazio sta quindi adottando una strategia comunicativa concentrata sulle contraddizioni del principale avversario politico, affermando nelle recenti interviste come sia Salvini ad “aver dato ragione a noi” e non il contrario.
Una posizione che al momento sembra tenere unite le varie correnti del Partito Democratico ma che sarebbe pronta a deflagrare nei prossimi mesi, in caso di possibili scontri tra i due principali partiti italiani.
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