Che conseguenze può avere sui listini azionari americani la battaglia a colpi di dazi che sta coinvolgendo le principali economie mondiali? L’analisi di M&G
Le ultime news sul fronte guerra commerciale parlano di un imminente colloquio tra Cina e Stati Uniti entro la fine di agosto, con l’obiettivo di trovare accordi in grado di ridimensionare le tensioni attuali.
Ma si tratta solo di un piccolo spiraglio, sovrastato al momento da un vortice di tensioni e minacce.
Il 23 agosto gli USA hanno imposto nuove tariffe contro la Cina. La lista, già precedentemente ufficializzata, elenca 279 prodotti, per un valore complessivo che si aggira sui 16 miliardi di dollari.
La pronta replica di Pechino ha solo confermato un ambiente particolarmente agitato e un filo comunicativo che sembra molto difficile da ritrovare nel breve termine, con l’amministrazione Trump che, solo a luglio, si era persino detta pronta a tassare tutti i beni cinesi che è possibile sottoporre a dazi, per una cifra complessiva che toccherebbe quota 505 miliardi di dollari.
È, questa, una battaglia che non coinvolge solo le due maggiori economie del mondo secondo John Weavers, di M&G Investments, convinto che la situazione potrebbe rapidamente allargarsi, malgrado la tregua firmata con l’Europa.
Una prospettiva che aprirebbe così la strada a un conflitto sui mercati di tutto il mondo; circostanza che - precisa Weavers - rappresenta la minaccia maggiore che incombe sul trend rialzista del mercato azionario USA, visto che “un battibecco di piccola scala” potrebbe potenzialmente trasformarsi in “una vera guerra commerciale globale”.
Guerra dei dazi: come può cambiare lo scenario economico
John Weavers, gestore del fondo M&G North American Dividend Fund, crede che i dazi siano in grado di cambiare materialmente il costo di fare impresa per le società americane.
Per spiegare la circostanza, fa luce sullo scenario disegnato dalle prime tariffe su acciaio e alluminio, annunciate a marzo in un’escalation di tensione andata avanti fino a inizio giugno, in occasione dell’entrata in vigore. Al momento il prezzo di acciaio e alluminio è salito in maniera significativa, con i contratti future sull’alluminio che segnano un +30% da inizio anno e si attestano sui massimi decennali.
Il meccanismo innescato da simili elementi - nota l’esperto - è molto semplice da riportare: prezzi più elevati vogliono dire costi maggiori per le aziende in sede di fabbricazione, e quindi costi maggiori per il consumatore:
“Lo abbiamo visto spesso durante la stagione delle trimestrali, con società come Coca Cola e Caterpillar che hanno annunciato aumenti dei prezzi al di fuori del consueto ciclo. E gli effetti dei prezzi più elevati si riflettono anche sui dati economici, con i prezzi core alla produzione negli Stati Uniti saliti dello 0,3% a luglio, portando l’aumento generale annuale al +2,8%”.
Anche se al momento l’economia sembra abbastanza solida da assorbire gli aumenti di prezzo, per Weavers l’attuale scenario potrebbe alterarsi presto in caso di una ulteriore escalation dei conflitti. Risulta per questo decisiva la linea che prenderà Washington, che potrebbe imporre altri 200 miliardi di dollari di dazi contro la Cina a breve:
“Se dovessimo raggiungere il punto in cui gli aumenti dei prezzi non potranno più essere controbilanciati, saranno i margini ad essere impattati”.
Lo scenario attuale: le sofferenze di Ford, Tyson Food e altri
Un focus attento sullo scenario attuale può già ora restituire tutto il peso che grava sui listini americani, minacciandoli. I beni maggiormente esportati dagli USA alla Cina - nota Weavers - sono prodotti agricoli, componenti per velivoli e automobili.
Si tratta di un settore che non ha mancato di mostrare la sua sofferenza nella stagione delle trimestrali, con Ford che ha abbassato le attese sugli utili e, nel motivare la mossa, ha citanto proprio “le sfide nel mercato cinese”.
In più, i dazi su carne suina e pollame hanno fatto sì che grosse quantità di beni simili restassero negli USA, elemento che ha inevitabilmente fatto scivolare in basso i prezzi e favorito i consumatori, ma che ha significato un vero e proprio colpo da ko per realtà come Tyson Food, che realizza il 90% dei propri profitti sul mercato interno e che è stata costretta a rivedere al ribasso del 10% gli utili attesi.
A fare da contraltare alle cattive notizie c’è poi anche uno scenario costituito da titoli che possono trarre beneficio dalla circostanza; un esempio è Yum China - società che possiede i brand KFC e Pizza Hut per il mercato cinese - che non è minimamente esposta alla Cina in termini di importazioni o esportazioni.
La linea di fondo, secondo l’esperto, è che i dazi possono pesare eccome sui listini americani:
“Tuttavia, mantenere un approccio focalizzato sui fondamentali di lungo termine aiuterà a navigare in acque agitate e, potenzialmente, a trasformare le minacce in opportunità”.
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