Anche la Galizia dice no al Green pass. Approfondiamo cosa ha spinto la Spagna a compiere questo passo e perché in Italia la situazione è così diversa.
Anche l’ultima regione spagnola dice no al green pass.
Dopo l’episodio andaluso e quello cantabrico, la Galizia ha dichiarato non valido il requisito del certificato verde per regolamentare gli accessi alle attività commerciali del territorio.
È il tribunale della Galizia a bocciare questa misura e la motivazione risiede in un vizio di forma.
La vicenda però, essendo la Spagna parte dell’UE, viene ripresa anche in Italia riaccendendo le polemiche, mai del tutto sopite, attorno all’obbligo di esibire il pass al ristorante e al bar.
La presa di posizione spagnola richiama infatti l’attenzione dei manifestanti di tutto il paese sulla tanto discussa costituzionalità del provvedimento adottato dal governo italiano. Spieghiamo quindi nel dettaglio cosa differenzia il caso nostrano da quello iberico.
Le motivazioni dei giudici spagnoli
L’abolizione della norma sul green pass in Spagna ha dei precedenti. A essersi espressi sul tema con esito negativo erano già stati i tribunali dell’Andalusia e del Cantabrico a seguito di contenziosi amministrativi.
I processi, svoltisi entrambi il 6 agosto, avevano accolto il ricorso degli esercenti dei locali dichiarando “non idonea” la norma in riferimento alla situazione sanitaria nazionale e ai diritti fondamentali.
Dopo questi avvenimenti, la Galizia ha proseguito lungo il solco tracciato discostandosi però dalle motivazioni addotte dalle due regioni che si erano mosse qualche giorno prima.
A renderlo noto è stato lo stesso organo giudiziario proposto alla valutazione. Il tribunale regionale dichiara che a essere attenzionato sarebbe stato un vizio di forma, ovvero la mancanza di un requisito formale essenziale alla validità dell’atto giuridico in questione. Lo stesso era stato emanato del governo regionale con un ordinanza risalente al 22 luglio. I termini in cui quest’obbligo sarebbe stato delineato però avrebbero resto il requisito del green pass «privo di vigenza».
Perché se ne parla in Italia
Il forte sentimento di avversione al green pass da parte di alcune categorie specifiche della popolazione italiana è ormai ampiamente noto. Abbondano le proteste di chi denuncia una presunta dittatura sanitaria in favore della libertà vaccinale.
Questo clima di opposizione popolare, non totale ma sostanziosa, non si è mai definitivamente spento e risale ai tempi degli ultimi lockdown e dei primi vaccini.
Il modello spagnolo viene quindi inquadrato in un’ottica positiva da questa fazione che fa però ricorso a paragoni poco corretti dal punto di vista legislativo. Il motivo per cui la norma non è passata in Spagna, ma è invece pienamente legale e costituzionale in Italia, è infatti meritevole di analisi.
Cosa differenzia la Spagna dall’Italia
Le vicende della Galizia, più di quelle delle altre due sentenze, certificano la modalità con la quale la Spagna intera ha deciso di procedere per applicare questa eventuale limitazione del green pass.
Se infatti in Spagna a varare le misure per l’obbligo di green pass sono state le singole regioni (tornando anche i loro passi come abbiamo appena visto), nel Bel Paese la legge è stata varata dal governo centrale.
Nel caso in cui anche in Spagna la mossa fosse stata azzardata dall’esecutivo forse la situazione avrebbe preso una piega diversa. Più discrezionalità viene data alle singole aree e ai testi delle commissioni locali, meno forza di legge rivestirà un determinato provvedimento.
Nel caso italiano non sono stati i singoli direttivi regionali a legiferare in materia poiché gli organi nazionali si sono espressi congiuntamente con un occhio di riguardo verso la Costituzione.
La posizione di Cathy La Torre
Cathy La Torre, una nota avvocatessa, attivista e divulgatrice italiana, ha ripreso tale questione proprio in seguito alle continue polemiche nate attorno alla costituzionalità del provvedimento che contempla l’uso del green pass.
Le parole dell’avvocatessa sono riportate sul suo profilo e attingono informazioni proprio dalle fonti chiamate in causa. Nell’ultimo post di La Torre l’articolo 16 viene ripreso integralmente:
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
A seguito di questa pubblicazione La Torre tuttavia si è trovata a dover smontare l’accusa più comune che i detrattori hanno mosso nei suoi confronti. C’è chi infatti pretende di rileggere l’articolo da lei indicato dicendo che non si può limitare la libertà per motivi politici.
A riguardo l’avvocatessa è stata molto chiara:
“La Costituzione non è una coperta che possiamo tirare come ci pare. La sua interpretazione viene data dalla Corte Costituzionale. Quel comma si riferisce al divieto di limitare la libertà di qualcuno mandandolo in carcere o al confine per le sue idee politiche; cosa che avveniva durante il fascismo”.
Niente a che vedere insomma con la necessità di esibire un QR code per consumare un pasto al ristorante.
© RIPRODUZIONE RISERVATA