Duro colpo per l’economia italiana. Il Paese è il primo produttore europeo davanti a Spagna e Portogallo e il secondo nel mondo dopo la California.
Il 20% dei pomodori al Sud Italia è andato perso. Bruciato. O marcito a causa della difficoltà nei trasporti.
Un duro colpo all’economia italiana dal momento che il Paese è il primo produttore europeo di pomodoro davanti a Spagna e Portogallo e il secondo a livello mondiale subito dopo la California, con una filiera che coinvolge circa 7.000 imprese agricole, oltre 90 imprese di trasformazione e 10.000 addetti.
Pomodori: filiera del Made in Italy a rischio
L’allarme arriva da Coldiretti. Le temperature dei giorni scorsi nel Sud dell’Italia hanno bruciato il 20% della produzione estiva di pomodori, con l’aggravio della paralisi dei trasporti che sta mettendo a rischio una filiera di eccellenza del Made in Italy la quale esporta poco meno di 2 miliardi di euro di “pummarola”, passata e sughi in tutto il mondo.
Proprio l’assenza di camion disponibili per trasportare miliardi di chili di pomodoro mentre l’afa assedia la penisola con temperature che sfiorano i 50 gradi è stata il colpo di grazia per i coltivatori. Rispetto all’anno scorso, sono mancati in termini icastici autisti e tir per portare il prodotto negli stabilimenti di Campania e Puglia, con risultati immaginabili.
I rischi occulti dietro la crisi
Dietro al rischio evidente, anzi al danno evidente, causato dalla congrua parte della produzione (preziosa) andata perduta, ve ne sono altri meno appariscenti e tuttavia concreti. Il primo: c’è il pericolo di aprire la strada all’arrivo di prodotto dall’estero con le importazioni di derivati del pomodoro che sono più che raddoppiate (+103%) nei primi quattro mesi del 2021, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat.
Con la vita delle imprese agricole costellata da difficoltà c’è anche la possibilità della perdita del primato dell’Italia, motivo d’orgoglio ma soprattutto «business».
Il timore dell’associazione di categoria è che dietro le difficoltà si possano anche nascondere manovre speculative per abbassare i prezzi pagati agli agricoltori, che rischiano di finire sotto i costi di produzione. Non a caso alcune industrie di trasformazione hanno già comunicato l’intenzione di abbassare le quotazioni rispetto a quanto pattuito. Ecco perché c’è chi sta cercando di salvare il salvabile organizzandosi per riuscire in qualche modo a consegnare i pomodori alle aziende che li hanno ordinati.
2020, un anno d’oro per i pomodori
Le circostanze legate alle alte temperature e alle difficoltà dei trasporti di questa estate 2021 intristiscono soprattutto perché fanno seguito a notizie confortanti apparse sui giornali italiani solo alcuni mesi fa.
Nel 2020 erano infatti tornate a crescere le vendite di passate, sughi e polpe. L’Italia si confermava terzo produttore mondiale con un fatturato di 3,5 miliardi (1,8 dall’export). L’industria conserviera, solo un anno fa, raggiungeva un incremento delle vendite nella distribuzione organizzata del 9,8% rispetto a dicembre 2019, (corrispondente a un +16,4% in valore). Una crescita che si era rivelata salvifica se confrontata con il calo della domanda nel canale horeca (bar e ristoranti) dovuto alle chiusure.
I derivati del pomodoro, va ricordato, sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria. A essere preferiti, sono stati nell’ordine le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.
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