Il decreto del 16 settembre potrebbe non essere la soluzione al problema e il motivo è da ricercarsi nella natura stessa dell’estensione obbligo del green pass.
Il 15 ottobre 2021 entrerà in vigore un decreto tanto discusso quanto inefficace - per il momento - sotto alcuni punti di vista.
Imporre il green pass sul posto di lavoro non sembra essere la mossa migliore se si vuole davvero arginare il contagio e mettere in sicurezza la tenuta del sistema sanitario nazionale.
L’obbligo della certificazione verde per i lavoratori, infatti, potrebbe non essere la soluzione al vero problema dell’Italia in vista dell’inverno e il motivo di questa perplessità è da ricercarsi nella natura della normativa in questione. La stessa, di fatto, disciplina soltanto la percentuale più ingente di cittadini e non si rivolge ai soggetti più vulnerabili che avrebbero maggiore necessità di essere indotti a vaccinarsi.
C’è insomma una discrepanza tra i risultati attesi e il quadro reale della situazione, ecco perché.
La falla nel sistema del green pass sul lavoro
I conti non tornano e la motivazione è piuttosto semplice.
L’obbligatorietà della certificazione verde spinge i non vaccinati in età da lavoro verso la prima dose, rendendo più sicuri i luoghi di lavoro, ovvero zone ad alto rischio di contagio. Altrettanto però non succede con chi subirebbe le conseguenze peggiori in caso d’infezione: gli over 50.
Immunizzando quella fetta di popolazione in età da lavoro si rischia comunque di non sventare il problema principale sul fronte sanitario: un eventuale sovraffollamento degli ospedali.
Il decreto in questione salvaguarda indirettamente la salute di giovani e adulti ma non intacca minimamente i no vax in pensione e gli assenteisti ultra cinquantenni. Sono loro infatti i soggetti che, per costituzione, potrebbero davvero saturare il sistema assistenziale.
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I numeri a confronto
A certificare questa minaccia sono i numeri poco incoraggianti delle vaccinazioni Over 50, sprovvisti a oggi di alcuna forma d’incentivo alla somministrazione almeno della prima dose.
Oltre 3 milioni di persone sono ancora senza alcuna copertura vaccinale e non rientrano nella cerchia di chi sarà presto monitorato dalle restrizioni vigenti nell’ambito professionale. Un rischio potenziale non indifferente.
Il gruppo Over 50 è infatti composto per la maggior parte da cittadini non in età da lavoro e nessun nuovo obbligo sarà imposto loro con questa manovra del governo.
Se confrontassimo poi i dati dei due gruppi, lavoratori e non lavoratori, scopriremmo anche che nella prima fascia della popolazione (che però è anche quella che solitamente risponde meglio al contagio) le somministrazioni sono cresciute del 18% mentre, tra gli ultra 50enni, il ritmo delle inoculazione resta insoddisfacente: solo 13mila dosi al giorno nella settimana dal 10 al 17 settembre. Per il momento, dunque, l’effetto decreto su questa fascia di popolazione non si vede.
Le conseguenze del caso degli ultra 50enni
L’attenzione resta quindi concentrata sugli ultra 50enni che, come ben evidenzia il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, “rischiano di rappresentare il tallone d’Achille nella stagione autunnale-invernale”.
Come mai allora la proposta, ormai decreto, d’introdurre l’obbligo della certificazione verde sul lavoro è un tema così sentito se non è quella la soluzione alla più grande delle incognite del paese?
La risposta è presto detta: il governo Draghi sta semplicemente cercando un modo per allontanare la prospettiva di un obbligo vaccinale.
Per porre rimedio al rischio degli Over 50 senza rendere i vaccini anti-Covid obbligatori, però, servirebbero delle misure mirate verso questa fascia e all’orizzonte non sembra esserci nulla di nuovo in tal senso.
Al momento perciò è più plausibile parlare di un futuro ricorso all’imposizione vaccinale. Se per tutti o solo per questa fetta della popolazione al momento non ci è dato saperlo.
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